JAMBOREE

ALLACCIATE LE CINTURE. O almeno tirate su le mutande ad Arca.


 Il sunto di questo drammone chemioterapico potrebbe essere: tamarro te lo sei preso, tamarro te lo tieni. E la cosa potrebbe finire lì, lo ammetto. Ma è pur sempre un film diretto e scritto da Ozpetek, quello di Saturno Contro, Le Fate Ignoranti e La Finestra di Fronte. E che soprattutto m’ha fatto conoscere Filippo Timi: voglio dire, mica cotiche. Per questo, e solo per questo, son rimasta fino alla fine senza cedere alla tentazione – forte – di addormentarmi a metà del primo tempo. Ma io mi domando e dico: m’hai fatto amare personaggi venuti su dal nulla disegnandoli addosso a Serra Yilmaz. Dai uno spessore perfino a Bova nei panni del ragioniere tristanzuolo e mi fai piacere perfino Elio Germano che parla con i fantasmi. E poi? E poi mi fai un film come questo. Un film dove la descrizione del protagonista maschile si può riassumere in un'unica parola: maschio. Di quelli tamarri, ma tamarri veri, con bisogni primari e basici dove già ti dice bene se sui tatuaggi non ci sono troppi errori di ortografia. Ma è Ozpetek, ti dici, non può essere tutto lì. Minimo verrà fuori che il protagonista porta dentro di sè una ferita del passato che gli rende intollerabile la felicità. O almeno qualche voto d’amore fatto alla madre in punto di morte, come nei peggiori film di Rete4. Macchè. E’ solo tamarro, e tamarro resta. Ma si vede che con la sceneggiatura si andava di fretta, perché anche il personaggio femminile si può riassumere con una sola parola: sì. Sì alle corna, sì a lavorare per portare a casa la pagnotta, sì a crescere ed educare i figli (mentre lui fa il simpatico), sì, sì e ancora sì. E non si capisce perché se lo tenga, il tamarro, visto che ci litiga pure. Tanto lo sanno tutti che un pendolo, per sua natura, non può fare altro che oscillare. Anche se è attaccato ad un inguine. Ma alla fine è proprio lei che sente il bisogno di spiegarlo (se lo chiede perfino lui, serve dire altro?): dice che lo fa per amore. Che lei il tamarro l’ha sempre amato, fino all’ultimo tatuaggio. E sembra non accorgersi che lui sbaglia i congiuntivi anche quando russa. E finalmente l’Ammore vince, lui abbandona le vacche le signorine che aveva sparse in giro e torna dalla moglie. Certo, lei s’è dovuta far venire il cancro per riprenderselo, certo lui ha ormai un po’ l’addominale forte da carboidrato, ma che c’entra, poteva andare peggio, poteva averci anche la stempia. L’importante è che l’amore trionfi. Ma alla fine la colpa non è nemmeno degli uomini: è delle donne, che ancora si ostinano a credere nell’amore eterno. Che se tale non è, ce lo fanno diventare. Perché loro, le Donne Che Amano, i loro uomini son sempre fin troppo pronte a perdonarli. Infine, un consiglio ad Ozpetek: se non riesci a far recitare dignitosamente Francesco Arca, lascia perdere: non serve che ci mostri il culo. Anche se devo ammettere che il pensiero che anche un didietro avrebbe recitato meglio di lui ha colpito anche me. Ciao Guys.