JAMBOREE

Era meglio se continuavo a dormire


Allora, che ultimamente non me ne vada bene una neanche per disgrazia ormai si sa. Diciamo che su una scala da 1 a 10, dove 1 è “Ho beccato in pieno una pozzanghera” e 10 è “Ho preso l’ergastolo a vita e mi è venuto il sistema nervoso per la claustrofobia”, penso di potermi piazzare tranquillamente all’ottavo posto. Al limite al settimo perché son modesta. Quindi mi scuserete se stasera ho proprio voglia di sfogarmi. E se non mi scusate per me va bene uguale. Perché stasera ce l’ho con gli assicuratori. Sissignore. Ma non con le Assicurazioni, perchè quelle sono astratte, ce l’ho con gli assicuratori, proprio. E con tutti quelli che si nascondono dietro al proprio ruolo, dimenticando di essere prima esseri umani, padri, cazzari. Perché io lo capisco che magari di mestiere vorremmo tutti fare i salvatori della foresta minacciata dagli invasori, cacciare dinosauri e sfamarci 9 figli. Che vorremmo non dover mai accettare compromessi, sentirci importanti e nobili, domare incendi ed inaugurare orfanatrofi. Lo so. E so anche che la vita non è un film e che dobbiamo accettare un po’ quello che viene, fare un po’ quello che capita. Anche l’assicuratore. Ma per rifugiarsi dietro a parole come “prassi”, “miglior offerta”, sapendo bene che ti sta ammazzando a badilate, ci vuole una bella faccia di colla. E non so se i soldi che si porta a casa a fine mese possano essere una giustificazione sufficiente. Spesso ho detto che avrei voluto scappare via, andare a vivere sotto una palma, mangiare banane e guardare il tramonto, e la voglia ce l’ho ancora. Ma stasera le mie priorità sono diverse: vorrei andare in un paese in cui i disgraziati sono disgraziati, e non assicuratori, dottori e avvocati. E della palma farei ben altro uso.