Janus Reloaded

3° Capitolo : QUASI PERFETTO 3°Parte


Getto la sigaretta a terra vicino allo scarico fognario. Il fumo sale lentamente costruendo piccole spirali che scompaiono nell’aria in pochi secondi.Rimango a fissarla per qualche minuto, cercando di farmi ipnotizzare dalla danza confusa e convulsa di fuoco e tabacco. E ammoniaca. E mercurio. E le altre duecentomilasostanzetossiche terribilmente letali. Chissà perché quello che mi piace è nocivo alla mia salute. La musica scompare all’improvviso. Due secondi di silenzio tra la fine di una canzone e l’inizio della successiva. Due secondi di silenzio interminabile, pesante come un macigno.Poi, finalmente il silenzio viene squarciato.Ma non dalla musica.Da qualcos’altro, qualcosa che non saprei come bene definire.Un breve lamento, una sorta di mugolio. Basso e sofferente. Non so nemmeno se sia umano. Disperato, ma famelico. Come se avesse… fame. Sì fame, una fame oscura e lacerante.E proviene esattamente dal vicolo che il barbone mi aveva indicato.Il sangue diventa ghiaccio nelle mie vene mentre nella mia mente il solo suono che riesco a udire è quello del mio cuore, che ha cominciato a battere all’impazzata. Per un istante non riesco a muovere nemmeno un muscolo. Poi mi volto lentamente. Sto tremando.Proprio come quel barbone. Ma da quella parte non c’è nulla, proprio nulla.La musica riparte all’improvviso. I due secondi più lunghi della mia vita.Mi tolgo gli auricolari istintivamente, mentre mi accorgo che un grido di paura e sorpresa è uscito dalla mia bocca. Merda, Alice. E dire che credevo di non essere un tipo suggestionabile.Respiro. Anche se una parte di me continua a cercare una conferma. Continua ad ascoltare per capire se quel lamento c’era realmente o se la mia fantasia oggi ha cavalcato un po’ troppo.Silenzio, solamente silenzio.Non c’è nulla, proprio nulla. Uno grido lacera nuovamente quell’orrendo silenzio, facendomi sobbalzare.Un canto di metallo che stride riempiendo l’aria. Mi volto di scatto. E’ semplicemente arrivato l’autobus e io non me ne ero neppure accorta. Tiro un sospiro di sollievo, che scioglie completamente la tensione accumulata. Cazzo, se continuo così mi farò venire un infarto per le tre del pomeriggio.Salgo senza pensarci due volte, sedendomi accanto ad una vecchietta che sta leggendo una rivista di cucina dietro ad un paio di occhiali spessi.Ha uno scialle di lana bianco sulle spalle e un’aria terribilmente rassicurante, una specie di “Nonna da cliché”. Appena mi vede mi accoglie con un largo sorriso per poi tornare alla sua amata rivista.Normalmente mi metterei a sedere in fondo al mezzo, cercando il posto più isolato di tutti, ma credo di aver bisogno di un’iniezione di normalità per riprendermi.Sarei anche disposta ad ascoltare la ricetta della torta di mele vanigliate o del tacchino con ripieno di castagne.No, non esageriamo. Non sono COSI’ disperata.Meglio tornare a fracassarsi i timpani. Reinfilo gli auricolari e accendo la musica a tutto volume.  Vorrei chiudere gli occhi e riaprili davanti al liceo. Cestinare questi brutti cinque minuti e borbottare un liberatorio “vaffanculo”.Ma non sono il tipo che accetta volentieri i propri limiti. E la paura è un limite. Quando l’autobus passa davanti al vicolo indicato dal barbone, mi volto per vedere se qualcosa è cambiato.Solito vicolo, soliti bidoni dell’immondizia, solita cartaccia a terra, un ragazzo in mezzo alla strada. No… questo non c’era.Lo guardo.Avrà più o meno la mia età, forse qualche anno in più, sicuramente meno di venti.Capelli lunghi, scuri, nemmeno un’ombra di barba, vestito completamente di pelle con tanto metallo tra borchie e catene che farebbe esplodere un metal detector. Sta barcollando visibilmente, avanzando incerto sulle gambe. Ad ogni passo le spalle si muovono in maniera convulsa, quasi dovesse lottare per mantenere l’equilibrio e non cadere, arrancando.Lo sguardo è fisso, perso nel vuoto, ma c’è qualcosa in quegli occhi che proprio non mi convince. Sono totalmente inespressivi. Nessuna fatica, nessun dolore, nessuna emozione, niente di niente.Strafatto di eroina. Che peccato. Ma perché tutti i ragazzi che mi piacciono sono dei completi coglioni o sono drogati ? Qualcuno deve avermi fatto il malocchio. Peccato che io non creda a queste cazzate. Sarebbe stata un’ottima spiegazione.Liceo Lincoln. Sono arrivata.-continua-