JAMBOREE

Sabato e simpatia


 Sabato sera a cena con amici e soprattutto amici di amici, mi son sentita dire che: “Guarda, stasera son proprio felice. L’Alberto ha finalmente deciso di dire di noi due a sua moglie. Per questo adesso è in crociera con lei sul Mediterraneo, così glielo dice. Siamo così felici insieme… Oh ma scusami, lo vengo a dire a te che sei sposata dal medioevo, ormai certi batticuori nemmeno te li ricordi… Ti sarai mica offesa vero? ” Offesa? Ma no, perché…. Se non ti offendi tu a farti raccontare certe balle, che neanche più Cenerentola se le beve, perché dovrei offendermi io? Non faccio nemmeno in tempo a reindossare il mio sorriso da chi-m’ammazza-a-me, che mi arriva quell’altra sua amica che io vedo (malvolentieri), un paio di volte l’anno. Come stai, che lavoro fai adesso, solite chiacchiere da pilota automatico. “Ma povera… certo che deve essere dura per te ricominciare daccapo… in mezzo a ragazze tutte più giovani e più preparate di te…” Cioè. Se io riconosco di essere l’ultima ruota del carro nel mio nuovo posto di lavoro, non vuol necessariamente dire che le altre siano tutte meglio di me, ma solo che sono arrivate prima. Primo. E secondo, tu che spacci per lavoro quelle due ore che vai ad aprire la corrispondenza nell’ufficio di tuo padre e per questo ti credi una top manager, che ne sai di cosa voglia dire trovarsi improvvisamente senza lavoro, del dover abbassare a zero le proprie aspettative, della frustrazione del doversi accontentare di niente ed essere anche contenti per questo? Che ne sai, dimmi. Ma decisamente non è la mia serata perché a tavola capito giusto giusto tra una fanatica lucidatrice di superfici smaltate e la regina di tutte le mamme. Ovvero, tra Inutilità nei Secoli e Noia Eterna. E dopo ¾ d’ora buoni di racconti di pianti, svezzamenti, e aggiornamenti sulla difficile e quotidiana battaglia contro quei delinquenti degli acari, dove io partecipo come posso, ovvero scolandomi del prosecco e buttando un occhio sul cameriere (niente male tra l’altro), ecco che ti arriva il momento clou. Quello che sapevo benissimo sarebbe arrivato. Momento di pausa, scambio di sguardi e…: “Tu ancora niente figli vero?” Ta-dan! Eccola là: la domanda topica, lo spartiacque tra tutte le donne arrivate e appagate e il resto del mondo. Poco importa se al loro arrivo la figlia di 4 anni esibisse una strana ferita sanguinante su una guancia rivelatasi poi un rimasuglio della marmellata della merenda (alle 8 di sera!), loro saranno sempre donne complete e tu no, perché loro hanno assolto al loro compito sociale e tu no. “Ma c'è stato qualche problema, magari?”, rincara Madre Coraggio. Davvero, io vorrei aver avuto un soldo per ogni volta che mi è stata rivolta questa domanda. E un altro soldo per ogni volta che in risposta mi sono sentita inadeguata, incapace, immatura, esaminata e giudicata. E anche stavolta non fa eccezione. Perché non c’è una risposta che puoi dare, quando qualsiasi spiegazione sarebbe troppo personale, delicata. Meglio allora un silenziosissimo, accorato ma sentito vaffanculo. Che in fondo è come il nero: va su tutto.