KUSHINAGARA

Post N° 104


                         A R S  *  L O N G A   
                                               
      Le raccontai di quando avevo scoperto il suo lavoro.. alWhitney Museum.. piangendo come un disperato durantela visione.. perché nel suo dolore avevo ritrovato intatto ilmio.     Mi strinse forte le mani nelle sue. Non mangiavamo più.Ci guardavamo negli occhi come due individui scampati adun naufragio.. che scoprono di essere parenti.     Lei mi raccontò della droga che le impediva di vederechiaro nel suo lavoro e del bisogno di scappare dallaAmerica di George W. Bush. Da qualche tempo avevapreso casa a Londra.. infatti. Disse :     " Per me scattare una foto è un modo per toccarequalcun altro. E' una carezza. Io non fotografo con occhiofreddo.. distaccato. Non analizzo quello che accade. Fareuna foto per me è giusto cogliere la bellezza e la vulnerabilitàdei miei amici ".     Le raccontai dell'amica con cui una volta ero stato a Londra e che poi era morta per un'overdose. Mi chiese seanch'io avevo mai usato l'eroina. Risposi di no. Lei disse :     " Però l'hai conosciuta lo stesso ".     Era così bella e vulnerabile.. mentre parlava. I suoi occhi..davvero speciali.      Ero paralizzato dall'emozione.. mentre stavamo ancoraparlando e parlando.. in quella sospensione che solo le orepiccole consentono.     Ci salutammo scambiandoci indirizzi.. numeri di telefono..promesse. L'ho rivista ancora una volta.. a Roma.. duranteuna inaugurazione. C'era una gran folla intorno a noi. Lei appariva imbambolata.. penso avesse preso qualcosa.     Ci siamo abbracciatì in silenzio.     Avrei voluto stringerla per tutta la vita.