JAMBOREE

C'è grossa crisi


 “Ti devo parlare.” Non importa quanti anni tu abbia, quanto tempo sia trascorso dalla tua adolescenza: bastano queste 3 parole per farti ricordare ogni singola cosa brutta che hai fatto in tutta la tua vita.  Se poi a dirlo è il Capo Grosso, quello che proprio in questi giorni deve decidere se avrai ancora uno stipendio il mese prossimo, l’effetto terrore è assicurato. E’ esattamente con questo spirito che mi presento quindi nella gabbia dei leoni nel mega ufficio direttivo, dove LUI mi accoglie come sempre con una penna in mano, passandosela tra un dito e l’altro in un gioco infinito. Visto che non lavora, qualcosa deve pur fare, malignano i colleghi. Lo fa per ricordarci che il capo è sempre lui, penso io. Che l’ultima firma è sempre la sua. Respiro a fondo cercando di restare calma, di non pensare alla brutta aria che tira, e poi, in fin dei conti non è l’Imperatore che si prende il disturbo di licenziare lo sguattero. Mi avrà mica chiamata per quello. “Devi fare una cosa per me. Subito. – attacca – Adesso scrivi a tutti i nostri fornitori, ma proprio tutti, mi raccomando e gli dici che da domani ci prendiamo uno sconto del 40%.” “Intende dire che devo informare l’Ufficio Acquisti di chiedere ulteriori sconti sulle prossime forniture..?”, chiedo. “Ascoltami per cortesia, che non c’ho tempo. Lascia stare l’Ufficio Acquisti, che quelli son buoni solo a spendere e spandere, tanto c’è sempre Pantalone che paga. Intendo dire che li devi contattare tu, dicendo che hai ricevuto l’incarico direttamente da me, così fa più effetto e quelli fanno un salto sulla sedia. Hai capito?” Per capire ho capito, anche se sono ancora convinta che il sentirlo parlare per una volta un italiano corretto li scioccherebbe mille volte di più. Altro che salto sulla sedia: il doppio carpiato farebbero, ed io con loro, tanta sarebbe la sorpresa. “Mi scusi ma… come giustifico la richiesta, non posso mica fare i prezzi in casa degli altri…” “Gli dici così: i tempi sono cambiati, c’è grossa crisi.  E che devono abbassare i prezzi. Basta.”, e si attacca al telefono, congedandomi. Sono ancora sulla porta quando mi bloccano le sue parole. “Sei una brava ragazza, tu e anche gli altri... ma tanto nel giro di poco tempo vi mando a casa tutti.” Resto a bocca aperta, con la maniglia in mano, incapace di replicare. Alla fine ce l’ha fatta a scioccarmi, anche nel suo italiano da barzelletta. Ma d’altra parte, l’ha detto anche lui: i tempi son cambiati, c’è grossa crisi. Un’articolata giustificazione buona per tutte le occasioni: per aumentare i prezzi di vendita, abbassare standard qualitativi, tenere i dipendenti sulla corda e perché no, anche per licenziare. Soprattutto perché scaricare il peso della situazione su qualcun altro è sempre più facile che tentare di risolverla. L’unico problema è che io non so come scaricarla  a mia volta: il supermercato si ostina a preferire i contanti, con le giustificazioni ci va poco d’accordo. Dei tempi che cambiano gliene frega poco e niente. E non so perché, ma quando ho lasciato l’ufficio del capo ho come avuto l’impressione che la crisi non fosse più un suo problema, ma fosse diventato improvvisamente il mio.