Il Blog di JK

Dont' cry for me....


Ricordo che era ormai buio quando eravamo arrivati al terminal degli autobus. Non avevo chiuso occhio tutta la notte e, quel che era peggio, non avevo fatto dormire gran che la povera Layca, la bastardina bianca con una macchia nera sul muso che mia madre aveva trovato un giorno di temporale per caso nei dintorni della scuola, vicino a casa. La tenevo stretta, come per afferrarmi a un passato che stavo per lasciare, in bilico tra un presente fatto di attesa ed un futuro incerto, ma che allora credevo sarebbe stato promettente. Il viaggio era lungo ed io non vedevo l’ora di salire sull’aereo per varcare definitivamente l’oceano.Per quanto giovane, ero consapevole che quel giorno, o meglio la sensazione di quell’ultima notte nel mio paese, l’avrei portata sempre dentro di me. Non la vivevo come una perdita, come un distacco da un ambiente che mi vide nascere, ma come una liberazione da una condizione di vita che mi opprimeva, l’affrancarsi da un mondo che da molto tempo non mi apparteneva più. La pioggia batteva contro i vetri appannati dell’autobus mentre io guardavo fuori dal finestrino, senza salutare…