JAMBOREE

La Badante


 Che non è il titolo di un film porno, va detto. Per cui quelli che un po’ ci hanno sperato possono anche passare ad altri blog. Mi spiace ragazzi, sarà per un’altra volta. Parlo della badante di mia mamma, la signora Olga. Un donnone con due spalle così, buona come il pane, anche quando con la determinazione di Hitler gira e rigira mia mamma con la stessa facilità con cui il pizzaiolo ti fa roteare la 4 stagioni. Una roba da paura. Penso a lei perché mi fa pena, povera crista, perché è una brava donna, di un’umanità pazzesca, come è difficile da trovare a volte anche tra gli amici di sempre. Una che dovrebbe essere arrabbiata con il mondo per la vita che fa oggi, per quella che faceva fino a ieri e in misura preventiva anche per quella che farà domani. E invece mi accoglie sempre con un sorriso da un orecchio all’altro, e mi dice, “Non è una bellissima giornata per essere felici? Sì?” Come riesca a trovare la forza lo sa solo lei. Voglio dire, è scappata da un marito che prima beveva, poi la picchiava, poi beveva di nuovo. Ovviamente con i soldi guadagnati da lei, perché fra bere e menar le mani di lavorare neanche a parlarne: d’altra parte le ore in una giornata son quelle, non è che uno può far miracoli. Ha lasciato un posto che non esiste nemmeno nella cartina geografica, a 2 galassie e mezza da qui, per venire in un paese che non è il suo, che non parla la sua lingua, che neanche si sforza di farsi capire, e che la guarda dall’alto in basso solo perché è straniera. Avesse almeno 2 tette così, magari un paio di amici se li farebbe anche, e invece no, nemmeno quello. Voglio dire, c’è gente che si droga per molto meno. Ma la signora Olga no: ha stretto i denti, probabilmente anche la cinghia, e alla fine è riuscita a far arrivare in Italia anche 3 dei suoi 4 figli. E uno pensa, ma che bello, finalmente un po’ di tranquillità. No, macchè. Perché? Perché almeno uno dei figli è deficiente, ecco perché. Ma un deficiente vero. Oddio, se lo guardi così, ciao ciao, sembra normale. Non tanto alto, magro, l’espressione non proprio sveglia magari, ma normale. A parte i capelli naturalmente. Che sono azzurri. Azzurro Puffo. Con la cresta. Ma a parte quello normale. Lascia stare che a scuola son più i giorni che fa sega di quelli che frequenta; che da quando è in Italia son state più le risse che le docce che s‘è fatto. Si dovrà ambientare, chi lo sa. Ma è quando gli parli che ti rendi pienamente conto del dramma. “Allora… com’è che ti trovi in Italia?”, gli ho chiesto ieri, tanto per dir qualcosa. (D’altra parte quando una è originale, è originale.) Mi guarda un po’ così, nemmeno mi risponde poi mi chiede: “Tu sai fare questo?” Prende un bicchiere dal tavolo e se lo infila quasi completamente in bocca, dalla parte più larga, strabuzzando gli occhi nello sforzo. Mi domando come faccia a farcelo stare. Poi prende della mollica di pane, la appallottola ben bene e se la infila in una narice. Ci sta anche quella. Mi domando quante prove abbia fatto per diventare un simile fuoriclasse. La tentazione di sfidarlo a mettersi una pallina di pane anche nell’altra narice per vederlo contorcersi senza respirare sarebbe grande, ma la visione di sua madre che si dispera sulla sua tomba mi fa desistere. Ne ha già viste troppe poveretta. E tante altre ne vedrà, ho paura, perché con un figlio così ogni giorno è un’avventura. Ecco il motivo per cui mi fa pena, povera signora Olga: perchè la sua forza e la sua determinazione non sono nulla contro l’idiozia, e per quanto veloce, non potrà mai scappare abbastanza lontano da quel figlio deficiente. Amen.