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Messaggi di Ottobre 2020

Nel lockdown la natura si è ripresa i suoi spazi. Ma non ci sono solo buone notizie

Post n°4599 pubblicato il 13 Ottobre 2020 da ninograg1
 

Fonte: Il Fatto Quotidiano  Ambiente & Veleni - 13 Ottobre 2020 Fabio Balocco

Tutti coloro che amano la natura non possono non avere apprezzato quello che sembrava almeno uno degli aspetti positivi del lockdown: il fatto che si vedessero in giro più animali, o che il verde si prendesse spazi che prima gli erano preclusi. Era la natura che avanzava a causa del ritirarsi dell’uomo (fenomeno definito dagli esperti significativamente “antropausa”, proprio ad indicare la subitanea assenza/riduzione che si è verificata a livello globale della pressione antropica). In Piemonte, dove abito, circolavano fotografie sorprendenti, come quella famigliola di anatre con i piccoli in pieno centro, oppure quel lupo su un terrazzo a piano terra in montagna, o quegli stambecchi che passeggiavano sull’asfalto.

Del resto, gli studiosi hanno effettivamente verificato che il lockdown ha comportato degli effetti favorevoli per diverse specie faunistiche; alcune specie hanno potuto fruire maggiormente degli ambienti urbani, altre delle ore diurne avendo così maggiori possibilità di acquisire cibo. Inoltre diverse specie hanno registrato un maggiore successo riproduttivo; nel caso dei rondoni, ad esempio, il numero di uova deposte è stato maggiore; nel caso del fratino, lo spazio per nidificare indisturbato aumentando così le probabilità di sopravvivenza della prole, è stato maggiore. A livello internazionale, dalle notizie raccolte, si è evidenziato anche come ci siano state maggiori nidificazioni da parte di diverse specie di tartaruga marina.

Un’altra ricerca, questa volta americana, ha accertato come a San Francisco, in ambiente urbano, siano cambiate le modalità di vocalizzazione di alcune specie di uccelli. In particolar modo rispetto agli anni precedenti negli ambienti urbani gli uccelli hanno prodotto canti di maggiore qualità a frequenze più basse che quindi hanno potuto “viaggiare” a distanze quasi doppie rispetto al normale, aumentando probabilmente la possibilità dei maschi di trovare una partner.

La realtà però non è stata tutta così favolosa neanche per la natura. Tornando all’Italia, in molte regioni ad esempio si è continuato legittimamente a sparare e a tagliare boschi, così come si sono registrati fenomeni di bracconaggio, a causa del venir meno dei controlli.

Ma, a parte ciò, il lockdown per molti è stato anche un momento di ripensamento in merito al concetto stesso di natura, o meglio sulla bellezza associata alla natura. E qui mi spiego meglio. La natura che ci circonda, e ce ne accorgiamo anche noi in ambito urbano, non è tutta “naturale”, ma è spesso frutto di interventi umani, e altrettanto spesso di interventi errati. Qualche esempio? Le nutrie sulle sponde dei fiumi, lo scoiattolo grigio che soppianta lo scoiattolo rosso; oppure gli alberi di Ailanto, di Paulownia o gli arbusti di Buddleja che invadono città, campagne e rilievi. Specie animali o vegetali immesse dall’uomo o volontariamente o casualmente che arrecano danni spesso irreparabili.

A questo proposito, interessante è uno studio che è stato pubblicato di recente, frutto del lavoro di un team di ricercatori dell’Università Statale di Milano, coordinato dal professor Raoul Manenti.

Il team ha svolto una preziosa indagine anche sulla fauna alloctona che prospera nel nostro paese e sugli interventi che mirano a contenerla. Ovviamente, durante il lockdown tali interventi sono stati sospesi e la fauna ha continuato a prosperare e ad avere la meglio sulle specie native. E sforzi di contenimento fatti in passato potrebbero essere stati del tutto vanificati. Lo stesso team sta ora raccogliendo informazioni provenienti da altri paesi, e si potrà perciò avere un quadro più completo a livello globale. La natura, a causa nostra, talvolta è matrigna.

 

 
 
 

Vaccino Covid, le trattative.....

Post n°4598 pubblicato il 11 Ottobre 2020 da ninograg1
 

Fonte: Il Fatto Quotidiano

Prima l’attività di lobbying da parte delle aziende del farmaco per continuare a trattare separatamente con i singoli Stati, in negoziati segreti che non consentono a un Paese di conoscere il prezzo a cui gli altri compreranno futuri trattamenti e vaccini. E poi, quando la Commissione ha comunque nominato un team di negoziatori europei per il futuro vaccino, l’inserimento nel gruppo dell’ex capo della Federazione svedese delle industrie farmaceutiche, ancora socio di due aziende attive nel settore. Infine, la decisione di sollevare uno dei gruppi che forniranno il vaccino da parte della responsabilità per danni eventualmente causati da effetti avversi. E’ il racconto di come e cosa l’industria farmaceutica ha ottenuto dalle istituzioni europee nel corso dell’emergenza Covid 19, secondo documenti ottenuti dal Corporate Europe Observatory e rivelazioni di Reuters.

I verbali degli incontri tra commissari Ue e industria in aprile – “Vorremmo continuare a fornire questi nuovi trattamenti attraverso i canali abituali e non con un approvvigionamento congiunto”. Il 9 aprile, in una situazione di estrema emergenza per la carenza di farmaci e attrezzature sanitarie, con queste parole un rappresentante dell’Efpia, la lobby europea dell’industria farmaceutica, si rivolgeva al telefono alla commissaria europea alla Salute Stella Kyriakides e al commissario al mercato interno Thierry Breton, chiedendo loro di non utilizzare procedure di acquisto congiunto, più trasparenti dei negoziati con i singoli Stati. Lo svelano verbali degli incontri tra i commissari e l’industria durante il picco dell’emergenza Covid 19, ottenuti dal Corporate Europe Observatory (Ceo) che in questi giorni ha pubblicato il dossier “Potere e profitto durante una pandemia – perché l’industria farmaceutica ha bisogno di maggiore controllo”.

“L’associazione rappresentativa di Big Pharma ha usato il suo potere per fare lobby contro un meccanismo (quello della negoziazione congiunta) disegnato per migliorare l’accesso e il prezzo equo dei trattamenti durante la pandemia”, sottolinea il rapporto. I “canali abituali” a cui il rappresentante dell’Efpia si riferisce – spiegano dall’osservatorio Ceo – “sono quelli dei negoziati segreti tenuti dall’industria con singoli Stati in cui nessun Paese conosce il prezzo a cui il prodotto è venduto altrove”, e quindi ha meno capacità negoziale.

In agosto nasce il team Ue. Dentro c’è l’ex capo della lobby farmaceutica svedese – Il dossier fa il punto su quanto l’industria ha ottenuto dalle istituzioni europee grazie all’emergenza Covid 19. Se è vero che – in agosto – un “Joint negotiation team”, ovvero un gruppo di negoziatori europei, è stato poi creato per la discussione dei contratti per i futuri vaccini, la Commissione tiene segreti i nomi dei suoi membri. Ad agosto il giornale belga Hln ha scoperto che uno di questi negoziatori è Richard Bergström, fino al 2016 il capo dell’Efpia svedese e tuttora titolare di interessi personali nell’industria farmaceutica. in quanto co-proprietario società (PharmaCCX e Hölzle, Buri & Partner Consulting) che forniscono servizi a Big Pharma. Sul sito della Commissione si garantisce che tutti i membri del Joint negotiation team sono stati nominati dai loro governi e che “hanno firmato una dichiarazione di assenza di conflitti di interesse”. Non si fa però alcun riferimento ad una valutazione indipendente sull’assenza di conflitti di interesse. Eppure, queste persone stanno negoziando condizioni che determineranno la spesa di milioni di euro per tutti i contribuenti europei.

Il contratto con AstraZeneca e la manleva sui danni da effetti avversi – Finora la Commissione ha firmato due contratti: uno con l’azienda Astra Zeneca, titolare del vaccino sviluppato a Oxford, da cui si è assicurata una fornitura di 300 milioni dosi (con un’opzione di ulteriori 100 milioni) da distribuire alla popolazione. Il prezzo pagato è – secondo quanto ha rivelato Reuters366 milioni di euro. Non si tratta di un anticipo per l’acquisto di dosi del futuro vaccino, bensì del costo della prenotazione. Se il vaccino funzionerà dovrà essere poi acquistato dagli Stati e se non funzionerà, la Commissione ha comunque pagato questa cifra ad Astra Zeneca per finanziare il suo sviluppo.

Come ha svelato sempre Reuters nei giorni scorsi, un accordo segreto tra la Commissione e l’azienda anglo-svedese ha stabilito che i governi europei pagheranno, entro certi limiti (non pubblici), al posto di Astra Zeneca per i danni eventualmente causati da effetti avversi del vaccino. Una condizione che costituisce un’eccezione alla legge europea: secondo la direttiva del 1985 sulla responsabilità dei prodotti (“liability directive”) solo l’azienda è responsabile di danni provocati da ciò che produce. Secondo un portavoce della Commissione, la condizione è stata ottenuta in cambio di uno sconto sul prezzo del vaccino di Astra Zeneca, fissato a 2,5 euro a dose. Mentre l’altro contratto firmato dalla Commissione per un vaccino anti-Covid 19, quello con Sanofi-GlaxoSmithKline, non prevede che gli Stati paghino per gli affetti avversi ma il prezzo per dose è più alto: 10 euro. Il gruppo di negoziatori della Commissione continua a trattare per conto di tutti i governi dell’Unione e oltre alla firma dei contratti con Astra Zeneca e Sanofi ha già concluso colloqui esplorativi con le società Johnson & Johnson, CureVac e Moderna.

Al palo l’iniziativa per condividere brevetti anti Covid – Intanto, mentre la “Coronavirus global response initiative” promossa dalla Commissione ha portato gli Stati e le organizzazioni aderenti a promettere 15,9 miliardi di euro per lo sviluppo di vaccini, trattamenti e sistemi di diagnostici contro il Covid-19, pochi governi sostengono il “Covid19 Technology Access pool”, iniziativa lanciata nell’ambito dell’Oms per condividere la proprietà intellettuale sulle tecnologie contro il coronavirus finanziate con fondi pubblici e garantirne l’accesso a tutti. Nonostante l’accesso globale ai trattamenti anti-Covid sia sulla bocca di tutti i leader, tra i governi dell’Unione Europea hanno finora aderito solo Belgio, Olanda e Lussemburgo.

Twitter: @ludojona

 
 
 

La Confindustria di Bonomi in campo contro i ‘poveracci’

Post n°4597 pubblicato il 09 Ottobre 2020 da ninograg1
 

Fonte: Il Fatto Quotidiano Pierfranco Pellizzetti Economia & Lobby - 8 Ottobre 2020

“All’accusa che i leader sindacali hanno rivolto a Confindustria di non volere i contratti abbiamo risposto con chiarezza che Confindustria i contratti li vuole sottoscrivere e rinnovare. Solo che li vogliamo ‘rivoluzionari’, rispetto al vecchio scambio di inizio Novecento tra salari e orari”. Tradotto: in quanto autorizzino la piena mano libera delle imprese nelle decimazioni aziendali a mezzo licenziamenti, cancellando (rivoluzionariamente?) qualcosa come un secolo e mezzo di lotte per i diritti del lavoro.

Così strepita Carlo Bonomi, il grossista di apparecchiature elettromedicali scelto dagli industriali aderenti a Confindustria quale loro presidente per dare voce allo stato d’animo prevalente nella categoria: il revanscismo da ultima raffica, che li destina a massa di manovra al servizio (inconsapevole?) dei grandi tessitori anti-governo giallo-rosa; che sbavano all’idea di poter mettere le mani sul malloppo, in presumibile arrivo da Bruxelles (Recovery Fund o Next Generation che dir si voglia)-

Altri – anche su queste pagine – si sono fatti carico di mostrare in maniera convincente l’ipocrisia di chi – pur avendo ricevuto dal Conte Bis la quota più consistente di risorse per affrontare la crisi pandemica – ora non si accontenta del molto ma pretende il tutto. Io stesso ho provato a tratteggiare in questa sede – partendo proprio dalle carte ufficiali di Confindustria – le gravissime responsabilità di un ceto industriale assenteista nel declino inarrestabile del nostro sistema produttivo. Vere campane a martello sulle vanità padronali di gestire loro la ripresa nazionale.

Ciò dato per acquisito, ora vorrei accennare alle modalità argomentative con cui i confindustriali promuovono le loro pretese; e sui retro-pensieri su cui si fondano. Quel qualcosa tra la petulanza e l’arroganza tradotto in luogo comune di cui oggi è icastico interprete il Carlo Calenda, che prima di impegnarsi in politica e prima ancora di aver portato la borsa all’industriale da jet-set Montezemolo, faceva il funzionario nel palazzone nero dell’Eur, sede di Confindustria: la torpida convinzione di una superiorità genetica dei membri del consesso con il simbolo dell’aquilotto, in quanto portatori di una suprema idea di efficienza.

Convinzione coltivata già prima che il reaganismo e il neoliberismo ottundessero le capacità analitiche di un Paese colonizzato culturalmente – quale l’Italia – da una ricezione fideistica della cultura proprietaria di matrice anglosassone-

Baggianate riassumibili in due principi guida: la metafora della Mano Invisibile, intesa come naturale tendenza del mercato al cosiddetto “ottimo paretiano” (la migliore allocazione delle risorse), e il mito pericolosissime del Darwinismo Sociale: con buona pace di Charles Darwin, la credenza che le dinamiche competitive selezionino al meglio eliminando i perdenti. Lasciti di una tradizione che parla in lingua inglese, per cui Beniamino Franklin, non limitandosi a indicare nell’alcolismo la soluzione ottimale per fiaccare i nativi americani, dichiarava che meno si fa per i poveri “meglio riusciranno a cavarsela”. Gli faceva eco sull’altra sponda dell’Atlantico Francis Galton (cugino dell’incolpevole Darwin), inventore della pseudo-scienza Eugenics, proponendo la sterilizzazione dei “poveri inutili”, per la loro incapacità “costituzionale” di inserirsi nel mondo del lavoro.

Ora, nelle parole del confindustriale Bonomi c’è tutto il disprezzo (atlantico) nei confronti dei “poveracci” che non albergava in una cultura come quella italiana, almeno dal punto di vista formale e dichiarativo, intrisa del misericordioso messaggio evangelico delle beatitudini: “beati voi poveri perché vostro è il regno di Dio”.

Un’attitudine solidale cancellata dall’alluvione americanista a fumetti; mentre – nel dilagare delle diseguaglianze – assistiamo all’invadenza di un elitismo che si tinge di palesi retro-pensieri razzisti: i poveracci come specie inferiore. Anche se fa un po’ ridere che a manifestarlo sia la congrega dei padroncini; che si ritengono un’aristocrazia, mentre si aggirano alla ricerca famelica di sussidi statali.

 

 
 
 

ritorno con dubbi

Post n°4596 pubblicato il 05 Ottobre 2020 da ninograg1
 
Tag: blog

si, per ora, ritorno..... con dubbi anzi tantissimi dubbi: uno spazio mio ma con sempre meno tempo e voglia di gestirlo; per tanti motivi non ultimo sul cosa dire su un media, il blog, non più pronto ad accoglierti e mostrarti chi sei.

Decido di continuare per vedere se riesco a sentirlo mio..

 
 
 

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