JAMBOREE

Bar Collando


Mi avessero mai chiesto, fino ad un mese fa, di fare un veloce elenco delle tipologie di bar, ne avrei indicati un paio, massimo 3. C’è quello da aperitivo, avrei detto sicura, magari fighissimo, con fighissimi e fighissime tirati a cera; quello da un caffettino e via, dando magari una sbirciata al Sole, e quello del Circolo Acli con la spuma, la spumiglia e il tressette. Tutti gli altri, quelli dell’autogrill, della piscina etc., non sono altro che succedanei, figli di un dio minore, e vuoi per mancanza di occasioni, vuoi perché son pigra, mi capita poco di frequentarli. Per questo o per altro, un bar come quello che mi son trovata sotto casa m‘ha colto impreparata. E mi lascia sconclusionata. Dovessi definirlo, direi che è un bar di perdigiorno. Dovessi descriverlo, parlerei di schiamazzi, bevute e frustrazione. Le frasi complete mal s’adattano a rappresentarlo, perché poco o nulla c’è da raccontare. Non è un bar dello sport, non ci si gioca a biliardo, non ci sono videopoker, né tantomeno bariste tettute e chiacchierone: ci si va a bere e basta. Chè alla fine lo scopo è quello, e la crisi ti fa pratico. Non è che mi voglia fare gli affari loro a tutti i costi, anzi, ma dato che i decibel vanno di pari passo con gli spritz, in qualche modo mi trovo a condividere pensieri e vite. Pensieri tristi e vite grame a dire il vero, segnati da disoccupazione, figli non cercati e famiglie disgregate. Con i ragazzi del muretto, o con gli stereotipi giovanili in genere, c’entrano poco. Ancora meno con parole come posto fisso e busta paga. Perlopiù si lamentano di non avere soldi, del lavoro che non c’è, o della ex – quella zoccola - che s’è trovata un altro e non gli fa vedere i figli. E più sale il tasso alcoolico più i progetti si fanno audaci. “Eh ma vedrai che gliela faccio vedere io a quella lì… adesso mi sistemo, mi faccio la BMW, e poi vedi se non torna da me.” E tutti a darsi ragione uno con l’altro, perché le donne vogliono solo i tuoi soldi, si sa. Se abbiano progetti veri, concreti, per un domani reale e non destinato a svanire con il passare della balla, non saprei dire. Non so nemmeno se possano permettersi di averne, o se l’acquisto di uno smartphone a 1000 rate sia il massimo cui possano aspirare. Un gorillaio di sfaticati, verrebbe da dire. E probabilmente non sarebbe nemmeno sbagliato. Chissà quanti dei frequentatori abituali avranno sprecato tempo, soldi ed energie paterne ad inseguire le bionde. Magari qualcuno avrà anche passato gli anni a far saltare le cassette della posta e con altre amenità, altri si saranno persi. Ma, mi chiedo, è davvero pensabile che sia così per tutti loro? O è più probabile che ci sia qualche altra spiegazione, se così tante persone si trovano in difficoltà, costrette ad una parvenza di vita che non va oltre una basica e quotidiana sopravvivenza? A volte vorrei che qualcuno dei nostri politici venisse qui, a pronunciare parole come agendizzare, briffare, e altri deliri. Qui, sotto casa mia, a dire che il problema è la mancanza di flessibilità dei giovani. Secondo me lo frustano con la catenina che hanno al collo, sempre che non l’abbiano già venduta al Compro Oro, ovviamente. E adesso che siamo pieni di disoccupati laureati in “Psicologia degli animali da cortile” e “Scienze degli scacchi” mi chiedo se il progresso sia davvero questo. O se nonostante tutto non fosse meglio una volta, quando tuo padre faceva il contadino o l’operaio e non ti veniva nemmeno in mente di fare altro, perché un lavoro era un lavoro e basta, e se ti permetteva di mantenere la tua famiglia, be’ allora era un buon lavoro. Perché sognare un futuro migliore di quello dei tuoi genitori è legittimo, ma mangiare tutti i giorni è una necessità. E se hai la pancia vuota anche sognare diventa difficile. Qualcosa non ha funzionato in questa nostra economia, questo è sicuro. Ma farci credere che la colpa è nostra perché vogliamo una vita facile non è una soluzione. In realtà vogliamo solo che ne valga la pena. Ciao Guys.