JAMBOREE

Quando di corsa ci sono solo i pensieri


 Ero andata a correre. Dico davvero: il pantaloncino sportivo in lavatrice mi è ancora testimone. Ma in qualsiasi caso la faccia stravolta e il fiatone sarebbero stati in grado di togliere ogni dubbio.Poi non so come sia andata e perché, ma mi sono trovata ad entrare in un cimitero. Cosa che non faccio mai. Perché io al camposanto non ci vado, non ci credo, il culto dei morti non mi appartiene. Le persone vivono nel ricordo di chi le ha amate, non hanno niente a che fare con le cappelle di famiglia e i fiori di plastica. Ma oggi il cimitero era lì. A dire il vero c’è sempre stato, da prima che nascessi io, e sicuramente c’era anche tutte le millemila volte in cui ci son passata distratta davanti: ma in qualche modo oggi lo era di più. Anzi, era come se in qualche modo fosse lì per me.E mi son trovata a camminare tra file e file di loculi, lapidi, foto in bianco e nero, a colori, candele finte e vaschette portafiori. Gente giovane, vecchia, felice. Gente passata, forse dimenticata.Ma siccome abito a DispersiNell’UniversoTown, e bene o male ci si conosce tutti, ecco che un po’ alla volta i volti si son fatti meno lontani, in alcuni casi addirittura conosciuti.E ti vedo l’Alfredo, ritratto sulla bici, il volto sorridente di chi ha programmato soddisfatto i prossimi 30 anni di vita. Questo solo qualche giorno prima che un infarto si portasse via i suoi 46 anni, il suo sorriso e il futuro sereno dei suoi figli. Poi ti incontro i compagni della quarta superiore, scomparsi in 5 andando al mare: credevano di festeggiare l’ultimo giorno di scuola, vivevano invece il loro ultimo giorno di vita. Solo che da festeggiare non c’era proprio niente.Li guardo nella foto, cristallizzati nei loro 18 anni, in un’età in cui non pensi che cose simili possano accadere. E rivedo come un flash la disperazione dei genitori al funerale, la sfacelo familiare che ne è seguito, perché di fronte ai certi dolori puoi solo piangere, non sono disgrazie di cui ti puoi fare una ragione. Poi mi giro, altre lapidi, altri volti, e improvvisamente il cuore mi fa un balzo. Vedo una foto, una bella signora, lo sguardo spavaldo di chi nella vita non s’è arreso mai. Neanche di fronte alla malattia.E la rivedo mentre vive la sua vita controcorrente, modernissima in un mondo che non riesce a starle dietro, pieno di vincoli e freni che lei si rifiuta di comprendere. Così come non comprendeva me, nipote troppo timorosa della vita per esserle davvero vicina. Ma gli anni accorciano le distanze, smussano le incomprensioni e l’età adulta muta le prospettive. I ricordi meravigliosi che ancora conservo fanno il resto. E il pugno allo stomaco che provo vedendo la foto è assolutamente autentico.Rivedo altre facce, altri ricordi mi affiorano nella mente. Nonni mai conosciuti, vicini brontoloni, c’è tutto un paese. Un paese nel paese. Ma fatto di morti.Improvvisamente sento che sale l’angoscia, allontanarmi diventa un’urgenza.Perché mi rendo conto che la vita è adesso, come diceva qualcuno. Si nutre di presente e di futuro, il passato è solo un qualcosa da impacchettare con cura e mettere in cantina. Come il giradischi a pile, che tiri fuori quando ti prende la nostalgia dei tuoi anni scatenati. Ma è l’i-pod che cerchi quando vuoi stravolgerti con la musica.Non credo tornerò in un cimitero. Se non per cause di forza maggiore ovviamente. Perché continuo a pensare che il ricordo più bello delle persone cui hai voluto bene sia nella vita di tutti i giorni. Nei loro momenti belli, in quello che sapevano fare. Voglio che sia la loro presenza a brillare, non la loro assenza. Perché piangere davanti a una lapide è molto più di quello che posso sopportare.