Seguo con interesse gli interventi, e le relative polemiche, innescati da una serie di contributi di un professore e pubblicista (e come ho seguito l' intervento scritto da un lettore: ma costoro quanti mestieri fanno? e, mi chiedo io, non esiste una norma anche per loro sul cumulo degli stipendi visto che sono dipendenti di Pubbliche Università?), sul tema del lavoro, del sindacato, delle regole ecc. visti dal suo punto di vista, ma che come comune mortale, e per giunta lavoratore dipendente, non riesco ad esimermi da alcune considerazioni, e premesse:1. che il sindacato è ritenuto uno strumento non adeguato ai tempi com'è strutturato oggi;2. che i lavoratori, i quali soprattutto in Italia, quando non sono nullafacenti, devono cmq sottostare alla volontà "Principe del mercato libero "e ai capricci dell'imprenditoria che và dove la porta il profitto - mentre loro, i lavoratori, tali mezzi e soldi non ne hanno - e quindi di fatto non sono, se non difesi dal sindacato, che in balia di poteri e iniziative dirompenti di cui il giornalista sembra non accorgersi: a me pare la riproduzione allegorica di metropolis di F. Lang;3. che gli stessi di cui al punto sub 2 se perdono il lavoro già ora con mille regole e contratti devono farsene una ragione e stare buoni (e a quel paese se hanno una famiglia e dei figli da far studiare o altro) e, al limite, proprio se gli deve fare fare una elemosina, accettare o una mobilità lunga (pagata dallo Stato ossia noi attraverso le tasse) o una riduzione del salario molto robusta (dicasi e leggasi contratto di solidarietà che, come al solito in Italia era, quando è nata, una buona idea come strumento provvisorio per crisi provvisorie è diventata invece l'alternativa momentanea alla moblità e al licenziamento) o, come sembra ritenere il pubblicista/ professore di cui sopra, debbono lavorare di più, meglio, e possibilmente a parità di salario (e con malattie zero, mi raccomando, sennò sei lavativo) con l'unico incentivo (o conseguenza dico io) di mantenere il posto e (nel caso fossero i malcapitati dipendenti pubblici di ogni ordine e grado) denunciare i nullafacenti (questa si chiama delazione...... si commenta da sola), giacchè volendo ogni P.A. e/o industria privata ha i mezzi e gli strumenti per combattere il fenomeno dei nullafacenti, ma l'impressione è che questo sia un argomento tabù più per costoro che per i lavoratori stessi perchè questo processo delatorio porterebbe lontano........... molto lontano e innescherebbe un meccanismo che vedrebbe alla fine capitani d'industria, politici a esser messi sotto i riflettori della produttività del rendimento e della efficienza oltre che della ottimizzazione del proprio operato pena il licenziamento o l'esclusione dal gioco da parte delle porzioni di mercato nei quali sono in concorrenza (se ci sono tali segmenti in un paese come il nostro dove se ne parla tanto di mercato ma se ne fa poco di fatto e vi partecipano i soliti fessi ossia i lavoratori) già notoriamente poco democratico e sensibile al tengo famiglia, oltrechè, perchè no, i professori universitari e non, i quali quando si parlò di privatizzazione del lavoro pubblico fecero fuoco e fiamme per esserne tirati fuori, e ora naturalmente si troverebbero a dover produrre cultura e istruzione oltre che a considerare il cittadino/utente/studente come una persona da rispettare (oltre che uno che paga le tasse.......universitarie) che ha i propri diritti, e dimostrare, quindi, che fanno qualcosa (e non solo a fare articoli, convegni e conferenze come ora e le poche lezioni che vengono tenute, non sono tutti così per carità ma a parlare con gli studenti però sembra che sia un pianto) per salvare il proprio di lavoro e, magari se sottoposti a licenziamento denunciare i o il collega che non fa nulla per salvare la sua cattedra e il suo stipendio. Mi immagino i lavoratori dipendenti ad un certo punto più tesi a spiare i propri colleghi che a lavorare e gli uffici e le fabbriche (e le Università) diventano, più di quanto non lo siano già ora, dei luoghi di "enduring war"
LAVORO e..........
Seguo con interesse gli interventi, e le relative polemiche, innescati da una serie di contributi di un professore e pubblicista (e come ho seguito l' intervento scritto da un lettore: ma costoro quanti mestieri fanno? e, mi chiedo io, non esiste una norma anche per loro sul cumulo degli stipendi visto che sono dipendenti di Pubbliche Università?), sul tema del lavoro, del sindacato, delle regole ecc. visti dal suo punto di vista, ma che come comune mortale, e per giunta lavoratore dipendente, non riesco ad esimermi da alcune considerazioni, e premesse:1. che il sindacato è ritenuto uno strumento non adeguato ai tempi com'è strutturato oggi;2. che i lavoratori, i quali soprattutto in Italia, quando non sono nullafacenti, devono cmq sottostare alla volontà "Principe del mercato libero "e ai capricci dell'imprenditoria che và dove la porta il profitto - mentre loro, i lavoratori, tali mezzi e soldi non ne hanno - e quindi di fatto non sono, se non difesi dal sindacato, che in balia di poteri e iniziative dirompenti di cui il giornalista sembra non accorgersi: a me pare la riproduzione allegorica di metropolis di F. Lang;3. che gli stessi di cui al punto sub 2 se perdono il lavoro già ora con mille regole e contratti devono farsene una ragione e stare buoni (e a quel paese se hanno una famiglia e dei figli da far studiare o altro) e, al limite, proprio se gli deve fare fare una elemosina, accettare o una mobilità lunga (pagata dallo Stato ossia noi attraverso le tasse) o una riduzione del salario molto robusta (dicasi e leggasi contratto di solidarietà che, come al solito in Italia era, quando è nata, una buona idea come strumento provvisorio per crisi provvisorie è diventata invece l'alternativa momentanea alla moblità e al licenziamento) o, come sembra ritenere il pubblicista/ professore di cui sopra, debbono lavorare di più, meglio, e possibilmente a parità di salario (e con malattie zero, mi raccomando, sennò sei lavativo) con l'unico incentivo (o conseguenza dico io) di mantenere il posto e (nel caso fossero i malcapitati dipendenti pubblici di ogni ordine e grado) denunciare i nullafacenti (questa si chiama delazione...... si commenta da sola), giacchè volendo ogni P.A. e/o industria privata ha i mezzi e gli strumenti per combattere il fenomeno dei nullafacenti, ma l'impressione è che questo sia un argomento tabù più per costoro che per i lavoratori stessi perchè questo processo delatorio porterebbe lontano........... molto lontano e innescherebbe un meccanismo che vedrebbe alla fine capitani d'industria, politici a esser messi sotto i riflettori della produttività del rendimento e della efficienza oltre che della ottimizzazione del proprio operato pena il licenziamento o l'esclusione dal gioco da parte delle porzioni di mercato nei quali sono in concorrenza (se ci sono tali segmenti in un paese come il nostro dove se ne parla tanto di mercato ma se ne fa poco di fatto e vi partecipano i soliti fessi ossia i lavoratori) già notoriamente poco democratico e sensibile al tengo famiglia, oltrechè, perchè no, i professori universitari e non, i quali quando si parlò di privatizzazione del lavoro pubblico fecero fuoco e fiamme per esserne tirati fuori, e ora naturalmente si troverebbero a dover produrre cultura e istruzione oltre che a considerare il cittadino/utente/studente come una persona da rispettare (oltre che uno che paga le tasse.......universitarie) che ha i propri diritti, e dimostrare, quindi, che fanno qualcosa (e non solo a fare articoli, convegni e conferenze come ora e le poche lezioni che vengono tenute, non sono tutti così per carità ma a parlare con gli studenti però sembra che sia un pianto) per salvare il proprio di lavoro e, magari se sottoposti a licenziamento denunciare i o il collega che non fa nulla per salvare la sua cattedra e il suo stipendio. Mi immagino i lavoratori dipendenti ad un certo punto più tesi a spiare i propri colleghi che a lavorare e gli uffici e le fabbriche (e le Università) diventano, più di quanto non lo siano già ora, dei luoghi di "enduring war"