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Storia del conflitto Israelo-Palestinese - E' guerra! (terza parte)


 
 Nel 1939 gli inglesi si ritrovarono perciò impegnati su due fronti: da un lato la situazione palestinese, sempre più intricata, dall'altra invischiati nel difendere il proprio territorio in Europa, dove infatti scoppiava la Seconda Guerra Mondiale. Decisero perciò di rinunciare alla gestione del territorio in Medio Oriente, che lasciarono definitivamente nel 1947.Già 250 mila palestinesi erano stati cacciati dalle terre che avevano posseduto o anche solo lavorato per decenni e la maggior parte dei villaggi palestinesi erano stati rasi al suolo, per essere poi ricostruiti come cittadine ebraiche.                                                  Cominciò a delinearsi anche lo scheletro dell'esercito israeliano, combinato nelle truppe ordinarie, note come Haganah, e in gruppi para-militari come Irgun e Lehi, già conosciuti e condannati dai britannici in quanto colpevoli di veri e propri atti di microterrorismo contro gli arabi. La situazione al termine del 1947 era ben nota in tutta Europa, tant'è che sia Albert Einstein sia Hannah Arendt si espressero sul tema con un articolo sul New York Times del 1948, definendo il neonato "Partito della libertà", guidato dall'estremista Menachem Begin (già capo della milizia dell'Irgun e in seguito Primo Ministro dello Stato di Israele), come "un'organizzazione nei metodi e nella filosofia politica e nell'azione sociale con comportamenti simili ai partiti nazista e fascista". 
 Il ministro dell'agricoltura del futuro Stato di Israele dirà "anche gli ebrei si sono comportati come i nazisti e la mia anima ne è scossa". Fu un fatto scioccante che pochi anni dopo la fine dell'Olocausto gli ebrei venissero paragonati ai nazisti!                  Come si era raggiunta quella situazione di tensione?                  Già intorno al 1920, David Ben Gurion (fondatore dello Stato di Israele nel 1948) aveva formato una cupola di persone intorno a sé, gruppo che si riuniva nella cosiddetta "Casa Rossa", a Tel Aviv, con le quali aveva studiato nei minimi dettagli la pulizia etnica della Palestina.Lo spirito che animava gli israeliani all'epoca è ben riassunto in uno scritto di Ben Gurion, in cui si legge: "C'è bisogno di una reazione brutale e forte. Dobbiamo essere accurati sui tempi, sui posti e su coloro che dobbiamo colpire. Se accusiamo una famiglia, dobbiamo farle del male, senza pietà, donne e bambini inclusi, altrimenti, non è una reazione effettiva. Durante le operazioni non c'è bisogno di distinguere fra innocenti e colpevoli".Alcuni fanatici addirittura si adoperarono per trovare un veleno che potesse accecare i palestinesi!Si susseguì un tesissimo periodo di stragi, omicidi, allontanamenti forzati. In un villaggio palestinese un capo arabo si oppose all'esercito israeliano per il trattamento disumano riservato al suo popolo: fu schiaffeggiato ed umiliato e come punizione per l'affronto subito vennero uccisi circa 30 ragazzini. O ancora interi villaggi ingannati con la promessa che se si fossero arresi non sarebbe stato fatto loro alcun male, ma, dal momento che l'esercito ordinario non volle entrare a compiere la strage, fu l'Irgun di Begin a preoccuparsi di sterminarne gli abitanti, rinchiudendoli nelle loro case e bruciandole fino alle fondamenta.I palestinesi allontanati dalle proprie case passeranno da 250 mila a circa 750 mila.L'allora console del governo britannico in Palestina Lord Alan Cunningham scrisse, rivolto a Ben Gurion: "Penso che i palestinesi stiano facendo di tutto per mantenere la situazione pacifica, mentre l'esercito ebraico sta facendo di tutto per far precipitare la situazione".