Creato da ginevraivo il 16/08/2010

Ivo Ginevra

Ornitologia e Altro

 

 

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Post n°19 pubblicato il 28 Novembre 2010 da ginevraivo

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TRAINSPOTTER

Post n°18 pubblicato il 18 Settembre 2010 da ginevraivo
 
Foto di ginevraivo

GIANFRANCO MANFREDI

FELTRINELLI

 

Recensione di Ivo Ginevra

 

Chiedo subito scusa a Gianfranco Manfredi se non lo conoscevo come scrittore, ma la dritta me l’ha data Serge Quadruppani nell’introduzione al racconto “La matematica non è un’opinione” inserito nella raccolta AA VV edita Mondadori con il titolo “14 Colpi al cuore”.

Quadruppani, e non è certo l’ultimo arrivato, scrive di Manfredi: ”….passando per il giallo ….considero Trainspotters un lavoro esemplare per rigore d’intreccio e forza dei suoi personaggi”.

Ovviamente con una presentazione di questo tipo non potevo fare a meno di leggere Trainspotter, ma trovarlo non è stato facile perché il libro edito dalla Feltrinelli non è più in catalogo. Comunque, con un po’ di fatica e grazie alla famiglia di Internet l’ho trovato e posso tediarvi con una mia recensione.

Dico subito che n’è valsa la pena perché il romanzo è davvero bello ed anche se pubblicato nel 1989 resta spaventosamente attuale.

La storia cattura subito e focalizza in modo eccellente la figura del protagonista, già da quando era bambino e viveva “…in quel piccolo asfittico buco di provincia”, infatti, allo zio che se lo portava via in macchina “decantando le meraviglie della città con le opportunità che avrebbe trovato”, alla domanda “Ti sei mai chiesto cosa vuoi fare da grande?  Sacha rispondeva semplicemente: “Voglio guardare i treni”.

E Sacha da semplice appassionato di treni diventa un Trainspotter. Uno di quelli, convinti, ossessivi. Uno di quelli che trascorre ogni momento libero della sua vita a studiare locomotive, linee ferroviarie, orari, treni. Uno che vive fino in fondo l’aria che si respira nelle stazioni, fra i binari ed i risucchi rapidi del vento smosso dai vagoni. Sacha è uno che erra sulle traversine fotografando, catalogando. Studiando. E proprio in uno di questi vagabondaggi inizia il suo ineluttabile destino mirabilmente narrato da Gianfranco Manfredi. ……”La processione dei vagoni sembrava interminabile. Sacha avrebbe quasi potuto toccarli. Faticava a tenersi dritto eppure non faceva nulla per scostarsi, come perso in una fantasticheria. Ebbe la sensazione di un rallentamento infinito mentre il vagone numero 6 gli scivolava davanti…. Una ragazza dai capelli azzurri… tutto era azzurro…un braccio scuro levato, un martello calato con forza… uno schizzo nerastro sul finestrino. La fuga dei vagoni si perdette stridendo, risucchiata da una galleria”.

Mai ho letto nella mia vita una descrizione d’omicidio più bella di questa. C’è tutto. Sorpresa, originalità, suspence, introspezione e soprattutto interrogativi. Molti.

Per non togliere al lettore il piacere di leggere Trainspotter smetterò di raccontare l’allucinate intreccio della storia, ma non posso tacere sulla magistrale descrizione psicologica dei personaggi co-protagonisti, e lo farò riportando le parole dello scrittore a proposito di Stepanie e Alex, per farvi capire quanto magistrale è stato il tocco di Manfredi… “Ma Stephanie era un'altra cosa. Non mancava di stupirlo la sua arrendevolezza, quell’incredibile dote di obbedirgli in tutto con l’aria di farsi i fatti propri. Alex si sentiva sempre in debito con lei e reagiva insultandola, picchiandola, ma Stephanie era un muro di gomma, più dipendeva da lui e più lo faceva sentire dipendente. Perché non si accorgeva di avere delle tette da gran premio, un culo da favola, una pelle profumata, morbida, da gran puttana? perchè non forzava mai un gesto, uno sguardo, perché non sfruttava tutta la carica sessuale che si ritrovava?

Il bello di questo romanzo è che solo dopo poche pagine hai in tasca oltre al protagonista anche tutti i personaggi della storia, nonché i luoghi e contorni dell’azione straordinariamente descritti: “Alle prime luci dell’alba, lo scalo di Lenz era abitato da poche persone silenziose, creature intermedie tra la notte e il giorno, isolati passeggeri in attesa di un locale, con la faccia del primo caffè. Nessuno badava a nessuno”.

Trainspotter è un romanzo strano, ben congegnato. Sembra statico, eppure si muove. È una continua metamorfosi psichica col suo inevitabile divenire freddo e spietato, dove tutti i termini usabili come ossessivo, folle, morboso convergono nel binario di Sacha e sfrecciano sulle rotaie fino a travolgere, eventi, vite, in “uno schizzo nerastro” di devastante ossessività generale, dove vittime e carnefici sono ingoiati dal nero tunnel di una galleria.

Tutto lo svolgimento del romanzo è imprevedibile, incalzante e strano. Il finale assolutamente piacevole e geniale, dove la sudditanza psicologica lascia il passo alla folle logica efferata del delitto.

Trainspotter è davvero un bel romanzo e sarebbe più che giusto, dovuto, che la Feltrinelli ripubblicasse questo mirabile esempio di scrittura noir.

Il 321 ha già dodici minuti di ritardo

E’ importante?”

Sacha non rispose. Guardava la massicciata. Erano seduti in macchina ad una decina di metri dai binari, su un prato bruciacchiato, senza luna e senza luce, solo le luminescenze verdastre del quadro dei comandi e la sigaretta accesa di Rita.

Leggetelo.

 

Ivo Ginevra

 
 
 

Kurosawa - sogni - il funerale

Post n°17 pubblicato il 15 Settembre 2010 da ginevraivo

 
 
 

UN COLPO DI VENTO

Post n°14 pubblicato il 15 Settembre 2010 da ginevraivo
Foto di ginevraivo

Ferdinand Von Schirach

Edizioni Longanesi

 

Recensione di Ivo Ginevra

 

La frase : La posizione del giudice per le indagini preliminari è forse la più interessante della giustizia penale. Ha una breve panoramica su ogni cosa, non deve sopportare lunghi dibattimenti e non deve ascoltare nessuno. Ma questa è solo una faccia della medaglia. L’altra è la solitudine. Il giudice per le indagini preliminari decide da solo. Tutto dipende da lui, chiude le persone in prigione, o le lascia libere. Esistono mestieri più semplici (pag. 154).

 

Il libro è composto da 11 racconti, tratti dalla diretta esperienza che l’autore, avvocato penalista tedesco, ha raccolto durante la sua carriera.

 

Quello che colpisce il lettore in questo romanzo è l’incedere lento, disilluso e assolutamente senza emozioni del narratore, che tratta tutti i casi giudiziari dei racconti, con il distacco professionale dell’avvocato penalista, al quale non interessa se il suo cliente è colpevole o innocente, perché il suo compito è solo difenderlo.

 

Il fascino del libro sta tutto qua, proprio nel tono distaccato di questa narrazione che in maniera del tutto asettica entra nella psiche del delinquente difeso anche con la consapevolezza che può aver commesso il crimine, pertanto la conseguente analisi del reo e di quanto lo ha portato a commettere il delitto, è diretta, semplice, senza aforismi, supposizioni, suggestioni o altre imperlature scientifiche, critiche, letterarie.

 

L’autore procede per tutto il libro nella descrizione inesorabile dei casi giudiziari secondo una geometria che attinge i suoi spunti cardini dalla certezza del processo e consequenziale pena, contrapposta alla motivazione socioculturale che ha generato il crimine.

 

In tutte le 237 pagine del libro non c’è alcun appagamento professionale nella trattazione del singolo caso giudiziario. Non c’è soltanto una cruda descrizione del fatto di cronaca. Non c’è la ricerca spasmodica della verità. C’è solo la descrizione dell’uomo con la sua ineluttabile miseria spirituale.

 

Ogni racconto ha qualcosa d’inoppugnabile.

Ivo Ginevra

P.S.

Il caso letterario dell’anno” mi sembra eccessivo e poco credibile

 

 
 
 

PARADISE FOR ALL

Post n°13 pubblicato il 15 Settembre 2010 da ginevraivo

ALESSIO ROMANO

FAZI EDITORE

 

Recensione di Ivo Ginevra

 

La frase: “Uno scrittore dilettante inizia a scrivere quando è in crisi. Uno vero smette” pag. 36

 

Alessio Romano è indubbiamente un autore dai tratti geniali.

Mi ha costretto a rileggere il suo Paradise for all subito dopo averlo finito, e proprio per questo ne voglio parlare.

Innanzitutto gli si deve dar atto che il mix fra realtà e finzione è perfettamente riuscito.

La scuola di scrittura Holden con i suoi insegnanti da un lato (Veronesi, Baricco ecc.), la bella Elena, Filippo, il protagonista Matteo, con gli altri personaggi di pura finzione dall’altro, convivono talmente bene da far sembrare tutti esistenti o del tutto inventati.

Non a caso i migliori personaggi descritti sono uno reale (Veronesi), uno immaginario (Elena), ed uno a mezzo fra realtà e finzione, cioè lo stesso Romano scrittore del romanzo e protagonista della storia col nome di Matteo, ma c’è anche “Alessio il pescarese e anche lui scrive abbastanza bene”.

Questa era una sfida di gran lunga limitativa e Alessio Romano l’ha vinta senza replica alcuna.

Altra bella cosa di questo romanzo è il linguaggio diretto, ironico, incalzante, originale, divertente e soprattutto attuale, senza goticità, retorica o esercizi stilistici, inoltre qualche colpo di scena disseminato ad arte mantiene costantemente sveglia l’attenzione del lettore.

I tratti psicologici descrittivi dei protagonisti sono brevi, intensi, disponibili all’elaborazione mentale e chi legge li vede muovere conoscendo appieno le loro debolezze o qualità intellettive. 

Queste 172 pagine sono un concentrato di una storia, maledetta, con droga, sesso, occulto, amicizia, potere, pazzia, bugie, violenza, amore e morte pervase da un intensa passione per la scrittura dei protagonisti di fantasia, di realtà e dello stesso Alessio Romano.

Un grande esordio questo Paradise for all.

 

Ivo Ginevra

 
 
 

MEMORIE DI UNA GEISHA

Post n°12 pubblicato il 15 Settembre 2010 da ginevraivo
Foto di ginevraivo

Un film di Rob Marshall. Con Ziyi Zhang, Ken Watanabe, Kôji Yakusho, Michelle Yeoh, Kaori Momoi.

Youki Kudoh, Gong Li, Kenneth Tsang, Ted Levine, Togo Igawa

Titolo originale Memoirs of a Geisha. Drammatico, durata 137 min. - USA 2005. uscita venerdì 16 dicembre 2005.

Hollywood geisha! E' questa la frase che racchiude in se tutto lo sforzo ed il prodotto dell'accoppiata Spielberg Marshall, dai quali era logico aspettarsi di più. Molto di più. La storia è mielosa e strappalacrime fin dall'inizio (vendita della piccola bambina alla casa di geishe). Continua nell'addestramento alla professione, si ridicolizza nell'amore segreto della giovane geisha per il "direttore generale", lascia perplessi sulla riffa organizzata per cedere la verginità della gheisha, diventa priva di pretese nella oscura fase della guerra mondiale e pateticamente si conclude nel coronamento della storia d'amore fra i due protagonisti. In questo film c'è tutta la Hollywood bella e vuota dei grandi registi americani. Bello e vuoto è, infatti, il prodotto, che non tratta alcun tema in modo approfondito (e sì che ce n'era di carne sul fuoco). Bello e vuoto è lo schermo. Bella e vuota è l'interpretazione dei personaggi, usciti tutti ridimensionati da questa storiella (fatta eccezione per l'ottima Gong Li). E' tutto, tutto bello e vuoto e non lascia alcun spazio a riflessioni sui temi trattati, ma quel che peggio, tratta anche molto marginalmente la storia, cultura e filosofia della Ghescia e del mondo nipponico.

Ivo Ginevra

 

 

 
 
 

LA PAURA DELLA VERITA'

Post n°11 pubblicato il 15 Settembre 2010 da ginevraivo
Foto di ginevraivo

Andrea Pazzaglia

Robin Edizioni

 

Recensione di Ivo Ginevra

 

 

“C’è un odore per ogni età della nostra vita”.

 

Andrea Pazzaglia in questo romanzo ci regala il personaggio di Leonardo Del Sapio. “Un po’ malinconico e amante della natura, che passa le sue giornate coltivando la terra, immerso nella tranquillità del podere dove abita. A quarant’anni ha finalmente trovato la vita che desiderava, circondato da amici con cui condividere una buona cena e più di qualche bicchiere di vino rosso. Amante delle donne, ma profondamente innamorato di sua moglie Mara, Leonardo scoprirà pian piano di avere un fiuto particolare nello svelare misteri apparentemente irrisolvibili”. 

 

Diciamo subito non è un giallo ricco di colpi di scena, con inseguimenti, sparatorie, caterve di morti ammazzati e poliziotti. È un giallo, semplice, tenero, equilibrato, intimista, con perle di saggezza, e riflessioni naturali che sebbene possano apparire ovvie e scontate di questi tempi  non sono quasi mai scritte, lette, raccontate. Il fascino della scrittura di Pazzaglia è tutto qua, nel rapporto con il quotidiano, con la terra, gli affetti, la semplicità delle piccole cose. Dei piccoli gesti.

È un libro piacevole che affascina col suo incedere pigro degli eventi. La forza di Pazzaglia sta proprio nell’aver saputo cogliere e ben rappresentare la gestazione del processo mentale che travolge, suo malgrado, il pacifico protagonista del romanzo trasformandolo da felice campagnolo in vero detective.

Il personaggio di Leonardo Del Sapio è fresco, umano, molto originale ed estremamente credibile. I suoi valori sono quelli classici della famiglia, dell’amore, dell’amicizia e sono mostrati senza retorica e falso perbenismo. Il linguaggio per esprimere questi concetti è essenziale, calibrato e al contempo nostalgico. Un ottimo mix. Trascrivo da pag. 13 una riflessione dell’autore sull’amico morto che esprime perfettamente il dramma dell’indifferente incedere del giorno a dispetto del dramma personale. “… Il senso dell’assurdo che accompagna la morte delle persone ancora sane l’aveva seguito per tutto il giorno, spesso nella vigna in maglietta e pantaloni da lavoro, sotto un sole vivo che pareva, dopo gli scrosci dei giorni scorsi, non volersi più riposare”. E poi ancora da pag. 14 la riflessione di Del Sapio sull’amico scomparso che oramai non vedeva da tempo: “….Era quasi un estraneo oramai, crediamo che l’amico resti lì ad aspettarci e di poterlo ritrovare in ogni momento, ma ogni giorno nuove cose lasciano i loro resti di colori e polvere ad otturare i vecchi canali di comunicazione per cui bastava un gesto o uno sguardo per capirsi. Si rimane un po’ a combattere per cercare di trovare la chiave, la parola, il lessico per riattivarli, poi con tristezza si capisce che restano solo i ricordi e quel fondo di rispetto e malinconia per ciò che ci siamo dati, per ciò che siamo stati….”.

In definitiva un ottimo esordio per Andrea Pazzaglia ed un nuovo protagonista quello di Leonardo Del Sapio, indubbiamente bucolico, ma tanto umano, e che spero di poter rincontrare ancora.

Leonardo potrebbe essere ognuno di noi se solo avessimo il coraggio di buttare la nostra valigia 24 ore in un fiume e andare a vivere in campagna coltivando la terra per un ottimo vino.

 “Lasciare la noia talvolta è più difficile di affogarci”.

Ivo Ginevra

 
 
 

LA GIOSTRA DEI CRICETI

Post n°10 pubblicato il 15 Settembre 2010 da ginevraivo
Foto di ginevraivo

Manzini riesce a farti respirare l'aria della periferia degradata, con le sue miserie, ambizioni, atmosfere e odori. Ti attacca sulla pelle la speranza di chi vuol cambiare vita ad ogni costo, a prescindere dal prezzo da pagare, fosse anche la vita stessa l'ultimo prezzo. Guarda all'amore fraterno come un valore certo e lo tradisce come spesso avviene nella quotidianità giornaliera. Nel romanzo colpisce la descrizione effettuata dal Manzini, della voglia di un delinquente anti eroe, di anelare ad un’esistenza fatta dalle tradizionali certezze dei valori comuni (amore, famiglia), fino a trasformare un essere dalla condotta deprecabile, in simbolo di un immaginario riscatto con rinascita. Libro veramente gradevole! Ricco di una vena creativa piena di colpi di scena nella migliore tradizione del thriller.

Da leggere.

Ivo Tiberio Ginevra

 

 
 
 

L'UCCISORE DI OMBRE

Post n°9 pubblicato il 15 Settembre 2010 da ginevraivo
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Ho letto con piacere questo libro e devo dar merito al suo scrittore, di essere riuscito a creare il prototipo del killer per antonomasia, coniugando alla perfezione l’esigenza letteraria con l’introspezione psicologica, e questo fin dall’inizio, partendo proprio dal suo aspetto fisico “…. lo sguardo anonimo, il volto insignificante. Un uomo normale. Statura media. Corporatura asciutta. Capelli castani tagliati in modo poco vistoso, abbastanza corti ma non rasati. Vestiario sobrio. Niente segni particolari. Niente accento. Invisibile”.

Perfetta e stimolante appare l’analisi che il personaggio fa di se stesso nella ricerca delle radici assassine: “…non bastano l’avvilimento e la nausea a dar ragione o a rendere accettabile e comprensibile una condotta come la mia. Eppure è da lì che tutto comincia ….. mi resi conto che l’alternativa all’annichilimento graduale di una esistenza monotona e assurda era ed è l’altrettanto assurda, ma consapevole, scelta di fare quello che nessuno vuol fare”.

Indubbiamente apprezzabile è la sua forza: Nella mia normalità. Nell’insignificanza del mio aspetto risiede tutto il mio potere. Mi sento invincibile”. “ Mi sento bene. Solo come sono. Senza prospettive, senza domani, senza legacci, senza vincoli, senza regole. Quei dannati burocrati dovrebbero provare come ci si sente ad essere me”.

La sua professionalità: “Tutta la mia attività si basa sul calcolo. Sulla programmazione e la previsione. Sulla consapevolezza dei potenziali pericoli. Sull’assunzione dei rischi calcolati”. ….”Sono una scheggia di perfezione e di integrità. Sono l’esempio di rettitudine in mezzo all’approssimazione, alla distrazione alla disattenzione”.

La sua visione filosofica della vita: “Ho smesso di temere per la mia vita quando ho smesso di credere che avrebbe avuto un senso”.

La sua consapevole analisi: “Non c’è odio, in me. Non c’è rabbia. Non c’è desiderio. Non c’è sentimento né passione”.

Il suo humour: “Per i sicari dovrebbero esserci dei tabelloni come per i pugili. Vinte, perse, ko. Solo che per noi appena una è persa finisce il gioco. E tutte le vittorie sono per ko”.

Antoine è un Killer perfetto!

Bella è la storia. Asciutto e calzante il modo di raccontarla.
A Giorgetti va il merito di aver creato un personaggio con un’introspezione completa, anche se criminale. Di perfetto criminale!
L’unico neo, ma piccolo, sta nell’essersi prolungato in una ricerca di: “come è cominciato tutto”. A mio avviso questa interruzione ha dato una leggera discontinuità all’azione del killer, che alla fine riprende vigore con gli ultimi capitoli nel perfetto stile del romanzo noir.
Ivo Ginevra

 

 
 
 

IL DIAMANTE DI PEALE (ERYTHRURA PEALII)

Post n°8 pubblicato il 16 Agosto 2010 da ginevraivo
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Articolo di Ivo Ginevra per Alcedo

Le recenti catalogazioni del Diamante di Peale (Ziswiler 1972), lo collocano all’interno del genere Erythrura, e precisamente nel sottogenere Acalanthe, insieme al Diamante pappagallo, Diamante reale e Diamante di Samoa.
Altri studi che basano la loro sistemazione sulle differenze di morfologia e comportamento, facendo rientrare questi Estrildidi in due grandi gruppi geografici, lo posizionano fra i Diamanti Melanesiani a testa rossa, genere Amblynura, unitamente al D. pappagallo, D. reale e D. Samoa.
Per altri studiosi il D. di Peale è classificato come una semplice sottospecie del Diamante pappagallo, insieme ai D. reale e D. Samoa.
La sua collocazione geografica è negli arcipelaghi dell’oceano Pacifico, precisamente nelle Isole Figi, dove il clima è tropicale, con escursioni termiche caldo umide, dovute alla abbondanza della pioggia stagionale.
L’habitat del diamante di Peale è quello tipico delle foreste indonesiane, intervallate da praterie e savane erbose.
La struttura è proiettata alla vita nel folto dei rami, dove soddisfa le sue esigenze alimentari, nutrendosi di gemme ed infiorescenze di fichi selvatici, che sguscia anche a testa in giù, bilanciando la postura verticale con la coda, tipicamente corta.
Si è adattato anche agli squilibri della natura imposti dall’uomo e sovente si spinge nelle zone coltivate a far incetta di riso e sorgo, senza nutrire alcuna paura per l’uomo.
Oltre che di graminacee ed erbe prative, durante il periodo della riproduzione si nutre anche di larve ed insetti, per il bisogno di apportare proteine di natura animale ai suoi nidiacei.
La taglia oscilla fra 9-10 centimetri ed il dimorfismo dei due sessi è particolarmente accentuato durante la fase riproduttiva.
Il maschio ha una maschera facciale di un rosso acceso, interrotta dal nero della zona del sotto becco e dalla striscia dell’occhio. La gola e l’alto petto sono della tipica colorazione blu cupo che si trasforma in azzurro sfumato per tutta la restante parte del torace. Ad eccezione del codione e penne caudali di un colore rosso scuro, il resto delle piume sono verdi. Il becco è nero, mentre le zampe sono scure.
La femmina ha i colori un pò scoloriti soprattutto nel basso ventre. Il blu del petto è meno esteso rispetto al maschio.
I giovani sono di un colore verde-bruno pallido, privi del rosso in testa e col becco giallo corneo.
Il nido è costruito a circa 4 – 6 metri d’altezza, dove la vegetazione degli alberi è più fitta e consiste in una forma tondeggiante dotata di un piccolo ingresso.
Depongono dalle 3 alle 4 uova per covata.
La stagione riproduttiva dura, per tutto l’anno, ma raggiunge il suo massimo nel periodo estivo.

 

L’ESPERIENZA RIPRODUTTIVA DI MASSIMO MORINI

- E allora Massimo, raccontaci com’è andata con il Diamante di Peale.
- Da dove cominciamo?
- Ma, chiaramente dall’inizio!
- Allora…. C’era una volta il…
- Hem! Hem!
- Magari faccio qualche domanda.
- Ok!
- Allora vado a raffica.
- Prontissimo.
- Dove alloggi le coppie del Peale durante la fase riproduttiva?
- In gabbie da 120 o 90 cm..
- Che tipo di nidi utilizzi?
- Quelli in plastica comunemente in commercio, perché sono comodi, facili da pulire ed accettati di buon grado dai nostri amici.
- Dove li metti?
- Sul frontale esterno e qualche volta, per le coppie difficili, anche all’interno della gabbia.
- Quale materiale da nido fornisci?
- Di solito aiuto la coppia a realizzare il nido, facendo una base con dell’erba secca, e poi grossolanamente lo riempio con materiale in sisal, filamenti assortiti ed a disposizione fornisco juta con fibre di cocco. All’inizio è il maschio a manifestare interesse per il nido cominciandolo a preparare secondo le esigenze, ma è la femmina che si occupa dei particolari di rifinitura.
- E sul corteggiamento cosa mi dici?
- Non l’ho mai visto. Anzi, ritengo che il Peale sia meno esuberante del suo cugino Kittlitz, infatti, non ha il canto di quest’ultimo e credo che debba coprire la femmina all’interno del nido, proprio come fanno i Diamanti di Gould. In verità, non ho mai notato da parte del maschio, delle forme di corteggiamento comuni agli altri Estrildidi, per intenderci tipo quelle con il classico sfilaccio tenuto nel becco.
- Deposizione?
- Regolare! In genere sono tre o quattro uova. Io le sostituisco ogni giorno con quelle di plastica, proprio come si usa fare con i canarini, per consentire l’inizio dell’incubazione a tutte contemporaneamente. Ho pure notato che hanno una forma tondeggiante, ma i poli riescono a distinguersi. Piuttosto direi che non tutte le uova sono feconde e non è rara la covata con un solo pullus.
- Cosa somministri per favorire la formazione dell’uovo da parte della femmina?
- Il Peale non presenta particolari difficoltà di questo tipo, in ogni caso uso gritt, carbone vegetale ed un polivitaminico ricco d’aminoacidi.
- Niente osso di seppia?
- No. Non lo uso. Solo per i casi dove è indispensabile un aiuto, somministro del gluconato di calcio, direttamente nel becco, ma vi raccomando di non esagerare. Io, sono in linea di massima contrario alle forniture di medicinali o similari, e nemmeno mi adopero nel trattamento pre-cova.
- A proposito di cova…quante covate?
- Tre, anche quattro utilizzando i Passeri del Giappone come balie. Non faccio mistero di ricorrere al loro aiuto, a partire dall’incubazione.
- A proposito d’incubazione….
- Dura mediamente dai 13 ai 15 giorni, dipende da quando la coppia di balie comincia a covare con dedizione.
- I pullus?
- Si presentano alla nascita completamente senza piume e sono color carne. Il pattern buccale è simile a quello dei Diamanti pappagallo, con i quattro puntini luminosi ai lati del becco; cambia, invece, la disposizione del disegno sul palato. Lasciano il nido a 22, 24 giorni e raggiungono l’indipendenza anche prima dei 50.
Distinguere i sessi dei giovani Peale è piuttosto difficile, perché le zone dimorfiche sono in formazione, vedi ad esempio: il colore verde molto spento, così come la velatura blu sul petto. Inoltre il rosso della coda è di tonalità mattone. Il sesso comincia ad evidenziarsi al 9°, 10° mese, proprio per l’aumento della colorazione blu nel maschio. In amore, invece, i D. di Peale sono facilmente distinguibili.
- Particolarità?
- Ho notato che crescono più velocemente rispetto ad altre Erythrure; in ogni modo, per aiutare lo svezzamento uso mettere a bella vista, nel fondo della gabbia, una ciotolina con dentro il comune misto per esotici e qualche leccornia.
- Qual è l’alimentazione per i nidiacei?
- È la stessa che uso per gli adulti, con il classico misto esotici del commercio oltre a della buona scagliola abbastanza appetita se somministrata in una vaschetta a parte. Ah! Dimenticavo: utilizzo anche dell’erba mazzolina, vari tipi di riso (grana verde, vestito, spezzato per cani), avena ed i semi condizionatori.
- Ed il pastoncino?
- Quello lo preparo da me, utilizzando a scelta dei prodotti reperibili in commercio.
- Fuori la ricetta!
- 1 kg. di pastone secco, 2 kg. di pastone morbido, 1 kg di mangime per pulcini primi giorni, 1 kg. di farina di riso biologica, 1 kg. di semolino di grano duro, 1 kg. di pastone per insettivori con uova di formica, 0,5 kg. di miglio giapponese + niger (4-1), 0,5 kg. di pastone alla frutta disidratato, 2 cucchiai di sale da cucina, alcuni di semi della salute con vitamine, sali minerali, gamberetti essiccati, 5 grammi per chilo di pastone di spirulina e 0,5 kg. di farina di cocco per insaporire il tutto.
- Alla faccia del pastoncino!!!
- Se per questo opero anche delle imbeccate supplementari con apposita siringa ed ago bottonuto. La logica sta nel fatto di non rischiare che i nidiacei siano ignorati dalle balie all’uscita dal nido; però non bisogna esagerare, parliamo d’Estrilididi e non di Fringillidi.
- In conclusione?
- Allevare il Diamante di Peale è un’esperienza esaltante, perché una volta superate le difficoltà, queste Erythrure, rispetto ai suoi congeneri, si manifestano molto curiose (seguono con interesse ogni operazione nel locale d’allevamento) e sono abbastanza confidenti con l’uomo. Non è da escludere che, possano anche mostrare un’affezione verso l’allevatore, specialmente se questi le vizia con dei fichi (anche secchi), di cui appetiscono particolarmente i piccoli semi.

Per finire quest’articolo, poiché l’esperienza comincia e finisce in:“..ini”, non potevo esimermi dal chiedere l’ultimo consiglio al decano degli allevatori : Tonino Piccinini.
- …e cosa dirti, caro Ivo, più che consigli…raccomandazioni.
Innanzi tutto il Diamante di Peale è un uccellino che ha una forte tendenza ad ingrassare, quindi deve essere alloggiato in contenitori spaziosi per consentirne il volo e con una dieta alimentare povera di proteine nel periodo di riposo. In tal modo il maschio non aumenterà di peso e riuscirà ad aggallare le uova durante la fase della riproduzione. Il pastoncino pertanto va somministrato una sola volta a settimana e per uso giornaliero.
Poi raccomando l’impiego del bagnetto a volontà per consentire al Diamante di Peale di mantenere il piumaggio pulito ed in perfetta efficienza, trattandosi d’Erythrurini in piena regola.
- Ed in fine?
- Anche se molti colleghi sono contrari…. Consiglio di somministrare un antibiotico a largo spettro dal 3° al 10° giorno di vita dei nidiacei per evitare brutte sorprese e poi non deve mai mancare un buon complesso polivitaminico per cinque giorni al mese.

Ivo Ginevra

 
 
 

IBRIDO DI NONNETTA MINORE PER PASSERO DEL GIAPPONE: UN IBRIDO SCURO PIENO DI FASCINO

Post n°7 pubblicato il 16 Agosto 2010 da ginevraivo
Foto di ginevraivo

 Pubblicato su Italia Ornitologica n. 5 anno 2000

L' ibrido di Nonnetta minore per Passero del Giappone non presenta particolari difficoltà nella sua realizzazione pratica, infatti, il maschio di Nonnetta minore si adatta facilmente alla vita captiva ed insieme alla femmina di Passero del Giappone è anche un bravo imbeccatore della prole evitando, con tale comportamento il fastidioso ricorso alle balie. Inoltre i due uccelli in questione sono anche geneticamente molti vicini e di temperamento molto simile e "caldo", pertanto i due partners si accettano reciprocamente e senza particolari difficoltà. Una ibridazione facile, quindi, ma non per questo priva di fascino ed interesse, anzi l'ibrido in oggetto è per forma, colori e temperamento, molto accattivante, non scordiamoci che la Nonnetta minore è conosciuta anche con il nomignolo di "Diablito" e da un uccellino così soprannominato, certamente qualche cosa di affascinante deve per forza venire fuori.
L'unico vero problema nella realizzazione di questo ibrido è quello di confermare quei particolari criteri di attrazione e bellezza ad un soggetto che sarà inevitabilmente di colore scuro e che difficilmente attirerà l'attenzione di un distratto allevatore o lo sguardo svogliato di un semplice "visitatore di mostre", generalmente vagante fra i pannelli alla ricerca dell'ibrido "colorato" o da "fantascienza".

L'obiettivo dell'ibridista che si cimenta in questa avventura è chiaramente quello di trasportare nelle sue "creature" le migliori caratteristiche delle due specie, pertanto il "sognatore" deve assolutamente ottenere quel tipico riflesso verde bronzato che ha la Nonnetta minore sulla testa, nella gola ed ai lati del petto. In poche parole deve riuscire a trasferire questo splendido cappuccio del "Diablito" sulla "creatura". Ovviamente, per ottenere un soggetto con questa spettacolare caratteristica, l'ibridatore deve saper scegliere un maschio di Nonnetta minore particolarmente "brillante" ed una femmina di Passero del Giappone nero-bruno con il massimo dell'ossidazione, dall'espresione nera e chiaramente con un cappuccio molto regolare. Soltanto scegliendo bene i genitori con queste primarie caratteristiche si può avere nel costruendo ibrido, il cappuccio verde bronzato dei sogni.

L'altra peculiare caratteristica che deve possedere la "creatura" è data dal Passero del Giappone e precisamente dalla sua cosa più bella: il disegno del ventre a "lisca di pesce".Appare quindi ovvio che la scelta della femmina di Passero del Giappone deve cadere su un soggetto che possieda un disegno regolare, ben delineato e possibilmente stretto e più esteso possibile, questo perché deve riuscire ad imporsi sul bianco della Nonnetta e combinarsi in un disegno regolare con le striature nere poste ai lati del ventre della Lonchiura cucullata a proporzione nella forma e taglia è il terzo elemento di bellezza che l'ibrido deve necessariamente possedere. L'ideale è quello di avere un soggetto di taglia intermedia rispetto a quella dei genitori, ma ovviamente tondeggiante e armoniosa come quella della madre con un atteggiamento sveglio e scattante come quello del padre "Diablito". Un becco nero ardesia su di una graziosa testolina, un piumaggio serico e brillante ed una ossidazione generale, ben localizzata sulle zampe completano l'elenco delle particolarità necessarie a non far passare inosservata questa "creatura".Se si avrà la fortuna di osservarla attentamente alla luce del Sole, si capirà la bellezza e la magnificenza dei colori e dei suoi riflessi "cedroni".

Devo anche segnalare per completezza di trattazione, l'alto numero di uova feconde che è in grado di produrre la coppia dei genitori con l'ovvia possibilità di formare, ai fini delle esposizioni, anche degli stamm che indubbiamente lasceranno di stucco i giudici competenti e tutti gli allevatori del settore. Inoltre, è anche facile avere dagli f1 uova feconde e così poter aprire le porte alla realizzazione di programmi di allevamento anche ambiziosi.

Concludendo, posso affermare che questo ibrido, anche se non appariscente e di difficile realizzazione, ha il grande fascino accattivante e ricercato del "nero" e quando dico questo penso ai numerosi allevatori che ormai da un ventennio si cimentano nei tentativi di dare origine all'agognato canarino nero. Tutta questa ricerca, infatti, mi porta ad affermare che il "nero", in fin dei conti è bello, piace ed attrae anche molto, ma se a qualche lettore verrà in mente leggendo queste parole che io possa aver fatto un'allusione o propaganda politica al tradizionale colore nero della destra politica, mi si lasci dire per "parcondicio" che il bello di questa ibridazione sta nel fatto che i genitori della "creatura", sono degli uccelli appartenenti alla tradizionale "rossa" classe operaia dei lavoratori ed avendo un prezzo di acquisto decisamente basso è alla portata di tasca di tutti gli allevatori indipendentemente dal colore politico rosso o nero.

 
 
 

IL DIAMANTE FETONTE

Post n°6 pubblicato il 16 Agosto 2010 da ginevraivo
Foto di ginevraivo

Il “Diamante Fetonte”, ovvero:
“Che fetente questo Fetonte!”.

L’esperienza riproduttiva del Diamante Fetonte di Alessandro Cinti

Pubblicato su Alcedo n. 36/2008

GINEVRA – Perché il Diamante Fetonte?
CINTI – Perché è un uccellino bello e difficile. Ai limiti delle possibilità di riproduzione nei nostri allevamenti amatoriali.
GINEVRA – Una sfida?
CINTI – Cercavo qualcosa davvero complicata per misurarmi con me stesso. Per allungare i limiti della mia conoscenza d’allevatore e soprattutto, per vedere come sarei riuscito ad affrontare una così ardua sfida, con una specie di cui si conosce poco e nulla sulla sua riproduzione in gabbia.
GINEVRA – Com’è cominciata?
CINTI – Per caso e grazie ad Arturo Franchi, un mio amico, che dopo aver tentato invano di riprodurli mi ha ceduto la sua coppia.
GINEVRA – ….e l’hai fatto incavolare.
CINTI – Diciamo che ufficialmente è stato molto contento della mia performance, poi….
GINEVRA – Raccontala!
CINTI – Ho iniziato con un po’ di cautela e molta circospezione perché sapevo del carattere poco affidabile del maschio Fetonte, infatti, l’anno prima avevo potuto verificare personalmente tutte le teorie degli allevatori che lo vedono abbastanza violento durante il periodo degli amori.
GINEVRA – Violento?
CINTI – Sì! Brutale fino al punto di uccidere la femmina, addirittura sventrandola. E tutto inizia all’improvviso. Senza alcun’avvisaglia premonitrice. Lo lasci la mattina bello tranquillo in gabbia che canticchia, o magari affettuoso con la sua compagna e lo ritrovi al pomeriggio sporco di sangue dopo averla massacratata.
GINEVRA – Una specie di Dottor Jekyll e mister Hyde.
CINTI – Peggio. Jack lo Squartatore.
GINEVRA – Un uccello mannaro australiano in Emilia Romagna.
CINTI – Praticamente un Fetonte!
GINEVRA – Che fetente questo Fetonte!
CINTI – La femmina di contro, non mostra alcun segno d’aggressività, quindi la violenza è insita nel maschio e si manifesta senza alcuna provocazione durante il periodo degli amori.
GINEVRA – Un raptus?
CINTI – Credo di sì! E’ indubbio che se vuole accoppiarsi e la femmina non è ancora pronta, comincia a rincorrerla per tutta la gabbia finché, una volta sfinita dalla stanchezza, la pianta in un angolo e la uccide ferocemente.
La musica non cambia anche quando ha i piccoli, anzi, in questi casi meglio evitare le stragi, perché i giovani e i pullus stimolano ancora di più il suo istinto territoriale. La miscela delle due combinazioni: voglia di accoppiarsi e difesa del territorio, fanno esplodere la sua aggressività che diventa devastante. Alcuni allevatori per ovviare a questo lato oscuro del suo carattere, praticano da anni il taglio delle remiganti, nella parte centrale. In tal modo l’uccellino può attendere alle sue mansioni quotidiane, compresa quella della copula, ma avendone rallentata la sua capacità di volo, non riesce a perseguitare la femmina che può sfuggirgli sebbene con notevoli difficoltà.
GINEVRA – Può darsi che sono le dimensioni ristrette del contenitore a stimolare la sua aggressività?
CINTI – Non penso. Ho degli amici che hanno provato a riprodurlo in grandi voliere e il fenomeno si è ripresentato puntualmente, se poi pensiamo che non si parla d’uccellini di cattura, ma di volatili che da anni si producono in cattività a causa del blocco delle importazioni, allora il discorso diventa davvero scoraggiante.
GINEVRA – E quindi, cosa conviene fare? Cosa consigli per ovviare a queste difficoltà?
CINTI – Innanzi tutto, tenete il maschio più occupato possibile con attività che lo distraggono, perché ritengo la noia e la ripetitività della vita all’interno del contenitore, delle concause atte a stimolare la sua aggressività, quindi, ponete rimedio e inserite delle spighe di panico, fette biscottate, o qualsiasi cosa utile atta a farlo desistere impegnandolo con laboriosità.
GINEVRA – Tutto qua?
CINTI – Poi prediligete le femmine mature a quelle più giovani, perché l’esperienza in questi casi aiuta molto.
GINEVRA – Cosa intendi per femmine mature? Generalmente si preferiscono sempre quelle più giovani.
CINTI – Con il Fetonte è meglio fare al contrario, inoltre ho potuto costatare la fecondità della femmina anche al quarto anno di vita….quindi meglio non aver fretta.
Per concludere è meglio disporre di più femmine per dare la possibilità al maschio di poter scegliere quella che preferisce maggiormente, vigilando sempre sugli scatti di pazzia. E’ una pratica che suggerisco perché una coppia affiatata si riproduce molto meglio, però bisogna sempre stare all’erta, dato che non ci sono garanzie; solo un po’ di tranquillità.
GINEVRA – Ma c’è qualcosa di buono su questi Fetonte?
CINTI – Certo! Superate queste difficoltà dovute all’intemperanza del maschio, poi fila tutto liscio. La femmina accetta di buon grado il nido di plastica per esotici con finestrella d’ingresso, posto sul frontale e lo rifinisce con qualunque materiale. Io però, li aiuto imbottendo il nido e lascio alla coppia il compito di rifinirlo con fibre di cocco e sisal. Sconsiglio la comune juta perché la considero molto riscaldante. Le uova sono deposte senza alcuna difficoltà e con una certa frequenza, trenta-quaranta anche in una sola stagione cove e per di più quasi tutte feconde. Quando alleva la sua prole, accetta di buon grado qualunque alimento somministrato sia di natura proteica vegetale che animale, ma consiglio di passare tutto a delle efficienti balie di Passero del Giappone, proprio per evitare le trasformazioni in mister Hyde da parte del maschio in calore, che potrebbero improvvisamente manifestarsi, nella strage profetizzata.
GINEVRA – Quindi tenuto a bada il maschio, tutto procede senza problemi.
CINTI – Praticamente sì! Il Diamante fetonte possiamo considerarlo una specie robusta a patto che superi tranquillamente la muta, già di per sé lunga anche per gli adulti; infatti non capita di rado che questa s’interrompa a metà della colorazione. Mi sembra opportuno che in questa fase l’uccellino sia aiutato con i soliti tradizionali sistemi a base d’aminoacidi, vitamine ecc..
GINEVRA – Allora con il Diamante Fetonte non si può mai stare tranquilli!
CINTI – Proprio per questo lo allevo! Per superare i miei limiti. È una sfida continua.
GINEVRA – Che fetente questo Fetonte!
CINTI – Sì ma noi uomini riusciamo ad essere di gran lunga peggio di lui. In fin dei conti le sue violente sparate sono dettate dall’istinto, nonché dagli imprescrutabili disegni della natura. L’uomo no! Agisce nel male e sempre con la dovuta coscienza.
GINEVRA – Così come altrettanto coscienziosamente ha distrutto e continua a distruggere l’habitat naturale in cui vive il nostro uccellino.
CINTI – Retorico, ma reale.

Ivo Tiberio Ginevra

 
 
 

IL CORDON BLEU

Post n°5 pubblicato il 16 Agosto 2010 da ginevraivo
Foto di ginevraivo

Pubblicato su Alcedo n. 39/2008


NOME SCIENTIFICO : Uraeginthus bengalus


SOTTOSPECIE : Uraeginthus bengalus katangae (Angola e Zambia) - Uraeginthus bengalus ugogoensis (Tanzania) - Uraeginthus bengalus littoralis (Somalia, Kenya e Tanzania) - Uraeginthus bengalus brunneigularis (Kenya).


IDENTIFICAZIONE : sessi dimorfici. Il maschio possiede un azzurro più marcato rispetto a quello della femmina che iniziando dalla testa si estende nella gola, petto, fianchi e codione, fino a ricoprire interamente le timoniere piuttosto lunghe in proporzione al corpo. Ha nelle guance due macchie rosse a semiluna identificative della specie, mentre dorso, collo ed ali sono di un carico grigio bruno. Il ventre è della stessa colorazione del dorso, ma piuttosto sbiancato. Il becco è rosso violaceo con l’attaccatura alla testa di colore più sbiadito.
La femmina è totalmente priva delle macchie rosse sulle guance.
Alla schiusa i pullus si presentano ricoperti da un folto piumino grigio e con un "patten buccale" abbastanza caratteristico che li distinguono con facilità dagli altri congeneri, inoltre sono ben visibili ai lati del becco, delle fluorescenze azzurrognole individuabili dai genitori anche nella penombra del nido e ciò per facilitare l'imbeccata.

HABITAT E COMPORTAMENTO : E’ distribuita in tutto l’areale Africano, compreso fra la zona equatoriale e quella tropicale. Particolarmente numeroso in Senegal, Mauritania, Ghana, Camerun ed Angola. Il suo habitat è abbastanza vario: si distribuisce fra praterie e foreste, con preferenza per gli alberi di Acacia, ed è presente anche in zone dal clima particolarmente secco, nonché nei villaggi, giardini e coltivazioni.
In genere vive solo, in coppia o in piccoli gruppi frammisti con altri uccelli. Nella stagione degli amori tende ad isolarsi dai suoi conspecifici.
ALIMENTAZIONE : il Cordon blu è essenzialmente un granivoro che integra la sua dieta quotidiana con larve e piccoli insetti. Fra questi, termiti, formiche e qualche piccola cavalletta, che riesce a catturare anche in volo.

RIPRODUZIONE : La riproduzione in cattività non riserva particolari problemi. Il pratico nido a cassetta per esotici è tranquillamente accettato, così come il materiale di rivestimento; la comune juta è addirittura preferita ai prodotti più sofisticati. Il nido è in prevalenza costruito dalla femmina, mentre il maschio, in questa fase lotta nella difesa del territorio.
Il corteggiamento è quello tipico della maggior parte degli Estrildidi, infatti, il maschio tenendo stretta una pagliuzza all'estremità del becco, gonfia le piume del petto, esibendosi in una danza fatta di rapidi movimenti dall’alto verso il basso, ma sempre saldamente attaccato al posatoio.
La coppia una volta affiatatasi sarà molto dedita al nido, alla cova ed allevamento dei piccoli.
L’incubazione dura in media dai 12 ai 13 giorni ed è quasi ad esclusivo carico della femmina. Il maschio collabora poco perché sempre impegnato nella vigilanza del sito riproduttivo.

 

NOTE : Durante la stagione degli amori i maschi Cordon blu diventano particolarmente territoriali ed aggressivi verso qualunque specie sosti nelle vicinanze del nido dimostrando di non avere alcun timore anche nei confronti d’uccelli con taglie superiori alla loro.
In cattività si è notata una fatica delle femmine nella formazione del guscio delle uova, quindi per evitare questo problema in grado di degenerare fino alla morte del soggetto, è indispensabile fornire una vera "tempesta" di sali minerali, gritt, sabbia ed ossi di seppia che, talaltro, risultano anche appetiti in grandi razioni.
Giova pure ricordare che questa specie abbisogna (particolarmente nei primi giorni di vita) di un’integrazione proteica di natura animale. Le tarme della farina o le uova di formica andranno più che bene, ma se ciò non è possibile per vari motivi allora sarà opportuno abituare per tempo la coppia e le balie a nutrirsi con un pastoncino molto proteico, possibilmente di tipo morbido, stemperato con uno per insettivori. Inoltre, semi germinati o immaturi, grano rinvenuto nell'acqua ed uovo sodo non dovrebbero mai mancare, perché questa specie è in grado di allevare molto bene se ha a disposizione tutto quanto possa servirle per alimentare i piccoli.
La richiesta di cibo da parte dei pullus non è molto insistente, anzi è abbastanza delicata, perciò bisognerà necessariamente controllare i genitori nelle loro mansioni, anche nel caso i piccoli siano stati affidati a delle balie di Passero del Giappone.
I giovani forniti di un piumaggio grigio ed azzurrognolo simile a quello materno assumono il pieno colore intorno al 4°- 6° mese di vita.

Il Cordon blu è indubbiamente uno degli uccellini africani più rustici e facili da tenere in cattività, sia per le sue scarse pretese alimentari, (un semplice misto per esotici con prevalenza di miglio e panico andrà più che bene) sia per le grandi capacità d’adattamento a qualsiasi temperatura. Il carattere vivace ed il bellissimo colorito azzurro lo rende un ospite gradito negli allevamenti amatoriali.
Ivo Ginevra

 
 
 

IL DIAMANTE COLORIA (Erythrura coloria)

Post n°4 pubblicato il 16 Agosto 2010 da ginevraivo
Foto di ginevraivo

Articolo di Ivo Ginevra per Alcedo


L’ESPERIENZA RIPRODUTTIVA DI GIUSEPPE CAMPO

Dalle stesse zone dove hanno avuto ambientazione televisiva le celebri fiction del Commissario Montalbano con Luca Zingaretti; immerse in quella terra di Sicilia ricca di sole, barocco, e genuina ospitalità, il mio amico Pippo, ha fatto centro ancora una volta, riproducendo una specie rara e del tutto insolita per queste latitudini: il Diamante coloria.
- Avevo provato già a partire dall’anno scorso, ma senza successo, quest’anno invece con i dovuti correttivi ed un po’ di fortuna, ho portato a termine tre covate.
- Intanto presentati ai lettori!
- Giusto.
- Nome.
- Giuseppe Campo, Pippo per gli amici.
- Età?
- 42 anni.
- Professione?
- Pasticciere. Ora non per vantarmi, ma sono il migliore in tutta la Sicilia.
- Allevatore?
- Da sempre, ma diciamo da un quindi anni iscritto alla F.O.I..
- Specialità?
- Pasticcini al burro, al cioccolato e soprattutto dolci con la ricotta.
- Per specialità intendevo razze allevate, non tipologie di dolci!
- Ok! Scusa, ma come li faccio io, i biscotti al burro …
- Bene gentili lettori, chiudiamo qui l’intervista a Pippo Campo circa la sua esperienza d’allevamento con il Diamante coloria, per manifesta pubblicità della propria attività lavorativa.
- Scusatemi, ma il fatto è che io sono innamorato del mio mestiere e ne parlo sempre con tutti, però la stessa cura e piacere che ripongo nel preparare un dolce, la trasmetto sugli uccelli con lo stesso entusiasmo.
- E dopo questa sviolinata, passiamo ai coloria. Allora raccontaci com’è andata.
- Innanzi tutto voglio spronare gli amici che ci leggono ad allevare questo splendido Estrildide, anche perché a differenza dei suoi cugini D. Kittlitz, D. Tanimbar, D. di Papua, è molto calmo e si lascia osservare senza scomporsi. Un po’ come il D. di Peale, e questo è un gran vantaggio per l’allevatore che vuole partecipare alle mostre, perché l’uccellino, evitando di sfregare in continuazione il già setoso piumaggio sulle sbarre della gabbia, aumenta considerevolmente la possibilità di essere esposto in perfetto ordine. 
Inoltre, il suo docile carattere, lo porta nel tempo a non avere alcun timore per le persone e questo fa sì, anche da parte dell’uomo, che s’instauri un rapporto d’affezione sfociante nel viziare i soggetti.
Io trovo molto distensivo coccolarli facendogli variare la loro dieta alimentare, infatti, oltre ad un buon misto per esotici del commercio, ad una mangiatoia di sola scagliola che somministro a parte, non gli faccio mancare a giorni alterni, l’erba mazzolina, i semi della salute con aggiunta di molta cicoria, ed il riso vestito che sbucciano con facilità.
Apprezzano anche un pastoncino del tipo semi-morbido, le comuni tarme della farina, e specialmente i più piccoli, la spiga di panico, che li aiuta molto nella fase di svezzamento.
Ma la cosa che gradiscono soprattutto, e che non faccio mai mancare, è l’acqua per le abluzioni quotidiane. Posso dire che ultimamente hanno cominciato a lanciarsi nel bagnetto mentre ancora tengo il recipiente in mano. Ogni volta non posso far a meno di sorridere osservando queste piccole cose, e permettetemi di dirlo, mi sento ripagato di tutta l’attenzione che dedico loro, anche perché riescono a farti evadere dalle brutture della vita giornaliera, e ti rilassano aiutandoti. Diciamo pure “Pet Terapy quotidiana”.
- Come mai hai scelto i coloria?
- La mia passione sono i Diamanti mandarino, pertanto il mio allevamento è composto in linea di massima da coppie di “diamantini”, però ogni anno introduco due o tre specie esotiche particolarmente rare o difficili, proprio per il piacere che provo nel cimentarmi nelle novità, quindi mi è venuto in mente il Diamante coloria ed ho provato!
Devo dire, che tranne il primo anno dove i piccoli mi morivano dopo qualche giorno di vita, questa volta mi è andata fin troppo bene. Di certo aver variato l’alimentazione integrandola proteicamente, e un breve ciclo di terapia pre-cova, sono state le carte vincenti. Poi l’esperienza ha fatto il resto.
- In che senso?
- Semplice! Appena mi sono accorto che le coppiette di coloria si erano affiatate, e cominciavano a manifestare i segni d’estro amoroso, li ho tolti dalla voliera passandoli in gabbie di 60 ed anche 45 cm., in modo tale che potessero concentrarsi solo alla riproduzione. I maschi emettevano un canto simile ad un ronzio, tipo (non mettetevi a ridere) vibrazione di un cellulare e corteggiavano la femmina impegnandosi per breve tempo, a tenere la postura della coda orizzontale, ondeggiando sul posatoio.
Non mi sono accorto degli accoppiamenti, nonostante la natura tranquilla della specie, pertanto credo che questi si svolgono all’interno del nido, inoltre non li ho mai visti effettuare parate nuziali tenendo qualche stelo nel becco.
Come nidi hanno usato quelli comunissimi di plastica che io ho sistemato esternamente sul frontale, riempiendoli di juta.
Tutte le coppie hanno gradito quest’intelaiatura e poi l’hanno rifinita all’interno usando solo questo materiale, nonostante avessi messo a loro disposizione anche un vasto assortimento d’altre fibre, cocco compreso.
I coloria si sono dati un gran da fare dentro i nidi, lavorando la juta fino a formare una compatta imbottitura con un piccolo corridoio interno ed una camera da cova. L’esterno è stato ricoperto fino a schermare perfettamente il minuscolo punto d’ingresso. Maschi e femmine hanno lavorato all’unisono ed è stato bellissimo vedere come rispondevano all’atavico richiamo della natura.
La cova è stata solo compito delle femmine che le ha impegnate con dedizione, mentre i maschi hanno trascorso i 14/15 giorni di questo periodo all’esterno, attendendo con indifferenza alle comuni mansioni giornaliere. Soltanto la sera si ricordavano di avere una casa, pardon, un nido ed una compagna e quindi le raggiungevano per andare a dormire.
L’uovo è quello tipico di questa specie d’Estrildidi, forse leggermente più piccolo e schiacciato ai poli.
Le femmine non hanno avuto alcuna difficoltà nella formazione del guscio calcico. Piuttosto voglio segnalare lo strano comportamento dei maschi che, insieme alle loro compagne, si sono abboffati di gritt ed osso di seppia, neanche se fare le uova era un compito che spettasse a loro!
Ah! Dimenticavo una cosa importante atta a non scoraggiare chi si cimenta nella riproduzione dei coloria. Le uova, purtroppo, sono generalmente due o tre e vengono deposte ad intervallo di un giorno, pertanto ritengo che questa condotta è da ritenere nella norma.
Le deposizioni alle nostre latitudini, avvengono da settembre a gennaio e
- Scusa Pippo, ma questa è un’intervista o una confessione?
- Ok, ma non è colpa mia. È il discorso della passione e dell’entusiasmo che facevamo prima a proposito dei dolci, che è venuto fuori. Allora fai le domande.
- E che ti devo dire, hai fatto tutto tu, ora continua!
- Nonostante, le uova siano state covate con attaccamento dalle femmine che davano una certa sicurezza per la buona riuscita della nidiata, ho preferito passarle alle mie collaudate balie di Passero del Giappone, qualche giorno prima della schiusa. 
Le balie hanno allevato con la loro consueta affidabilità, somministrando ai pullus tutto quanto ho fornito loro, ivi compresa una integrazione di origine animale che ritengo indispensabile per la giusta crescita dei coloria.
I pullus nascono nudi, color carne, forse un po’ più scuri e presentano i tipici tubercoli catarifrangenti agli angoli del becco. Piuttosto, a proposito del becco, ho osservato che è abbastanza largo e si può anche tentare qualche imbeccata con l’ago bottonuto, ma per questo, meglio parlare con gli specialisti, Morini o Cinti. Io nel timore ho preferito evitare, anche perché i Passeri del Giappone hanno allevato regolarmente.
I piccoli sono alquanto “mammolini”. Chiedono continuamente l’imbeccata ed inseguono i genitori adottivi per tutta la gabbia, fin dall’uscita del nido.
Il dimorfismo sessuale nei giovani è inesistente a tal punto da non consentire l’identificazione dei sessi, perché sono interamente ricoperti da un fitto piumino verde sbiadito, infiltrato di grigio e bruno. Le differenze fra maschio e femmina, invece, divengono percettibili solo dopo la muta che per fortuna è piuttosto rapida e non desta particolari problematiche.
Le diversità di sesso negli adulti, possiamo dire che non sono molto accentuate, ma osservando attentamente noteremo una minore estensione del rosso delle guance, o per essere precisi delle copritrici auricolari nella femmina rispetto al maschio, e lo stesso blu cobalto della maschera facciale femminea è meno dilatato del suo con specifico. Per il resto, le femmine adulte hanno il rosso delle penne del codione e delle sopracaudali, proprio come i maschi, così come il verde piuttosto intenso di tutto il resto del corpo. La taglia è piccola, 10 cm. circa, il becco è nero e zampe sono color carne. Non ci sono sottospecie e …
- Hem! Hem! Scusa Pippo. Dato il tuo entusiasmo, puoi parlare anche della biologia ed abitudini del coloria, allo stato libero, così l’articolo è bello e fatto.
- E come no? In natura il Diamante coloria vive nell’arcipelago delle Filippine, e precisamente nelle pendici montane dell’isola di Mindanao. Il suo habitat è ristretto, ed inospitale per l’uomo, perché formato da verdi foreste, intervallate da praterie con savane erbose.
Questo Estrildide è stato scoperto in epoca abbastanza recente, intorno agli anni sessanta e si è acclimatato bene alle nostre latitudini, sopportando senza difficoltà anche i disagi della trasferta.
Allo stato libero si nutre di semi di bambù e di graminacee che raccoglie sia dal terreno che direttamente dalla pianta, riuscendo a stare in equilibrio bilanciando la postura verticale con la sua coda corta e la sofficità del piumaggio. Durante il periodo della riproduzione cattura anche larve ed insetti, per il bisogno di apportare proteine di natura animale ai nidiacei.
Purtroppo la sua esistenza nei luoghi d’origine è seriamente compromessa per il sistematico disboscamento delle foreste, che mettono a repentaglio l’habitat naturale già estensivamente limitato. Questo problema è alquanto comune per tutti gli Erythurini che vivono in quelle zone e molti di loro, così proprio come il Diamante coloria, hanno lo stesso dramma di sopravvivenza.
Vorrei finire con un consiglio.
- Prego, prego. Hai fatto tutto tu, quindi ora concludi pure.
- Allora, è opportuno far svernare i coloria in dei gabbioni o voliere, proprio per impedire la naturale tendenza di quest’uccellino ad ingrassare, con il movimento forzato. Infatti, nello spazio ristretto tende inevitabilmente a divenire letargico, con sicure ripercussioni negative durante gli accoppiamenti. Solo in questa fase può essere alloggiato in gabbie di dimensioni minori.
- Bravo! Vedo che hai studiato. Sette più. Adesso regalami subito una coppia di coloria.
- Ma, neanche se ne discute! Li ho comprati carissimi. Se mia moglie venisse a sapere quanto ho speso, non mi guarderebbe più in faccia.
- Bene, allora cosa dai in cambio per il mio silenzio?
- Hei! Non si fanno questi scherzi!
- Ne sei proprio sicuro?
- Va bene. Va bene. T’incarto subito un vassoio di dolci alla ricotta.
- Si, ma di quelli belli grandi! Magari una coppia ….di vassoi.

Foto: www.canariculturacolor.com

 
 
 

IBRIDO DI DIAMANTE ZEBRATO X DIAMANTE MANDARINO.UN CLASSICO IBRIDO DA COMPETIZIONE

Post n°3 pubblicato il 16 Agosto 2010 da ginevraivo
Foto di ginevraivo

Pubblicato su Italia Ornitologica n°12 del Dicembre 2000

Personalmente considero l'ibrido di Diamante Mandarino per Diamante Zebrato (o Modesto) alla stessa stregua di quello che per gli appassionati allevatori di fringillidi è l'ibrido di Cardellino X Canarina.
Con ciò voglio dire nel linguaggio universale degli allevatori in genere, che l'ibrido in questione è estremamente semplice da realizzare ed è un "lavoro" che anche il neofita può facilmente eseguire. Il perché è facilmente intuibile in quanto i genitori dell'ibrido sono molto affini sia genetica-mente (non è un caso quello di avere nidi stracolmi di ibridi) sia etologicamente (stesse abitudini alimentari, stesso comportamento nell'allevare la prole, ecc. ecc.). Praticamente per gli appassionati di ploceidi è l'ibrido ideale per dare inizio a questa meravigliosa avventura nell'arte del sognare ed economicamente è anche alla portata di tutte le tasche. Il giovane allevatore sarà quindi entusiasta della quantità di ibridi creati ed inoltre, riuscendo ad esporre e divertirsi alle sue prime mostre, stimolato dalle vittorie anche nella categoria stamm, si avvicinerà sempre di più al mondo dell'ibridazione. Dal punto di vista squisitamente tecnico un bel soggetto è molto difficile da realizzare e vederne di belli alle mostre non è poi così facile, questo perché il D. Mandarino ha la tendenza a dominare il D. Zebrato data la moltitudine dei suoi disegni e colori che spesso in questa ibridazione riesce a manifestare in modo confuso poiché veramente difficili da combinarsi.Basti pensare a tal proposito che si è dovuta creare un'apposita scheda di giudizio per sottolineare la particolarità e la specificità del D. Mandarino.Pertanto trasferire tutti questi segni distintivi su un disegno che spicca per la sua linearità come quello del D. Zebrato non è assolutamente agevole da attuare e quindi è ovvio credere che la fortuna recita un ruolo essenziale nella mescolanza dei colori e dei disegni. Fortuna che ovviamente deve essere aiutata dalla ottima qualità dei riproduttori, con particolare riferimento alla taglia del D. Zebrato che negli ultimi anni è diventato il suo tallone d'Achille.Personalmente non mi stancherò mai di ripetere che un ibrido degno di questo appellativo con la "I" maiuscola, può solamente essere generato da ottimi soggetti. Ottimo x ottimo = ottimo. Suona praticamente come la regola algebrica di antica memoria più x più = più. 
 

IL DISEGNO DEL FIANCO, DEL PETTO E LA BAVETTA DEL SOTTOGOLA

Una delle difficoltà, forse la principale, è quella di comminare il disegno orizzontale e marcato del fianco del D. Zebrato con quello verticale del fianco del D. Mandarino. Ricordiamo che quest'ultimo disegno è formato da file di regolari punti rotondi e bianchi su un fondo di un bel bruno castano. Tale disegno è già di per sé difficile da trovare perfetto in un D. Mandarino maschio, quindi appare chiaro che la combinazione complessa dei due disegni specialmente dove si incrociano, è il punto nevralgico più guardato da un giudice e da un qualunque appassionato, nonché ed ovviamente, il più penalizzato.Negli ibridi maschi generalmente riesce sempre ad imporsi il disegno verticale del D. Mandarino da preferirsi possibilmente di un caldo colore bruno.Negli ibridi femmine questo disegno laterale, per via del dimorfismo della razza, è mancante ed al suo posto inizia un regolare ed armonioso disegno orizzontale ereditato dal D. Zebrato di un grigio bruno tenue ed uniforme, molto bello a vedersi che avvolge tutto il petto dall'una all'altra ala salendo ininterrottamente fino alla valva del becco, che nell'insieme conferisce all'ibrido un'aria graziosa, delicata ed affascinante. Al contrario, nell'ibrido maschio le zebrature bianco brune del D. Modesto devono fondersi con quelle bianco nere del D. Mandarino, quindi, non si faccia ingannare il lettore pensando che trattandosi di zebrature orizzontali in entrambi i genitori da trasportare nell'ibrido l'impresa sia una cosa semplice!! Anzi è tutt'altro che facile perché il disegno che alle volte viene fuori è talmente irregolare od intriso di nero che nei peggiori soggetti può sembrare un tovagliolo inframmezzato da qualche piuma bianca.La difficoltà sta tutta nel fatto che le zebrature dei due genitori sono formate dalla simmetrica alternanza delle zone lipocromiche e melaniniche presenti nella piuma. E poiché il colore nero della piuma del D. Mandarino s'impone con naturale semplicità sulle zone di piuma brune del D. Zebrato, bisogna soltanto sperare che l'espansione nera della piuma non la copra del tutto con un effetto finale completamente nero e quindi deleterio al massimo per il nostro ibrido. Che ci sia un accenno di barra pettorale ereditata dal D.Mandarino potrebbe essere sicuramente un pregio, ma la stessa non deve estendersi verso l'alto altrimenti annullerebbe la graziosità delle zebrature. Ma continuando la nostra descrizione e salendo verso il sottogola, ecco presentarsi un'ulteriore difficoltà per il solo ibrido maschio e cioè la piccola bavetta rosso carminio piuttosto scura in eredità dal Z. Zebrato che deve essere presente anche se di dimensioni ridotte. Purtroppo nell'ibrido questo lascito alla base del becco è quasi sempre mancante ed al suo posto, compare una delicata impronta di colore rosso rosa, ma in ogni caso questa apparizione, seppur affascinante, dovrebbe essere preferita secondariamente alla presenza della bavetta. Nella versione femminile tale "bavettina" è logicamente assente ma non per questo riduce il fascino della ibrida.

IL DISEGNO DELLA TESTA, DELLE ALI E IL VENTRE

Per quanto riguarda il disegno della testa che dovrebbe avere il soggetto ideale, mi sono reso conto scrivendo quest'articolo, di quanto è complessa e ricca di colori e disegni la testa del D. Mandarino. Il disegno della guancia, la striscia del becco, la striscia dell'occhio, la lacrima, il colore del becco e quello della guancia e... quanta abbondanza concentrata in pochi centimetri!! Senza commento alcuno appare logico pensare che il nostro ibrido debba rigorosamente avere tutti questi disegni ed in linea di massima gli stessi sono generalmente presenti nella testa dell'ibrido.  Soltanto un po' debole si presenta il colore ed il disegno della guancia ereditato dal D. Mandarino ma ciò appare perfettamente logico perché il D. Zebrato ha i lati del collo e le guance di colore bianco. Chiaramente l'allevatore che vorrà costruire quest'ibrido deve scegliere un riproduttore D. Mandarino con una guancia regolare e di un bel colore arancio-bruno il che agevolerà il compito della natura. Stupendo e pieno di fascino è invece il colore della testa dell'ibrido che in linea di massima possiede la sequenza dei colori del D. Zebrato e precisamente una fronte nera a partire dall'attaccatura del becco superiore, una testa rosso-rosato a ricordo dell'inconfondibile colore rosso carminio scuro ed una restante parte superiore che scende dalla nuca lungo il dorso con una tonalità di gradevole grigio-bruno caldo ed uniforme. Il becco rosso chiaro e senza screziature nere nell'ibrido maschio trova e fa anche risaltare le redini ereditate dal genitore D. Zebrato. Tale striscia orizzontale e nera che lega il becco con l'occhio e che costituisce un elemento caratterizzante della fisionomia del D. Zebrato è ben visibile in grigio, anche attraverso il bianco della lacrima del D. Mandarino. Il becco dell'ibrido femmina, dato il dimorfismo della razza, è del classico colore della femmina del D. Mandarino. Le redini sono meno marcate rispetto a quelle dell'ibrido maschio e generalmente la striscia dell'occhio del D. Mandarino non è presente. Questa assenza comminata al tenue colore del becco, delle redini e delle zebrature rende quindi il soggetto "squisitamente femminile". Le ali di colore grigio-bruno piuttosto scuro, sono impreziosite dalle orlature delle remiganti del D. Modesto che come delle perle devono spiccare con il loro bianco e devono catturare lo sguardo dell'amatore con il loro disegno simmetrico e luminoso incastonato sulla punta delle ali. Il ventre poi è di un bianco puro e luminoso che fa risaltare ancor di più la bellezza del soggetto ed in particolare della sua taglia, conferendo una generale aria di benessere.

Ivo Tiberio Ginevra

 

 
 
 

IL PASSERO MACULATO

Post n°2 pubblicato il 16 Agosto 2010 da ginevraivo
Foto di ginevraivo

IL PASSERO MACULATO

Lonchura leucosticta

Pubblicato su Alcedo n. 35/2007

La Lonchura leucosticta è una specie presente soltanto nei territori meridionali della Nuova Guinea. Occupa il fitto sottobosco, prediligendo le cone ricche d'erba alta dove si sposta in piccoli gruppi. Si nutre di un'enorme varietà di semi prativi che raccoglie dal terreno, in particolar modo quelli del bambù. Il dimorfismo sessuale è poco visibile ad un'occhio non esperto, quindi nell'assortimento della coppia, l'unico reale criterio selettivo è basato sul canto e sulla tipica danza nuziale dei maschi di Lonchura. Gli allevatori più abili distinguono la femmina dal maschio per una colorazione d'insieme più spenta, e per le picchettature bianche del petto che sono minori e sfumate. Per il resto, i sessi sono del tutto identici. Il fascino di qeusto uccellino è racchiuso nell'armonia espressa dalle calde tonalità di bruno tendente al ruggine del petto e del ventre, nonchè nel passaggio graduale del colore bruno chiaro della testa che si carica progressivamente di melanina marrone sul dorso, ali e coda. Spiccano le penne del codione di un nocciola aranciato e soprattutto quelle bianche e compatte del sottobecco che a poco a poco si trasformano in picchettature bianche che invadono il petto e la nuca, diradandosi verso l'addome e sul dorso, modellando un disegno simmetricamente regolare che costituisce la preziosità del soggetto. Il colore acciaio del becco e delle zampe completano il fascino del tutto originale di questa Munia. Di carattere schivo e timoroso in natura diviene, nella vita captiva, abbastanza socievole e condiscendente. Infatti, in voliera non crea alcun problema di coabitazione con le altre specie, adattandosi con facilità all'alimentazione fornita dall'uomo. Si è soltanto osservata una tendenza che si ripete in quasi tutti i Passeri maculati nell'occupare stabilmente il lato destro di gabbie e voliere, ma la difesa del territorio prescelto non è per nulla aggressiva. Durante tutto l'anno gradisce passare la notte in ripari o nidi. La scarsità delle importazioni non ha consentito uno studio profondo dei comportamenti di questa Lonchura, però si è in grado di affermare che tutti i tentativi di riproduzione effettuati sono andati a buon fine, rivelandosi un uccellino piuttosto prolifico e robusto. Depone mediamente dalle cinque alle sette uova dal colore bianco candido in una comune cassettina da nido anche usata da altre specie, che rifinisce con qualche fibra di vegetali secchi, cocco o fieno. Entrambi i genitori si dedicano con assiduità alla cova ed allevamento della prole, appetendo in particolare i semi germinati, i semi prativi e qualche tarma della farina tagliuzzata insieme a quelle di buffalo. I Pulli nascono senza alcun piumino ed hanno tutte le tipiche peculiarità delle Lonchure. Sono in grado di volare dal nido già a tre settimane dalla nascita. Il colore dei giovani è privo di vivacità rispetto a quello degli adulti, ma nel gito di sette mesi completano la muta indossando la livrea adulta.

Ivo Ginevra

 
 
 

IL DIAMANTE PAPPAGALLO

Post n°1 pubblicato il 16 Agosto 2010 da ginevraivo
Foto di ginevraivo

IL DIAMANTE PAPPAGALLO
(Erythura psittacea)

di Ivo Ginevra per Alcedo

Generalmente in pittura si tende ad evitare l’accostamento delle tinte rosse e verdi, perché il risultato non è particolarmente gradito, dato il contrasto fra due colori dalle espressioni forti ed al contempo cupe o brillanti.
Ebbene, questa regola pittorica appena enunciata, è del tutto stravolta guardando un Diamante pappagallo; infatti, proprio l’accostamento delle cromie verdi e rosse ricoprenti tutta la superficie piumata, fanno di questo magnifico Estrildide, un gioiello d’armonia unica ed irripetibile.
Sebbene la tonalità verde lo associa con tutte le Erythura, il Diamante pappagallo non ha le tipiche manifestazioni di colore blu appartenenti ai suoi prossimi cugini, vedi Diamante di Tanibar, Faccia verde, Quadricolor o il più conosciuto Kittlitz. Con loro mantiene in comune soltanto un più o meno vivace colorito rosso della coda, mentre si differenzia totalmente nella visione frontale per la sua tinta rossa che, di contro, lo rende maggiormente vicino ai Diamanti Samoa e Peale.

Sia il maschio che la femmina di D. pappagallo hanno un acceso piumaggio verde, dove spiccano le singolari zone di lipocromo rosso, che ricoprono fronte, guance, gola ed alto petto, nonché copritrici caudali e codione. Nera è la colorazione del becco e delle strisce dell’occhio (redini). Zampe carnicine con unghie cornee completano la descrizione dei soggetti adulti.
I giovani hanno un piumaggio bruno-grigio con tinte di colore verde pallido su ali e dorso.
Esiste tuttavia un dimorfismo sessuale non molto evidente che per fortuna facilita l’identificazione dei soggetti.
I segni distintivi non sono concentrati nella più o meno brillantezza dei colori o nelle dimensioni della taglia, come spesso avviene in molte specie, ma nell’area frontale d’elezione del lipocromo rosso, che è meno esteso nella femmina. Altri segni distintivi rispetto al maschio sono: le timoniere centrali meno appuntite ed il cerchio perioculare scarsamente delineato.
La taglia non supera i 9, 10 cm. e non esistono sottospecie.

Questo splendido Estrildide è originario delle isole della Nuova Caledonia (Oceano Pacifico).
Dapprima abituato a vivere nel folto delle foreste ora, a causa del massiccio disboscamento perpetuato dall’uomo, ha spostato il suo habitat ai limiti della boscaglia, nelle pianure e financo nei giardini, dove però tiene ancora un atteggiamento timoroso, nascondendosi fra i cespugli.

Vive in gruppi che di regola non superano le trenta unità e nel periodo della riproduzione, una volta formate le coppie, diventa aggressivo nei confronti del conspecifico, senza tuttavia ingaggiare duelli particolarmente violenti. La focosità del maschio si manifesta anche durante le fasi dell’amplesso che finiscono con la spiumatura nucale della femmina, spesso trattenuta con il becco.

Il corteggiamento dell’Erythurino si compone in una serie di gesti orizzontali della testa ed improvvisi spostamenti laterali, mentre la compagna assume una posizione molto simile a quella dei nidiacei, nell’attesa dell’imbeccata, muovendo la testa piegata da un lato e rivolgendola verso l’alto. La copula avviene dopo una lunga serie di voli.
Il sito di nidificazione ed i materiali, sono scelti dal maschio, mentre alla partner, spetta il compito di rifinirlo con lanugine animale.
Contrariamente alle fasi iniziali del corteggiamento, caratterizzate da una spiccata aggressività del maschio, dopo la deposizione, si nota una bassa difesa del territorio della coppia e vengono ben tollerati i conspecifici nelle vicinanze del nido.
Le fasi della riproduzione sono influenzate dalla stagione delle piogge che inizia con lo spirare degli alisei. Abbiamo, quindi, due distinti cicli riproduttivi (marzo-settembre).
In cattività, invece, questo periodo è libero dall’influenza delle stagioni, restando condizionato solo dalla presenza del nido, e da un ricco supporto proteico d’origine animale.
In media depone dalle 4 alle 6 uova ed i pullus sono alimentati in prevalenza dalla femmina con semi di graminacee sia selvatiche che coltivate e, specie per le prime settimane, con larve di piccoli invertebrati.
I nidiacei sono molto precoci. Hanno dei tempi di svezzamento abbastanza ridotti ed una volta divenuti autonomi vanno a formare dei piccoli gruppi. Riescono anche ad intraprendere la fase riproduttiva già a 6-8 settimane.
Nonostante queste premesse, che farebbero credere ad una popolazione abbastanza numerosa, il Diamante pappagallo è in crescente calo a causa del selvaggio abbattimento delle foreste e dall’uso scellerato d’erbicidi, che stanno subendo i suoi luoghi d’origine. Le preoccupanti trasformazioni dell’habitat naturale, e la successiva modifica delle abitudini alimentari, lo hanno posto nella lista degli animali protetti; quindi, tutti i Diamanti pappagallo oggi presenti in cattività, hanno origine da ceppi rigorosamente domestici.
L’utilizzo delle balie nell’allevamento del nostro Erythurino, ha dato la possibilità di far rendere al massimo le eccezionali capacità depositive della femmina, riuscendo a svezzare anche settanta piccoli da una sola coppia, ma logicamente è da preferire per motivi più che logici, la riproduzione in purezza di questo Estrildide, facendo attenzione a non far mancare mai nella fase d’allevamento, delle prede vive, pena l’abbandono della covata al 5° o 8° giorno. E’ buona norma concedere loro anche degli ampi spazi di volo.

Ora dopo queste doverose note di biologia, habitat e caratteristiche comportamentali, lasciatemi descrivere la mia esperienza con questo splendido Diamante e …non ridete, perché quello che mi è accaduto è tutto vero.

BENEDETTI DIAMANTI PAPPAGALLO!

Erano le 15,00 di un assolato pomeriggio di fine Aprile, ed io stavo spaparanzato sul divano alla ricerca di un po’ di refrigerio.
Fuori faceva già un gran caldo, fomentato da un insopportabile vento di scirocco precursore dell’estate più calda degli ultimi anni.
All’improvviso il mio boccheggiante zapping fra i canali della tv alla ricerca di un programma gradevole, fu interrotto da una citofonata.
Ero sicuro che si trattasse di uno scocciatore e non risposi, però quello insisteva.
Alla fine, annientato da quest’ostinazione, decisi di premiare il rompiscatole con una bella raffica di male parole ed alzai la cornetta per dare inizio al concerto.
Già per come avevo pronunziato il:”Pronto”, qualsiasi interlocutore sano di mente avrebbe preso il largo per non sobbarcarsi delle rogne, ma dall’altro lato, una voce gentile mi rispondeva:
- Pace e bene, sono Padre Felice. Vengo per benedire la sua abitazione. Non ci vorrà molto, solo due minuti. Mi fa entrare?
Disarmato da tanto stupore aprii meccanicamente, senza neanche riflettere che ero in un’impresentabile tenuta da casa, ed andai di corsa a mettermi un paio di calzoni.

Dopo un Padre Nostro, il religioso diede una generica benedizione all’ingresso di qualche stanza e stava per andar via, quando dentro di me, l’insopprimibile istinto dell’allevatore in balia di una stagione cove disastrosa, ebbe il sopravvento sulle convenzioni e proruppe in una frase inaspettata, ma ai più, indiscutibilmente valida:
- Scusi Padre, può anche benedire i miei uccelli che tengo in questa stanza?
Avevo osato sperando che il prete non interpretasse la richiesta come un gesto scaramantico!
Sicuro di un netto rifiuto o di un patetico rimprovero, aspettavo la risposta negativa in spregio alla mia fede appassionata. Quello mi guardò fisso negli occhi e poi ridendo rispose:
- E perché no? Io sono un Francescano e San Francesco predicava agli uccelli.
Entrò nella stanza e con gesti sereni benedisse i pennuti.
Soddisfatto diedi anche venti euro come offerta per i poveri della parrocchia, tanto erano ben poca cosa innanzi l’interiore certezza di avere risolto i miei problemi d’allevamento, ma chiusa la porta, con tanto di sorriso dietro Padre Felice, incontrai lo sguardo arcigno della mia compagna che commentò irritata:
- Voi uccellai per sti cavoli d’uccelli siete disposti a tutto, pure a prendere in giro il Signore! E non hai badato a spese! Vergogna.
Beh! In effetti, come gesto scaramantico non potevo fare di peggio e logicamente dopo il rimprovero, mi sentii abbastanza irriguardoso, però…. Voi non ci crederete…. ma …, insomma, come d’incanto dal giorno dopo, nel mio allevamento tutto ripartì alla grande! Ed i primi a riempirmi di gioia furono proprio i Diamanti pappagallo fino allora refrattari a qualsiasi tentativo di riproduzione.

Avevo provato fin dagli inizi d’ottobre, con due giovani coppie, che alloggiavo in voliere da 120 cm., ma con risultati abbastanza demoralizzanti.
I soggetti in questione, infatti, non diedero alcun segno che faceva sperare alla riproduzione. Si comportavano proprio (per dirla alla Lucarini), come due estranei che vivevano nello stesso condominio: ”Buongiorno” … “Buonasera”, e ognuno per i fatti suoi.
Proprio la stessa giornata dell’avvento del francescano, avevo riunito le coppie in una comoda gabbia di 90 cm. insieme con altri uccellini destinati ad essere ceduti.
Avevo anche contattato un amico allevatore, disposto a tentare la loro riproduzione al mio posto, però quando l’indomani mattina presi in mano il trasportino per levarmeli, notai subito che le due coppie si erano scambiate i partner che avevo inizialmente destinato e manifestavano un indubbio affiatamento, fino allora atteso semplicemente invano.
- Ma porca miseria! – mi dissi con il trasportino in mano – Avete deciso di amoreggiare proprio ora che ho deciso di togliervi. Comunque non m’interessa oramai vi ho ceduto a Fabrizio, quindi…..
Li presi per mano ed istintivamente soffiai sul ventre delle femmine. Erano prontissime ed in ottima salute, allora non ebbi altra soluzione che chiamare a mio amico:
- Mi dispiace, ma non posso cederteli. Quando li ho presi mi sono accorto che non sono in buona salute. Hanno tutti il fegato arrossato e non so proprio se ce la faranno a salvarsi. Se guariscono ti chiamo subito…. Si, si. Sono più morti che vivi!
Cavolate orbe! O se preferite: “Il dado è tratto!”
Presi quindi, le nuove coppie e le alloggiai con tutti i comfort in due gabbioni da 120 cm..
Offrii loro tutto l’occorrente per fare il nido mettendone a disposizione tre per ogni gabbia; precisamente quello a cassettina usato per i Diamanti di Gould, quello per pappagallini ondulati con il classico foro d’ingresso circolare, ed uno interno a peretta.
Le coppie scelsero una, quello per i Gould posto nella parte laterale destra della gabbie e l’altra, quello per ondulati collocato sul frontale. Ambedue le coppie costruirono il nido con abbondante Juta e poche fibre di cocco. Letteralmente ignorati furono, lanugine animale e muschioa.
Il secondo passo per favorire la riproduzione, fu un’abbondante somministrazione di tutti quegli alimenti che avrebbero potuto far crescere l’istinto ad allevare la prole.
I Diamanti pappagallo predilessero, in particolare, il comunissimo grano tenero germinato ed il riso soffiato rinvenuto in acqua vitaminizzata, con l’aggiunta di un pastoncino secco all’uovo per togliere l’eccessiva umidità. Non disdegnarono pure i semi germinati tipici dei fringillidi che avevo iniziato a fornire ai Lucherini dopo la venuta di Padre Felice, anzi tengo a precisare che da quel giorno il mio allevamento, fu tutto un rifiorire d’allegre aspettative.
Non feci neanche mancare un’integrazione proteica d’origine animale proprio perché i Diamanti pappagallo, nei primi giorni di vita, necessitano in particolare di questo tipo d’alimento; le tarme della farina, rinvenute per una trentina di secondi in dell’acqua calda e successivamente tagliuzzate e unite al pastoncino, servirono benissimo allo scopo.
Misi a disposizione anche l’occorrente per una buona formazione del guscio dell’uovo e l’intramontabile osso di seppia fu letteralmente divorato.
Ora non mi restava altro che aspettare, o meglio di sbracciarmi a lavorare perché…. e suvvia non ridete…. . dopo la benedizione di Padre Felice tutti i soggetti presenti in allevamento decisero di riprodursi.
La mattina era diventata una gran confusione di pastoni, semi e soprattutto d’uova. Leva, metti, aspetta il quarto e ...il quinto…. Io ho l’abitudine durante la deposizione, di levare ogni giorno le uova anche agli Estrildidi, per poi rimetterle tutte insieme per la cova al quinto uovo. Né più né meno di come si usa fare con i semplici canarini. Anche i Diamanti Pappagallo non si sottrassero a questa regola ed al quinto uovo, entrambe le coppie cominciarono la cova di cinque uova che risultarono tutte aggallate.
Il giorno prima della schiusa fui assalito dal solito dubbio che attanaglia l’allevatore di IEI: “li scarico alle balie così sono sicuro di farli? …o li lascio ai genitori?”.
Amletico dubbio il nostro, che spesso non tiene neanche lontanamente in considerazione, l’etologico incipit della preservazione della specie, ma: “Ubi maior minor cessat”.… quindi scambio delle uova, fra i Passeri del Giappone e gli Erythura, per verificare se questi ultimi avevano la capacità di allevare.
Se avessi riscontrato tracce di somministrazione d’alimenti nelle sacche sottocutanee dei pullus di Passeri del Giappone era il segno che i D. pappagallo stavano nutrendo la prole adottiva, quindi avrei, rifatto lo scambio dei nidiacei riportando ognuno dai propri genitori d’origine, in caso contrario si sarebbero salvati gli Erythurini messi preventivamente al sicuro sotto le mie collaudatissime balie.
Soddisfatto di questa comoda e collaudata soluzione andai al lavoro.

Giornataccia quella!
Per tutta una serie di contrattempi uno più urgente e grave dell’altro non potei rientrare in allevamento che pochi minuti prima del tramonto.
Anche in mezzo a tutte quelle seccature, ero stato col pensiero ai miei uccellini ed alle uova d’ibridi che scovavano quel giorno.
Con palpitazione alzai i coperchi dei nidi e per fortuna tutto era apposto. Spostai anche le balie di canarino delicatamente adagiate sui pullus e anche questi ibridi erano salvi. Tutto era andato per il verso giusto. “Benissimo” mi dissi. Dopo una giornata catastrofica come quella in corso, almeno in allevamento tutto era andato per il verso giusto. Spensi la luce ed uscii.
A letto, prima di addormentarmi, diedi un ultimo pensiero alle cove e quando Morfeo mi si presentò per accogliermi fra le sue braccia, mi ricordai di aver controllato tutto, tranne i Diamanti Pappagallo. Penso sia completamente inutile ed irriverente trascrivere le male parole ed i generosi rimproveri che elargii alla mia persona; comunque, alla fine mi addormentai tranquillo perché gli Erythrurini erano al sicuro sotto le balie.
L’indomani mattina accompagnati i figli a scuola mi diressi di corsa in allevamento.
Con precipitazione caccio via dal nido i Passeri del Giappone e mi accorgo che tutti e dieci i piccoli erano con il gozzo pieno.
Più che soddisfatto richiusi il coperchio del nido, ma poi risciacquando i semi germinati sotto l’acqua, riflettei su un qualcosa che a primo impatto non mi venne in mente, poi una volta focalizzato il pensiero, mi accorsi di aver fatto un terribile errore. Un’imperdonabile distrazione. Torno al nido delle balie. Controllo trepidante .…ma ahimè, avevo fatto la cappellata! I nidiacei erano dei Passeri del Giappone al 100%. Nessuno di loro, infatti, aveva gli inconfondibili tubercoli rifrangenti ai lati del becco. Con tutto quel passaggio d’uova mi ero confuso ed ora le uova dei miei Diamanti pappagallo erano sotto i loro genitori ….Con paura e maledicendomi, andai a controllare dagli Erythurini. Per fortuna erano tutti vivi e con le sacche strapiene di cibo.
Mi ricordai allora di Padre Felice, della sua benedizione e s’impadronì di me la granitica convinzione che, qualunque cosa avessi fatto per quell’anno, doveva andare bene, perché così si era stabilito dall’alto. ”In hoc signo vinces”.

Ivo Ginevra

 

 
 
 
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CAMPIONATI ITALIANI

Campionato Italiano Dicembre 2009 Ercolano

3° classificato stamm Diamante Pappagallo punti 360

Campionato Italiano Dicembre 2005 Udine

3° Classificato ibrido mutato di Canarino x Canarino ventre giallo punti 93

Campionato Italiano Dicembre 2004 Bari

3° Classificato Lucherino testa nera Stamm punti 360

Campionato Italiano Dicembre 2003 Piacenza

Campione Italiano Singolo Trombettiere del Liechtstein punti 93

Campionato Italiano Gennaio 2002 Follonica

Campione Italiano stamm Diamante Zebrato x Diamante Mandarino punti 363

3° Classificato singolo Diamante Codalunga x Diamante Mandarino punti 90

Campionato Italiano Dicembre 2000 Ferrara

Campione Italiano Stamm Diamante Zebrato e Diamante Mandarino punti 367

Campionato Italiano 1999 Padova

2° Classificato Stamm Becco di Piombo Testagrigia punti 364

Campionato Italiano Dicembre 1995 Pordenone

3° Classificato singolo Passero del Giappone punti 88

Più di 100 titoli di campione di categoria nelle varie mostre ornitologiche nazionali, internazionali, specialistiche  oltre vari campioni razza I.E.I.

 

CONVEGNI ORGANIZZATI

 

30 Ottobre 2004 Città di Aragona: "Candide perle sull' incantevole abito del Cardellino"

.....Questo convegno è un sogno che si realizza. Lo dovevo ai molti amici con i quali condivido questa sana e meravigliosa passione, alla folta schiera, in esponenziale aumento, di allevatori che si cimentano nell'allevamento di questo meraviglioso alato. Sono particolarmente grato all’amico Ivo Ginevra, senza il quale, non sarebbe stato possibile realizzare questo sogno.

Il Presidente dell'Associazione Ornitologica

Valle dei Templi - Aragona

FRANCESCO SCHILLACI

 

ALCEDO: ORNITOLOGIA E NATURA

E'  la nuova rivista Italiana di Ornitologia, Ornitofilia e Fotografia naturalistica. Caratteristica di Alcedo è la qualità degli articoli (redatti da allevatori specializzati), la completezza della trattazione e l'elevata quantità di argomenti trattati, cui si aggiunge una notevole attenzione al corredo iconografico, sia da un punto di vista quantitativo che, soprattutto, qualitativo. Allo scopo, ALCEDO si avvale della collaborazione di esperti allevatori, studiosi di ornitologia, fotografi naturalistici e veterinari specializzati. Aspirazione di ALCEDO è provocare un fermento culturale tale da promuovere una trasformazione nel modo di allevare e detenere gli uccelli, diffondendo le più moderne tecniche di allevamento e le più recenti acquisizioni scientifiche in tema di alimentazione, genetica e patologia aviare. Questo favorirà l'ottenimento di risultati nettamente migliori per l'allevatore, e non ultimo migliorerà le condizioni di vita degli uccelli sia in cattività che in natura

 

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