dal Fatto Quotidiano del 4 novembre 2015a firma di Michele Carugi Poniamo che un generale dell’esercito si mettesse a suggerire al governo in quali delle numerose guerre del mondo intervenire attivamente e da che parte stare, oppure che un Direttore di una Azienda sanitaria locale avanzasse proposte sulla modalità di applicazione di ticket alla popolazione o, infine, che il Presidente della Rai volesse dettare al Parlamento le regole per la assegnazione delle frequenze o per le modalità di accesso dei partiti politici alle trasmissioni televisive, magari durante le campagne elettorali.Sarei più che certo che tutti i partiti indistintamente, supportati dai giornalisti di tutti gli orientamenti, insorgerebbero gridando all’invasione di campo, in difesa delle prerogative degli organi legislativi, pretendendo marce indietro e parlando di pericolo per la democrazia.In effetti le tre cose citate rappresenterebbero quantomeno una stranezza e farebbero pensare che coloro che sono stati posti a gestire nel migliore dei modi organismi che devono attuare le scelte politiche di governo e Parlamento abbiano fatto un po’ di confusione tra il ruolo, appunto, di gestori di regole stabilite per la comunità dagli eletti da quella comunità e il ruolo prettamente politico di chi le regole deve farle su delega del popolo.Non si comprende quindi perché non venga dettato un secco stop alle esternazioni del Presidente dell’Inps Tito Boeri quando deborda dal suo ruolo di amministratore dell’ente pensionistico e si ritaglia una parte da politico che diffonde le sue visioni non su come far funzionare l’Inps nel modo più efficiente, ma su come distribuire o ridistribuire le risorse che il suo ente dovrebbe amministrare.In ordine di tempo, l’ultima diffusione di idee politiche è avvenuta domenica scorsa 1 novembre nel corso della trasmissione in 1/2 ora . Nella trasmissione, favorito da domande per nulla imbarazzanti né incalzanti, Boeri ha potuto, senza alcun contraddittorio, spiegare la sua visione politica del sistema pensionistico/previdenziale, mascherandola sapientemente da suggerimento tecnico.Beninteso, la visione di Boeri è dignitosa come qualsiasi altra idea politica sul welfare, ma il pulpito dal quale predica non è quello idoneo, perché il posto giusto per avanzare proposte su come distribuire il reddito tra i pensionati, trattandosi di materia di organizzazione della società, è un seggio del Parlamento, ammesso che uno riesca a farsi eleggere dopo avere spiegato bene ai potenziali elettori i suoi intenti nel caso in cui accedesse al governo.Nel dettaglio, Boeri ha spiegato che esistono alcune categorie privilegiate dal defunto sistema retributivo e ha citato in particolare i dirigenti di Azienda e i dipendenti delle Ffss, avanzando la proposta (che avrebbe presentato in giugno al governo in carica) di ridurre ex post le pensioni che si dimostrassero privilegiate da quel sistema di calcolo. Nessuno può contestare che ciò che ha detto sia falso; è noto che tra quelle categorie ci sono (anche) pensionati che beneficiano di trattamenti “sovradimensionati”, ma il problema è che Boeri ha detto una mezza verità, nel senso che ne ha omesse due importantissime, senza prendere in considerazione le quali il quadro dipinto è completamente distorto.Le due verità sono le seguenti: 1- Il sistema retributivo ha favorito il 97% dei trattamenti pensionistici e non solo le categorie che l’Inps ha analizzato nella sua operazione “porte aperte” 2- Le maggiori differenze percentuali tra assegno retributivo e spettanza contributiva sono collocate nelle pensioni basse e medie, con la postilla non irrilevante che proprio nelle pensioni alte sta quel 3% dei pensionati che dal sistema retributivo è stato penalizzato.A chiarirci meglio le idee su questo, ci aiuta un grafico pubblicato, guarda caso, su LaVoce.info alla quale Boeri ha collaborato per anni, all’interno di un articolo a firma Patriarca Sr. e Jr.
Tito Boeri e la sua politica mascherata da tecnica
dal Fatto Quotidiano del 4 novembre 2015a firma di Michele Carugi Poniamo che un generale dell’esercito si mettesse a suggerire al governo in quali delle numerose guerre del mondo intervenire attivamente e da che parte stare, oppure che un Direttore di una Azienda sanitaria locale avanzasse proposte sulla modalità di applicazione di ticket alla popolazione o, infine, che il Presidente della Rai volesse dettare al Parlamento le regole per la assegnazione delle frequenze o per le modalità di accesso dei partiti politici alle trasmissioni televisive, magari durante le campagne elettorali.Sarei più che certo che tutti i partiti indistintamente, supportati dai giornalisti di tutti gli orientamenti, insorgerebbero gridando all’invasione di campo, in difesa delle prerogative degli organi legislativi, pretendendo marce indietro e parlando di pericolo per la democrazia.In effetti le tre cose citate rappresenterebbero quantomeno una stranezza e farebbero pensare che coloro che sono stati posti a gestire nel migliore dei modi organismi che devono attuare le scelte politiche di governo e Parlamento abbiano fatto un po’ di confusione tra il ruolo, appunto, di gestori di regole stabilite per la comunità dagli eletti da quella comunità e il ruolo prettamente politico di chi le regole deve farle su delega del popolo.Non si comprende quindi perché non venga dettato un secco stop alle esternazioni del Presidente dell’Inps Tito Boeri quando deborda dal suo ruolo di amministratore dell’ente pensionistico e si ritaglia una parte da politico che diffonde le sue visioni non su come far funzionare l’Inps nel modo più efficiente, ma su come distribuire o ridistribuire le risorse che il suo ente dovrebbe amministrare.In ordine di tempo, l’ultima diffusione di idee politiche è avvenuta domenica scorsa 1 novembre nel corso della trasmissione in 1/2 ora . Nella trasmissione, favorito da domande per nulla imbarazzanti né incalzanti, Boeri ha potuto, senza alcun contraddittorio, spiegare la sua visione politica del sistema pensionistico/previdenziale, mascherandola sapientemente da suggerimento tecnico.Beninteso, la visione di Boeri è dignitosa come qualsiasi altra idea politica sul welfare, ma il pulpito dal quale predica non è quello idoneo, perché il posto giusto per avanzare proposte su come distribuire il reddito tra i pensionati, trattandosi di materia di organizzazione della società, è un seggio del Parlamento, ammesso che uno riesca a farsi eleggere dopo avere spiegato bene ai potenziali elettori i suoi intenti nel caso in cui accedesse al governo.Nel dettaglio, Boeri ha spiegato che esistono alcune categorie privilegiate dal defunto sistema retributivo e ha citato in particolare i dirigenti di Azienda e i dipendenti delle Ffss, avanzando la proposta (che avrebbe presentato in giugno al governo in carica) di ridurre ex post le pensioni che si dimostrassero privilegiate da quel sistema di calcolo. Nessuno può contestare che ciò che ha detto sia falso; è noto che tra quelle categorie ci sono (anche) pensionati che beneficiano di trattamenti “sovradimensionati”, ma il problema è che Boeri ha detto una mezza verità, nel senso che ne ha omesse due importantissime, senza prendere in considerazione le quali il quadro dipinto è completamente distorto.Le due verità sono le seguenti: 1- Il sistema retributivo ha favorito il 97% dei trattamenti pensionistici e non solo le categorie che l’Inps ha analizzato nella sua operazione “porte aperte” 2- Le maggiori differenze percentuali tra assegno retributivo e spettanza contributiva sono collocate nelle pensioni basse e medie, con la postilla non irrilevante che proprio nelle pensioni alte sta quel 3% dei pensionati che dal sistema retributivo è stato penalizzato.A chiarirci meglio le idee su questo, ci aiuta un grafico pubblicato, guarda caso, su LaVoce.info alla quale Boeri ha collaborato per anni, all’interno di un articolo a firma Patriarca Sr. e Jr.