XXI secolo?

Ballottaggio amministrative 2014, perché Livorno non poteva morire democristiana


di Emiliano Liuzzi | 9 giugno 2014Accidenti se Livorno fu comunista, prima del 1921 e dopo la guerra. Forse la più rossa delle città italiane e non è un paradosso che oggi abbia vinto il partito dei Cinque Stelle. E guai a confondere Livorno con Bologna: Bologna è stata per tanti anni l’intreccio di più poteri, la Chiesa, la Massoneria e il Partito, appunto. A Livorno no, ha contato solo il Partito. E hanno contato le genti di Livorno, il sottoproletariato che andava dall’orafo e si faceva fare la catena con la falce e martello. Fatti così. Gente di mare e di forti passioni. Come le libecciate d’inverno.Nessun obiettivo di spiegare cosa è successo, ma due episodi sì, vanno raccontati. Era il 1960. Nella Livorno comunista, c’erano due fronti contrapposti: quello di una parte dei cittadini esasperati e quello della Folgore che nel nome e nell’insegna, nella baldanza militaresca, evocava un potere antipopolare, ma soprattutto fascista. La caserma della Folgore spezza a metà la città, ma ha sempre vissuto una vita propria recintata dal filo spinato.Una banale scazzottata per questione di donne fra alcuni parà e un gruppo di ragazzotti degenerò in una battaglia per la leggerezza degli ufficiali che mandarono in libera uscita la truppa. Raccontava Aldo Santini, grande inviato dell’Europeo: “Quando vedemmo avanzare sull’Aurelia un reparto perfettamente inquadrato, con gli scarponi da lancio, intuimmo come sarebbe finita. Male. Non avevamo i telefonini per mettere in guardia la polizia. D’altronde, il questore era già in campana. Il reparto marciò compatto fino in piazza Grande, accolto da fischi e sfottò. Qui, a un ordine, i parà si slacciarono i cinturoni e si aprirono a macchia di leopardo scatenandosi in un’azione di commando. Vetrine infrante, filobus danneggiati, persone travolte. La reazione popolare non si fece attendere. Dalla loro sede sciamarono i portuali che lavoravano ancora a forza di braccia e parevano armadi a quattro ante. Quando i parà giunsero in piazza Cavallotti, dalle finestre presero a piovere conche, vasi di terracotta, bottiglie, pentoloni pieni d’acqua. Fu una battaglia”.A Roma temettero una sommossa, una rivolta della città contro l’ordine costituito. Finì con una pace firmata in Comune. Da allora i parà portano il basco amaranto, colore della città. Ma continuano a ignorarsi coi livornesi.L’episodio la dice lunga su cosa sia Livorno. Capace di metabolizzare l’insofferenza e poi esploderla in rabbia, anche fisica. Città generosa, fino all’estremo. Siamo nel 1976, e racconto un altro episodio. Tutti i giornalisti del Telegrafo e i tipografi ricevono dalla sera alla mattina una lettera di licenziamento. Attilio Monti, il petroliere nero o “Cavalier artiglio”, come lo chiamavano, chiuse il giornale. Aveva già la Nazione e il Telegrafo era d’impaccio ai suoi piani. Così lo chiuse. I giornalisti la mattina stessa si costituirono in cooperativa, ma poteva non bastare. Fu il sindaco comunista a requisire, con un atto storico, il giornale. Lo requisì. E fu una rivoluzione. Il Telegrafo che fino al giorno prima vendeva 30.000 copie passò alle 60.000. E accadde perché i livornesi si schierarono a difesa del loro giornale. I portuali, prima di montare di notte, passavano dalla tipografia a prendere le copie che avrebbero venduto sulle banchine.Violenta, generosa. E comunista. Cosa è rimasto di allora? Quasi tutto. Sono i partiti e i sindaci che sono cambiati attorno alla città. Ma Livorno è la stessa. Un messaggio l’ha lanciato e chiaro: non stiamo con Renzi. Siamo nati comunisti e non moriremo democristiani.p.s.alcune note personali: ho vissuto a livorno dal 88 al 94; lì mi sno sposato; lì è nato mio figlio; lì dopo un periodo di ambientazione mi son sentito come a casa mia, napoli, perchè passato il primo impatto ero come un pesce nell'acqua; lì puoi sentirti "comunista" perchè anche le pietre lì lo sono (non tutti lo sono anzi le generazioni dopo la mia sono molto tiepide e molto disincantate); lì il "partito" dal 92 in poi è vissuto come io vivevo la dc a napoli; lì finora lo hanno votato finora per tradizione e non sempre per convinzione; lì l'esprit labronico, il vernacoliere ne è un classico esempio, ti tiene su quando sei depresso; non mi ha colpito che proprio lì il nipote degenere del pci sia stato punito duramente ... ed era anche ora che lo fosse.