JAMBOREE

Qualche volta poi


 Se c’è una cosa che posso dire di avere fatto nella mia vita, è quella di aver girato il mondo. Sissignore. Con cocciutaggine, convinzione e molto spesso incoscienza, ho girato il mondo in lungo e in largo, di sopra e di sotto. Magari non quanto avrei voluto, ma sicuramente più che ho potuto. E di alberghi ne ho visti tanti: alcuni bellissimi, da abbracciarsi al materasso per non farsi portar via, per dire, altri che un canile gli fa un baffo. Perché io gli alberghi li scelgo un po’ così, alla viva il parroco, come dire, tanto so che non sarà di quelli che conserverò il ricordo. Ci saranno posti, sorrisi, pensieri, altre cose a definire un viaggio. Ma poi ci sono le eccezioni, le sorprese. Quelli che riescono a staccarsi in qualche modo dallo sfondo in cui li ho confinati. Come un alberghetto in cui ho soggiornato ad Arles per esempio. Comodo come la sabbia nelle mutande, nuovo come Gino Bramieri, ma gestito da una vecchina che ancora me la ricordo. Coetanea di Noè, penso, ma genuina e fresca come poche. Un personaggio in tutti i sensi. Poi c’è stato L’Hotel Luxor di Las Vegas. E lì vabbè, fra cotoni egiziani, letti king size e prodotti di cortesia che pareva avessi una Sephora in camera, volevo chiedere la cittadinanza lì e non uscirne mai più. Per dire la comodità. Ma l’ultima sorpresa l’ho avuta recentemente a Firenze. Locanda dei Poeti si chiama il posto. Ci sono capitata per caso, un fine settimana, per fuggire da assicurazioni, parquettisti, calcinacci e ponteggi: due giorni per scappare dalla mia vita, una fuga in albergo per dimenticare di non avere una casa. Un paradosso? No: un regalo bellissimo, come solo chi ti vuol bene, chi ti è attento, ti può fare. Insomma, una cognata come la mia. E io che non ho simpatia per i bed&breakfast, cari come un albergo, scomodi come una pensione, e che i poeti li manderei tutti a cercare il senso della vita nelle miniere del Sulcis, alla Locanda dei Poeti mi son dovuta rimangiare le mie convinzioni, dalla prima all’ultima. Perché il posto è bello, centrale, ben tenuto, originale e nuovo. E la spontaneità di chi lo gestisce è stata tale e tanta che perfino il vassoio di benvenuto e i cioccolatini sui cuscini mi son parsi la cosa più naturale del mondo e non la solita trovata banale e stucchevole da Love Boat. Perché non era solo quello, era curato tutto, ogni dettaglio, dal giardino interno, alla cucinetta con ogni ben di dio, ai  salottini sparsi ovunque, ai libri a disposizione, tutto. E io ho capito una cosa: non importa quello che fai, ma l’attenzione che ci metti nel farlo. E allora un B&B diventa meglio di un hotel. E una cognata diventa una sorella. Ciao Guys.