Post n°19 pubblicato il 28 Novembre 2010 da ginevraivo
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Post n°18 pubblicato il 18 Settembre 2010 da ginevraivo
GIANFRANCO MANFREDI FELTRINELLI
Recensione di Ivo Ginevra
Chiedo subito scusa a Gianfranco Manfredi se non lo conoscevo come scrittore, ma la dritta me l’ha data Serge Quadruppani nell’introduzione al racconto “La matematica non è un’opinione” inserito nella raccolta AA VV edita Mondadori con il titolo “14 Colpi al cuore”. Quadruppani, e non è certo l’ultimo arrivato, scrive di Manfredi: ”….passando per il giallo ….considero Trainspotters un lavoro esemplare per rigore d’intreccio e forza dei suoi personaggi”. Ovviamente con una presentazione di questo tipo non potevo fare a meno di leggere Trainspotter, ma trovarlo non è stato facile perché il libro edito dalla Feltrinelli non è più in catalogo. Comunque, con un po’ di fatica e grazie alla famiglia di Internet l’ho trovato e posso tediarvi con una mia recensione. Dico subito che n’è valsa la pena perché il romanzo è davvero bello ed anche se pubblicato nel 1989 resta spaventosamente attuale. La storia cattura subito e focalizza in modo eccellente la figura del protagonista, già da quando era bambino e viveva “…in quel piccolo asfittico buco di provincia”, infatti, allo zio che se lo portava via in macchina “decantando le meraviglie della città con le opportunità che avrebbe trovato”, alla domanda “Ti sei mai chiesto cosa vuoi fare da grande?” Sacha rispondeva semplicemente: “Voglio guardare i treni”. E Sacha da semplice appassionato di treni diventa un Trainspotter. Uno di quelli, convinti, ossessivi. Uno di quelli che trascorre ogni momento libero della sua vita a studiare locomotive, linee ferroviarie, orari, treni. Uno che vive fino in fondo l’aria che si respira nelle stazioni, fra i binari ed i risucchi rapidi del vento smosso dai vagoni. Sacha è uno che erra sulle traversine fotografando, catalogando. Studiando. E proprio in uno di questi vagabondaggi inizia il suo ineluttabile destino mirabilmente narrato da Gianfranco Manfredi. ……”La processione dei vagoni sembrava interminabile. Sacha avrebbe quasi potuto toccarli. Faticava a tenersi dritto eppure non faceva nulla per scostarsi, come perso in una fantasticheria. Ebbe la sensazione di un rallentamento infinito mentre il vagone numero 6 gli scivolava davanti…. Una ragazza dai capelli azzurri… tutto era azzurro…un braccio scuro levato, un martello calato con forza… uno schizzo nerastro sul finestrino. La fuga dei vagoni si perdette stridendo, risucchiata da una galleria”. Mai ho letto nella mia vita una descrizione d’omicidio più bella di questa. C’è tutto. Sorpresa, originalità, suspence, introspezione e soprattutto interrogativi. Molti. Per non togliere al lettore il piacere di leggere Trainspotter smetterò di raccontare l’allucinate intreccio della storia, ma non posso tacere sulla magistrale descrizione psicologica dei personaggi co-protagonisti, e lo farò riportando le parole dello scrittore a proposito di Stepanie e Alex, per farvi capire quanto magistrale è stato il tocco di Manfredi… “Ma Stephanie era un'altra cosa. Non mancava di stupirlo la sua arrendevolezza, quell’incredibile dote di obbedirgli in tutto con l’aria di farsi i fatti propri. Alex si sentiva sempre in debito con lei e reagiva insultandola, picchiandola, ma Stephanie era un muro di gomma, più dipendeva da lui e più lo faceva sentire dipendente. Perché non si accorgeva di avere delle tette da gran premio, un culo da favola, una pelle profumata, morbida, da gran puttana? perchè non forzava mai un gesto, uno sguardo, perché non sfruttava tutta la carica sessuale che si ritrovava?” Il bello di questo romanzo è che solo dopo poche pagine hai in tasca oltre al protagonista anche tutti i personaggi della storia, nonché i luoghi e contorni dell’azione straordinariamente descritti: “Alle prime luci dell’alba, lo scalo di Lenz era abitato da poche persone silenziose, creature intermedie tra la notte e il giorno, isolati passeggeri in attesa di un locale, con la faccia del primo caffè. Nessuno badava a nessuno”. Trainspotter è un romanzo strano, ben congegnato. Sembra statico, eppure si muove. È una continua metamorfosi psichica col suo inevitabile divenire freddo e spietato, dove tutti i termini usabili come ossessivo, folle, morboso convergono nel binario di Sacha e sfrecciano sulle rotaie fino a travolgere, eventi, vite, in “uno schizzo nerastro” di devastante ossessività generale, dove vittime e carnefici sono ingoiati dal nero tunnel di una galleria. Tutto lo svolgimento del romanzo è imprevedibile, incalzante e strano. Il finale assolutamente piacevole e geniale, dove la sudditanza psicologica lascia il passo alla folle logica efferata del delitto. Trainspotter è davvero un bel romanzo e sarebbe più che giusto, dovuto, che la Feltrinelli ripubblicasse questo mirabile esempio di scrittura noir. “ Il 321 ha già dodici minuti di ritardo” “ E’ importante?” Sacha non rispose. Guardava la massicciata. Erano seduti in macchina ad una decina di metri dai binari, su un prato bruciacchiato, senza luna e senza luce, solo le luminescenze verdastre del quadro dei comandi e la sigaretta accesa di Rita. Leggetelo.
Ivo Ginevra |
Post n°17 pubblicato il 15 Settembre 2010 da ginevraivo
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Post n°14 pubblicato il 15 Settembre 2010 da ginevraivo
Ferdinand Von Schirach Edizioni Longanesi
Recensione di Ivo Ginevra
La frase : La posizione del giudice per le indagini preliminari è forse la più interessante della giustizia penale. Ha una breve panoramica su ogni cosa, non deve sopportare lunghi dibattimenti e non deve ascoltare nessuno. Ma questa è solo una faccia della medaglia. L’altra è la solitudine. Il giudice per le indagini preliminari decide da solo. Tutto dipende da lui, chiude le persone in prigione, o le lascia libere. Esistono mestieri più semplici (pag. 154).
Il libro è composto da 11 racconti, tratti dalla diretta esperienza che l’autore, avvocato penalista tedesco, ha raccolto durante la sua carriera.
Quello che colpisce il lettore in questo romanzo è l’incedere lento, disilluso e assolutamente senza emozioni del narratore, che tratta tutti i casi giudiziari dei racconti, con il distacco professionale dell’avvocato penalista, al quale non interessa se il suo cliente è colpevole o innocente, perché il suo compito è solo difenderlo.
Il fascino del libro sta tutto qua, proprio nel tono distaccato di questa narrazione che in maniera del tutto asettica entra nella psiche del delinquente difeso anche con la consapevolezza che può aver commesso il crimine, pertanto la conseguente analisi del reo e di quanto lo ha portato a commettere il delitto, è diretta, semplice, senza aforismi, supposizioni, suggestioni o altre imperlature scientifiche, critiche, letterarie.
L’autore procede per tutto il libro nella descrizione inesorabile dei casi giudiziari secondo una geometria che attinge i suoi spunti cardini dalla certezza del processo e consequenziale pena, contrapposta alla motivazione socioculturale che ha generato il crimine.
In tutte le 237 pagine del libro non c’è alcun appagamento professionale nella trattazione del singolo caso giudiziario. Non c’è soltanto una cruda descrizione del fatto di cronaca. Non c’è la ricerca spasmodica della verità. C’è solo la descrizione dell’uomo con la sua ineluttabile miseria spirituale.
Ogni racconto ha qualcosa d’inoppugnabile. Ivo Ginevra P.S. “Il caso letterario dell’anno” mi sembra eccessivo e poco credibile
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Post n°13 pubblicato il 15 Settembre 2010 da ginevraivo
ALESSIO ROMANO FAZI EDITORE
Recensione di Ivo Ginevra
La frase: “Uno scrittore dilettante inizia a scrivere quando è in crisi. Uno vero smette” pag. 36
Alessio Romano è indubbiamente un autore dai tratti geniali. Mi ha costretto a rileggere il suo Paradise for all subito dopo averlo finito, e proprio per questo ne voglio parlare. Innanzitutto gli si deve dar atto che il mix fra realtà e finzione è perfettamente riuscito. La scuola di scrittura Holden con i suoi insegnanti da un lato (Veronesi, Baricco ecc.), la bella Elena, Filippo, il protagonista Matteo, con gli altri personaggi di pura finzione dall’altro, convivono talmente bene da far sembrare tutti esistenti o del tutto inventati. Non a caso i migliori personaggi descritti sono uno reale (Veronesi), uno immaginario (Elena), ed uno a mezzo fra realtà e finzione, cioè lo stesso Romano scrittore del romanzo e protagonista della storia col nome di Matteo, ma c’è anche “Alessio il pescarese e anche lui scrive abbastanza bene”. Questa era una sfida di gran lunga limitativa e Alessio Romano l’ha vinta senza replica alcuna. Altra bella cosa di questo romanzo è il linguaggio diretto, ironico, incalzante, originale, divertente e soprattutto attuale, senza goticità, retorica o esercizi stilistici, inoltre qualche colpo di scena disseminato ad arte mantiene costantemente sveglia l’attenzione del lettore. I tratti psicologici descrittivi dei protagonisti sono brevi, intensi, disponibili all’elaborazione mentale e chi legge li vede muovere conoscendo appieno le loro debolezze o qualità intellettive. Queste 172 pagine sono un concentrato di una storia, maledetta, con droga, sesso, occulto, amicizia, potere, pazzia, bugie, violenza, amore e morte pervase da un intensa passione per la scrittura dei protagonisti di fantasia, di realtà e dello stesso Alessio Romano. Un grande esordio questo Paradise for all.
Ivo Ginevra |
Post n°12 pubblicato il 15 Settembre 2010 da ginevraivo
Un film di Rob Marshall. Con Ziyi Zhang, Ken Watanabe, Kôji Yakusho, Michelle Yeoh, Kaori Momoi. Titolo originale Memoirs of a Geisha. Drammatico, durata 137 min. - USA 2005. uscita venerdì 16 dicembre 2005. Hollywood geisha! E' questa la frase che racchiude in se tutto lo sforzo ed il prodotto dell'accoppiata Spielberg Marshall, dai quali era logico aspettarsi di più. Molto di più. La storia è mielosa e strappalacrime fin dall'inizio (vendita della piccola bambina alla casa di geishe). Continua nell'addestramento alla professione, si ridicolizza nell'amore segreto della giovane geisha per il "direttore generale", lascia perplessi sulla riffa organizzata per cedere la verginità della gheisha, diventa priva di pretese nella oscura fase della guerra mondiale e pateticamente si conclude nel coronamento della storia d'amore fra i due protagonisti. In questo film c'è tutta la Hollywood bella e vuota dei grandi registi americani. Bello e vuoto è, infatti, il prodotto, che non tratta alcun tema in modo approfondito (e sì che ce n'era di carne sul fuoco). Bello e vuoto è lo schermo. Bella e vuota è l'interpretazione dei personaggi, usciti tutti ridimensionati da questa storiella (fatta eccezione per l'ottima Gong Li). E' tutto, tutto bello e vuoto e non lascia alcun spazio a riflessioni sui temi trattati, ma quel che peggio, tratta anche molto marginalmente la storia, cultura e filosofia della Ghescia e del mondo nipponico. Ivo Ginevra
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Post n°11 pubblicato il 15 Settembre 2010 da ginevraivo
Andrea Pazzaglia Robin Edizioni
Recensione di Ivo Ginevra
“C’è un odore per ogni età della nostra vita”.
Andrea Pazzaglia in questo romanzo ci regala il personaggio di Leonardo Del Sapio. “Un po’ malinconico e amante della natura, che passa le sue giornate coltivando la terra, immerso nella tranquillità del podere dove abita. A quarant’anni ha finalmente trovato la vita che desiderava, circondato da amici con cui condividere una buona cena e più di qualche bicchiere di vino rosso. Amante delle donne, ma profondamente innamorato di sua moglie Mara, Leonardo scoprirà pian piano di avere un fiuto particolare nello svelare misteri apparentemente irrisolvibili”.
Diciamo subito non è un giallo ricco di colpi di scena, con inseguimenti, sparatorie, caterve di morti ammazzati e poliziotti. È un giallo, semplice, tenero, equilibrato, intimista, con perle di saggezza, e riflessioni naturali che sebbene possano apparire ovvie e scontate di questi tempi non sono quasi mai scritte, lette, raccontate. Il fascino della scrittura di Pazzaglia è tutto qua, nel rapporto con il quotidiano, con la terra, gli affetti, la semplicità delle piccole cose. Dei piccoli gesti. È un libro piacevole che affascina col suo incedere pigro degli eventi. La forza di Pazzaglia sta proprio nell’aver saputo cogliere e ben rappresentare la gestazione del processo mentale che travolge, suo malgrado, il pacifico protagonista del romanzo trasformandolo da felice campagnolo in vero detective. Il personaggio di Leonardo Del Sapio è fresco, umano, molto originale ed estremamente credibile. I suoi valori sono quelli classici della famiglia, dell’amore, dell’amicizia e sono mostrati senza retorica e falso perbenismo. Il linguaggio per esprimere questi concetti è essenziale, calibrato e al contempo nostalgico. Un ottimo mix. Trascrivo da pag. 13 una riflessione dell’autore sull’amico morto che esprime perfettamente il dramma dell’indifferente incedere del giorno a dispetto del dramma personale. “… Il senso dell’assurdo che accompagna la morte delle persone ancora sane l’aveva seguito per tutto il giorno, spesso nella vigna in maglietta e pantaloni da lavoro, sotto un sole vivo che pareva, dopo gli scrosci dei giorni scorsi, non volersi più riposare”. E poi ancora da pag. 14 la riflessione di Del Sapio sull’amico scomparso che oramai non vedeva da tempo: “….Era quasi un estraneo oramai, crediamo che l’amico resti lì ad aspettarci e di poterlo ritrovare in ogni momento, ma ogni giorno nuove cose lasciano i loro resti di colori e polvere ad otturare i vecchi canali di comunicazione per cui bastava un gesto o uno sguardo per capirsi. Si rimane un po’ a combattere per cercare di trovare la chiave, la parola, il lessico per riattivarli, poi con tristezza si capisce che restano solo i ricordi e quel fondo di rispetto e malinconia per ciò che ci siamo dati, per ciò che siamo stati….”. In definitiva un ottimo esordio per Andrea Pazzaglia ed un nuovo protagonista quello di Leonardo Del Sapio, indubbiamente bucolico, ma tanto umano, e che spero di poter rincontrare ancora. Leonardo potrebbe essere ognuno di noi se solo avessimo il coraggio di buttare la nostra valigia 24 ore in un fiume e andare a vivere in campagna coltivando la terra per un ottimo vino. “Lasciare la noia talvolta è più difficile di affogarci”. Ivo Ginevra |
Post n°10 pubblicato il 15 Settembre 2010 da ginevraivo
Manzini riesce a farti respirare l'aria della periferia degradata, con le sue miserie, ambizioni, atmosfere e odori. Ti attacca sulla pelle la speranza di chi vuol cambiare vita ad ogni costo, a prescindere dal prezzo da pagare, fosse anche la vita stessa l'ultimo prezzo. Guarda all'amore fraterno come un valore certo e lo tradisce come spesso avviene nella quotidianità giornaliera. Nel romanzo colpisce la descrizione effettuata dal Manzini, della voglia di un delinquente anti eroe, di anelare ad un’esistenza fatta dalle tradizionali certezze dei valori comuni (amore, famiglia), fino a trasformare un essere dalla condotta deprecabile, in simbolo di un immaginario riscatto con rinascita. Libro veramente gradevole! Ricco di una vena creativa piena di colpi di scena nella migliore tradizione del thriller. Da leggere. Ivo Tiberio Ginevra
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Post n°9 pubblicato il 15 Settembre 2010 da ginevraivo
Ho letto con piacere questo libro e devo dar merito al suo scrittore, di essere riuscito a creare il prototipo del killer per antonomasia, coniugando alla perfezione l’esigenza letteraria con l’introspezione psicologica, e questo fin dall’inizio, partendo proprio dal suo aspetto fisico “…. lo sguardo anonimo, il volto insignificante. Un uomo normale. Statura media. Corporatura asciutta. Capelli castani tagliati in modo poco vistoso, abbastanza corti ma non rasati. Vestiario sobrio. Niente segni particolari. Niente accento. Invisibile”. Perfetta e stimolante appare l’analisi che il personaggio fa di se stesso nella ricerca delle radici assassine: “…non bastano l’avvilimento e la nausea a dar ragione o a rendere accettabile e comprensibile una condotta come la mia. Eppure è da lì che tutto comincia ….. mi resi conto che l’alternativa all’annichilimento graduale di una esistenza monotona e assurda era ed è l’altrettanto assurda, ma consapevole, scelta di fare quello che nessuno vuol fare”. Indubbiamente apprezzabile è la sua forza: Nella mia normalità. Nell’insignificanza del mio aspetto risiede tutto il mio potere. Mi sento invincibile”. “ Mi sento bene. Solo come sono. Senza prospettive, senza domani, senza legacci, senza vincoli, senza regole. Quei dannati burocrati dovrebbero provare come ci si sente ad essere me”. La sua professionalità: “Tutta la mia attività si basa sul calcolo. Sulla programmazione e la previsione. Sulla consapevolezza dei potenziali pericoli. Sull’assunzione dei rischi calcolati”. ….”Sono una scheggia di perfezione e di integrità. Sono l’esempio di rettitudine in mezzo all’approssimazione, alla distrazione alla disattenzione”. La sua visione filosofica della vita: “Ho smesso di temere per la mia vita quando ho smesso di credere che avrebbe avuto un senso”. La sua consapevole analisi: “Non c’è odio, in me. Non c’è rabbia. Non c’è desiderio. Non c’è sentimento né passione”. Il suo humour: “Per i sicari dovrebbero esserci dei tabelloni come per i pugili. Vinte, perse, ko. Solo che per noi appena una è persa finisce il gioco. E tutte le vittorie sono per ko”. Antoine è un Killer perfetto! Bella è la storia. Asciutto e calzante il modo di raccontarla.
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Post n°8 pubblicato il 16 Agosto 2010 da ginevraivo
Articolo di Ivo Ginevra per Alcedo Le recenti catalogazioni del Diamante di Peale (Ziswiler 1972), lo collocano all’interno del genere Erythrura, e precisamente nel sottogenere Acalanthe, insieme al Diamante pappagallo, Diamante reale e Diamante di Samoa.
L’ESPERIENZA RIPRODUTTIVA DI MASSIMO MORINI - E allora Massimo, raccontaci com’è andata con il Diamante di Peale. Per finire quest’articolo, poiché l’esperienza comincia e finisce in:“..ini”, non potevo esimermi dal chiedere l’ultimo consiglio al decano degli allevatori : Tonino Piccinini. Ivo Ginevra |
Post n°7 pubblicato il 16 Agosto 2010 da ginevraivo
Pubblicato su Italia Ornitologica n. 5 anno 2000 L' ibrido di Nonnetta minore per Passero del Giappone non presenta particolari difficoltà nella sua realizzazione pratica, infatti, il maschio di Nonnetta minore si adatta facilmente alla vita captiva ed insieme alla femmina di Passero del Giappone è anche un bravo imbeccatore della prole evitando, con tale comportamento il fastidioso ricorso alle balie. Inoltre i due uccelli in questione sono anche geneticamente molti vicini e di temperamento molto simile e "caldo", pertanto i due partners si accettano reciprocamente e senza particolari difficoltà. Una ibridazione facile, quindi, ma non per questo priva di fascino ed interesse, anzi l'ibrido in oggetto è per forma, colori e temperamento, molto accattivante, non scordiamoci che la Nonnetta minore è conosciuta anche con il nomignolo di "Diablito" e da un uccellino così soprannominato, certamente qualche cosa di affascinante deve per forza venire fuori. L'obiettivo dell'ibridista che si cimenta in questa avventura è chiaramente quello di trasportare nelle sue "creature" le migliori caratteristiche delle due specie, pertanto il "sognatore" deve assolutamente ottenere quel tipico riflesso verde bronzato che ha la Nonnetta minore sulla testa, nella gola ed ai lati del petto. In poche parole deve riuscire a trasferire questo splendido cappuccio del "Diablito" sulla "creatura". Ovviamente, per ottenere un soggetto con questa spettacolare caratteristica, l'ibridatore deve saper scegliere un maschio di Nonnetta minore particolarmente "brillante" ed una femmina di Passero del Giappone nero-bruno con il massimo dell'ossidazione, dall'espresione nera e chiaramente con un cappuccio molto regolare. Soltanto scegliendo bene i genitori con queste primarie caratteristiche si può avere nel costruendo ibrido, il cappuccio verde bronzato dei sogni. L'altra peculiare caratteristica che deve possedere la "creatura" è data dal Passero del Giappone e precisamente dalla sua cosa più bella: il disegno del ventre a "lisca di pesce".Appare quindi ovvio che la scelta della femmina di Passero del Giappone deve cadere su un soggetto che possieda un disegno regolare, ben delineato e possibilmente stretto e più esteso possibile, questo perché deve riuscire ad imporsi sul bianco della Nonnetta e combinarsi in un disegno regolare con le striature nere poste ai lati del ventre della Lonchiura cucullata a proporzione nella forma e taglia è il terzo elemento di bellezza che l'ibrido deve necessariamente possedere. L'ideale è quello di avere un soggetto di taglia intermedia rispetto a quella dei genitori, ma ovviamente tondeggiante e armoniosa come quella della madre con un atteggiamento sveglio e scattante come quello del padre "Diablito". Un becco nero ardesia su di una graziosa testolina, un piumaggio serico e brillante ed una ossidazione generale, ben localizzata sulle zampe completano l'elenco delle particolarità necessarie a non far passare inosservata questa "creatura".Se si avrà la fortuna di osservarla attentamente alla luce del Sole, si capirà la bellezza e la magnificenza dei colori e dei suoi riflessi "cedroni". Devo anche segnalare per completezza di trattazione, l'alto numero di uova feconde che è in grado di produrre la coppia dei genitori con l'ovvia possibilità di formare, ai fini delle esposizioni, anche degli stamm che indubbiamente lasceranno di stucco i giudici competenti e tutti gli allevatori del settore. Inoltre, è anche facile avere dagli f1 uova feconde e così poter aprire le porte alla realizzazione di programmi di allevamento anche ambiziosi. Concludendo, posso affermare che questo ibrido, anche se non appariscente e di difficile realizzazione, ha il grande fascino accattivante e ricercato del "nero" e quando dico questo penso ai numerosi allevatori che ormai da un ventennio si cimentano nei tentativi di dare origine all'agognato canarino nero. Tutta questa ricerca, infatti, mi porta ad affermare che il "nero", in fin dei conti è bello, piace ed attrae anche molto, ma se a qualche lettore verrà in mente leggendo queste parole che io possa aver fatto un'allusione o propaganda politica al tradizionale colore nero della destra politica, mi si lasci dire per "parcondicio" che il bello di questa ibridazione sta nel fatto che i genitori della "creatura", sono degli uccelli appartenenti alla tradizionale "rossa" classe operaia dei lavoratori ed avendo un prezzo di acquisto decisamente basso è alla portata di tasca di tutti gli allevatori indipendentemente dal colore politico rosso o nero. |
Post n°6 pubblicato il 16 Agosto 2010 da ginevraivo
Il “Diamante Fetonte”, ovvero: L’esperienza riproduttiva del Diamante Fetonte di Alessandro Cinti Pubblicato su Alcedo n. 36/2008 GINEVRA – Perché il Diamante Fetonte? Ivo Tiberio Ginevra |
Post n°5 pubblicato il 16 Agosto 2010 da ginevraivo
Pubblicato su Alcedo n. 39/2008
HABITAT E COMPORTAMENTO : E’ distribuita in tutto l’areale Africano, compreso fra la zona equatoriale e quella tropicale. Particolarmente numeroso in Senegal, Mauritania, Ghana, Camerun ed Angola. Il suo habitat è abbastanza vario: si distribuisce fra praterie e foreste, con preferenza per gli alberi di Acacia, ed è presente anche in zone dal clima particolarmente secco, nonché nei villaggi, giardini e coltivazioni. RIPRODUZIONE : La riproduzione in cattività non riserva particolari problemi. Il pratico nido a cassetta per esotici è tranquillamente accettato, così come il materiale di rivestimento; la comune juta è addirittura preferita ai prodotti più sofisticati. Il nido è in prevalenza costruito dalla femmina, mentre il maschio, in questa fase lotta nella difesa del territorio.
NOTE : Durante la stagione degli amori i maschi Cordon blu diventano particolarmente territoriali ed aggressivi verso qualunque specie sosti nelle vicinanze del nido dimostrando di non avere alcun timore anche nei confronti d’uccelli con taglie superiori alla loro. Il Cordon blu è indubbiamente uno degli uccellini africani più rustici e facili da tenere in cattività, sia per le sue scarse pretese alimentari, (un semplice misto per esotici con prevalenza di miglio e panico andrà più che bene) sia per le grandi capacità d’adattamento a qualsiasi temperatura. Il carattere vivace ed il bellissimo colorito azzurro lo rende un ospite gradito negli allevamenti amatoriali. |
Post n°4 pubblicato il 16 Agosto 2010 da ginevraivo
Articolo di Ivo Ginevra per Alcedo
Dalle stesse zone dove hanno avuto ambientazione televisiva le celebri fiction del Commissario Montalbano con Luca Zingaretti; immerse in quella terra di Sicilia ricca di sole, barocco, e genuina ospitalità, il mio amico Pippo, ha fatto centro ancora una volta, riproducendo una specie rara e del tutto insolita per queste latitudini: il Diamante coloria. |
Post n°3 pubblicato il 16 Agosto 2010 da ginevraivo
Pubblicato su Italia Ornitologica n°12 del Dicembre 2000 Personalmente considero l'ibrido di Diamante Mandarino per Diamante Zebrato (o Modesto) alla stessa stregua di quello che per gli appassionati allevatori di fringillidi è l'ibrido di Cardellino X Canarina. IL DISEGNO DEL FIANCO, DEL PETTO E LA BAVETTA DEL SOTTOGOLA Una delle difficoltà, forse la principale, è quella di comminare il disegno orizzontale e marcato del fianco del D. Zebrato con quello verticale del fianco del D. Mandarino. Ricordiamo che quest'ultimo disegno è formato da file di regolari punti rotondi e bianchi su un fondo di un bel bruno castano. Tale disegno è già di per sé difficile da trovare perfetto in un D. Mandarino maschio, quindi appare chiaro che la combinazione complessa dei due disegni specialmente dove si incrociano, è il punto nevralgico più guardato da un giudice e da un qualunque appassionato, nonché ed ovviamente, il più penalizzato.Negli ibridi maschi generalmente riesce sempre ad imporsi il disegno verticale del D. Mandarino da preferirsi possibilmente di un caldo colore bruno.Negli ibridi femmine questo disegno laterale, per via del dimorfismo della razza, è mancante ed al suo posto inizia un regolare ed armonioso disegno orizzontale ereditato dal D. Zebrato di un grigio bruno tenue ed uniforme, molto bello a vedersi che avvolge tutto il petto dall'una all'altra ala salendo ininterrottamente fino alla valva del becco, che nell'insieme conferisce all'ibrido un'aria graziosa, delicata ed affascinante. Al contrario, nell'ibrido maschio le zebrature bianco brune del D. Modesto devono fondersi con quelle bianco nere del D. Mandarino, quindi, non si faccia ingannare il lettore pensando che trattandosi di zebrature orizzontali in entrambi i genitori da trasportare nell'ibrido l'impresa sia una cosa semplice!! Anzi è tutt'altro che facile perché il disegno che alle volte viene fuori è talmente irregolare od intriso di nero che nei peggiori soggetti può sembrare un tovagliolo inframmezzato da qualche piuma bianca.La difficoltà sta tutta nel fatto che le zebrature dei due genitori sono formate dalla simmetrica alternanza delle zone lipocromiche e melaniniche presenti nella piuma. E poiché il colore nero della piuma del D. Mandarino s'impone con naturale semplicità sulle zone di piuma brune del D. Zebrato, bisogna soltanto sperare che l'espansione nera della piuma non la copra del tutto con un effetto finale completamente nero e quindi deleterio al massimo per il nostro ibrido. Che ci sia un accenno di barra pettorale ereditata dal D.Mandarino potrebbe essere sicuramente un pregio, ma la stessa non deve estendersi verso l'alto altrimenti annullerebbe la graziosità delle zebrature. Ma continuando la nostra descrizione e salendo verso il sottogola, ecco presentarsi un'ulteriore difficoltà per il solo ibrido maschio e cioè la piccola bavetta rosso carminio piuttosto scura in eredità dal Z. Zebrato che deve essere presente anche se di dimensioni ridotte. Purtroppo nell'ibrido questo lascito alla base del becco è quasi sempre mancante ed al suo posto, compare una delicata impronta di colore rosso rosa, ma in ogni caso questa apparizione, seppur affascinante, dovrebbe essere preferita secondariamente alla presenza della bavetta. Nella versione femminile tale "bavettina" è logicamente assente ma non per questo riduce il fascino della ibrida. IL DISEGNO DELLA TESTA, DELLE ALI E IL VENTRE Per quanto riguarda il disegno della testa che dovrebbe avere il soggetto ideale, mi sono reso conto scrivendo quest'articolo, di quanto è complessa e ricca di colori e disegni la testa del D. Mandarino. Il disegno della guancia, la striscia del becco, la striscia dell'occhio, la lacrima, il colore del becco e quello della guancia e... quanta abbondanza concentrata in pochi centimetri!! Senza commento alcuno appare logico pensare che il nostro ibrido debba rigorosamente avere tutti questi disegni ed in linea di massima gli stessi sono generalmente presenti nella testa dell'ibrido. Soltanto un po' debole si presenta il colore ed il disegno della guancia ereditato dal D. Mandarino ma ciò appare perfettamente logico perché il D. Zebrato ha i lati del collo e le guance di colore bianco. Chiaramente l'allevatore che vorrà costruire quest'ibrido deve scegliere un riproduttore D. Mandarino con una guancia regolare e di un bel colore arancio-bruno il che agevolerà il compito della natura. Stupendo e pieno di fascino è invece il colore della testa dell'ibrido che in linea di massima possiede la sequenza dei colori del D. Zebrato e precisamente una fronte nera a partire dall'attaccatura del becco superiore, una testa rosso-rosato a ricordo dell'inconfondibile colore rosso carminio scuro ed una restante parte superiore che scende dalla nuca lungo il dorso con una tonalità di gradevole grigio-bruno caldo ed uniforme. Il becco rosso chiaro e senza screziature nere nell'ibrido maschio trova e fa anche risaltare le redini ereditate dal genitore D. Zebrato. Tale striscia orizzontale e nera che lega il becco con l'occhio e che costituisce un elemento caratterizzante della fisionomia del D. Zebrato è ben visibile in grigio, anche attraverso il bianco della lacrima del D. Mandarino. Il becco dell'ibrido femmina, dato il dimorfismo della razza, è del classico colore della femmina del D. Mandarino. Le redini sono meno marcate rispetto a quelle dell'ibrido maschio e generalmente la striscia dell'occhio del D. Mandarino non è presente. Questa assenza comminata al tenue colore del becco, delle redini e delle zebrature rende quindi il soggetto "squisitamente femminile". Le ali di colore grigio-bruno piuttosto scuro, sono impreziosite dalle orlature delle remiganti del D. Modesto che come delle perle devono spiccare con il loro bianco e devono catturare lo sguardo dell'amatore con il loro disegno simmetrico e luminoso incastonato sulla punta delle ali. Il ventre poi è di un bianco puro e luminoso che fa risaltare ancor di più la bellezza del soggetto ed in particolare della sua taglia, conferendo una generale aria di benessere. Ivo Tiberio Ginevra
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Post n°2 pubblicato il 16 Agosto 2010 da ginevraivo
IL PASSERO MACULATO Lonchura leucosticta Pubblicato su Alcedo n. 35/2007 La Lonchura leucosticta è una specie presente soltanto nei territori meridionali della Nuova Guinea. Occupa il fitto sottobosco, prediligendo le cone ricche d'erba alta dove si sposta in piccoli gruppi. Si nutre di un'enorme varietà di semi prativi che raccoglie dal terreno, in particolar modo quelli del bambù. Il dimorfismo sessuale è poco visibile ad un'occhio non esperto, quindi nell'assortimento della coppia, l'unico reale criterio selettivo è basato sul canto e sulla tipica danza nuziale dei maschi di Lonchura. Gli allevatori più abili distinguono la femmina dal maschio per una colorazione d'insieme più spenta, e per le picchettature bianche del petto che sono minori e sfumate. Per il resto, i sessi sono del tutto identici. Il fascino di qeusto uccellino è racchiuso nell'armonia espressa dalle calde tonalità di bruno tendente al ruggine del petto e del ventre, nonchè nel passaggio graduale del colore bruno chiaro della testa che si carica progressivamente di melanina marrone sul dorso, ali e coda. Spiccano le penne del codione di un nocciola aranciato e soprattutto quelle bianche e compatte del sottobecco che a poco a poco si trasformano in picchettature bianche che invadono il petto e la nuca, diradandosi verso l'addome e sul dorso, modellando un disegno simmetricamente regolare che costituisce la preziosità del soggetto. Il colore acciaio del becco e delle zampe completano il fascino del tutto originale di questa Munia. Di carattere schivo e timoroso in natura diviene, nella vita captiva, abbastanza socievole e condiscendente. Infatti, in voliera non crea alcun problema di coabitazione con le altre specie, adattandosi con facilità all'alimentazione fornita dall'uomo. Si è soltanto osservata una tendenza che si ripete in quasi tutti i Passeri maculati nell'occupare stabilmente il lato destro di gabbie e voliere, ma la difesa del territorio prescelto non è per nulla aggressiva. Durante tutto l'anno gradisce passare la notte in ripari o nidi. La scarsità delle importazioni non ha consentito uno studio profondo dei comportamenti di questa Lonchura, però si è in grado di affermare che tutti i tentativi di riproduzione effettuati sono andati a buon fine, rivelandosi un uccellino piuttosto prolifico e robusto. Depone mediamente dalle cinque alle sette uova dal colore bianco candido in una comune cassettina da nido anche usata da altre specie, che rifinisce con qualche fibra di vegetali secchi, cocco o fieno. Entrambi i genitori si dedicano con assiduità alla cova ed allevamento della prole, appetendo in particolare i semi germinati, i semi prativi e qualche tarma della farina tagliuzzata insieme a quelle di buffalo. I Pulli nascono senza alcun piumino ed hanno tutte le tipiche peculiarità delle Lonchure. Sono in grado di volare dal nido già a tre settimane dalla nascita. Il colore dei giovani è privo di vivacità rispetto a quello degli adulti, ma nel gito di sette mesi completano la muta indossando la livrea adulta. Ivo Ginevra |
Post n°1 pubblicato il 16 Agosto 2010 da ginevraivo
IL DIAMANTE PAPPAGALLO di Ivo Ginevra per Alcedo Generalmente in pittura si tende ad evitare l’accostamento delle tinte rosse e verdi, perché il risultato non è particolarmente gradito, dato il contrasto fra due colori dalle espressioni forti ed al contempo cupe o brillanti. Sia il maschio che la femmina di D. pappagallo hanno un acceso piumaggio verde, dove spiccano le singolari zone di lipocromo rosso, che ricoprono fronte, guance, gola ed alto petto, nonché copritrici caudali e codione. Nera è la colorazione del becco e delle strisce dell’occhio (redini). Zampe carnicine con unghie cornee completano la descrizione dei soggetti adulti. Questo splendido Estrildide è originario delle isole della Nuova Caledonia (Oceano Pacifico). Vive in gruppi che di regola non superano le trenta unità e nel periodo della riproduzione, una volta formate le coppie, diventa aggressivo nei confronti del conspecifico, senza tuttavia ingaggiare duelli particolarmente violenti. La focosità del maschio si manifesta anche durante le fasi dell’amplesso che finiscono con la spiumatura nucale della femmina, spesso trattenuta con il becco. Il corteggiamento dell’Erythurino si compone in una serie di gesti orizzontali della testa ed improvvisi spostamenti laterali, mentre la compagna assume una posizione molto simile a quella dei nidiacei, nell’attesa dell’imbeccata, muovendo la testa piegata da un lato e rivolgendola verso l’alto. La copula avviene dopo una lunga serie di voli. Ora dopo queste doverose note di biologia, habitat e caratteristiche comportamentali, lasciatemi descrivere la mia esperienza con questo splendido Diamante e …non ridete, perché quello che mi è accaduto è tutto vero. BENEDETTI DIAMANTI PAPPAGALLO! Erano le 15,00 di un assolato pomeriggio di fine Aprile, ed io stavo spaparanzato sul divano alla ricerca di un po’ di refrigerio. Dopo un Padre Nostro, il religioso diede una generica benedizione all’ingresso di qualche stanza e stava per andar via, quando dentro di me, l’insopprimibile istinto dell’allevatore in balia di una stagione cove disastrosa, ebbe il sopravvento sulle convenzioni e proruppe in una frase inaspettata, ma ai più, indiscutibilmente valida: Avevo provato fin dagli inizi d’ottobre, con due giovani coppie, che alloggiavo in voliere da 120 cm., ma con risultati abbastanza demoralizzanti. Giornataccia quella! Ivo Ginevra
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CAMPIONATI ITALIANI
Campionato Italiano Dicembre 2009 Ercolano
3° classificato stamm Diamante Pappagallo punti 360
Campionato Italiano Dicembre 2005 Udine
3° Classificato ibrido mutato di Canarino x Canarino ventre giallo punti 93
Campionato Italiano Dicembre 2004 Bari
3° Classificato Lucherino testa nera Stamm punti 360
Campionato Italiano Dicembre 2003 Piacenza
Campione Italiano Singolo Trombettiere del Liechtstein punti 93
Campionato Italiano Gennaio 2002 Follonica
Campione Italiano stamm Diamante Zebrato x Diamante Mandarino punti 363
3° Classificato singolo Diamante Codalunga x Diamante Mandarino punti 90
Campionato Italiano Dicembre 2000 Ferrara
Campione Italiano Stamm Diamante Zebrato e Diamante Mandarino punti 367
Campionato Italiano 1999 Padova
2° Classificato Stamm Becco di Piombo Testagrigia punti 364
Campionato Italiano Dicembre 1995 Pordenone
3° Classificato singolo Passero del Giappone punti 88
Più di 100 titoli di campione di categoria nelle varie mostre ornitologiche nazionali, internazionali, specialistiche oltre vari campioni razza I.E.I.
CONVEGNI ORGANIZZATI
30 Ottobre 2004 Città di Aragona: "Candide perle sull' incantevole abito del Cardellino"
.....Questo convegno è un sogno che si realizza. Lo dovevo ai molti amici con i quali condivido questa sana e meravigliosa passione, alla folta schiera, in esponenziale aumento, di allevatori che si cimentano nell'allevamento di questo meraviglioso alato. Sono particolarmente grato all’amico Ivo Ginevra, senza il quale, non sarebbe stato possibile realizzare questo sogno.
Il Presidente dell'Associazione Ornitologica
Valle dei Templi - Aragona
FRANCESCO SCHILLACI
ALCEDO: ORNITOLOGIA E NATURA
E' la nuova rivista Italiana di Ornitologia, Ornitofilia e Fotografia naturalistica. Caratteristica di Alcedo è la qualità degli articoli (redatti da allevatori specializzati), la completezza della trattazione e l'elevata quantità di argomenti trattati, cui si aggiunge una notevole attenzione al corredo iconografico, sia da un punto di vista quantitativo che, soprattutto, qualitativo. Allo scopo, ALCEDO si avvale della collaborazione di esperti allevatori, studiosi di ornitologia, fotografi naturalistici e veterinari specializzati. Aspirazione di ALCEDO è provocare un fermento culturale tale da promuovere una trasformazione nel modo di allevare e detenere gli uccelli, diffondendo le più moderne tecniche di allevamento e le più recenti acquisizioni scientifiche in tema di alimentazione, genetica e patologia aviare. Questo favorirà l'ottenimento di risultati nettamente migliori per l'allevatore, e non ultimo migliorerà le condizioni di vita degli uccelli sia in cattività che in natura
Inviato da: chiaracarboni90
il 10/10/2011 alle 14:25