Partendo dal presupposto che la maggior parte di noi cerca, più o meno, in qualsivoglia circostanza di apparire al meglio, spesso mi chiedo se veniamo "percepiti" per quello che siamo realmente o se, forse, i più abili riescono a rimandare l'immagine esatta di ciò che vorrebbero essere fino a farla propria, dimenticandosi, così, di quale effettivamente sia la propria reale essenza.
I miei dubbi nascono dal fatto che troppe volte mi capita d'imbattermi in persone che indossano maschere, ma che una volta "sgamate" non rivelano poi chissà quale discrepanza tra l'essere e l'apparire, nel senso che non sono come appaiono ma, nel tentativo costante di somigliare alla loro medesima immagine, risultano, in parte, simili ad essa senza però alcuna significativa ed effettiva affinità in tal senso.
No, non è l'allergia stagionale che mi ha dato alla testa! E' la mia passione per il lato oscuro delle cose, degli uomini, della vita, a rendermi indagatrice analitica perennemente volta a sviscerare l'intimo umano.
In fondo non è un mistero che noi tutti siamo ciò che occultiamo, quel magma spesso represso, tenuto giù nelle viscere del nostro essere, quel concentrato di emozioni basiche che ormai riusciamo ad estrinsecare solo attraverso la sessualità.
La nostra vera essenza è scritta nei desideri irrazionali e negli impulsi animali che tentiamo, costantemente, di reprimere per via della cultura occidentale che tende ad omologarci tramutandoci in vere pentole a pressione più o meno finemente cesellate. Tuttavia se lasciassimo agire indisturbato il nostro "gemello cattivo" sarebbe il caos.
Ed è per questo motivo che m'intrigano le varie religioni orientali: perché, in un certo senso, esse legittimano il "male" che risiede nell'intimo di ogni essere umano. Non a caso, le divinità induiste sono sempre un misto di benevolenza e malvagità, di gentilezza e di crudeltà, e ciò tende ad "umanizzare" il divino.
L'uomo che non demonizza se stesso considerandosi "essere imperfetto", come invece lo vorrebbero le religioni occidentali, finisce con l'accettare il proprio lato oscuro riuscendo, quindi, a gestirlo in maniera decisamente più consapevole.
ma io non credo che il nostro io bambino istintivo interiore e chiamalo come vuoi eheheh sia cattivo, è quello che noi lasciamo che sia... se prevale la presenza della tentazione e cattiveria possiamo dire che il diavolo ha avuto la meglio, se prevale l'amore e la pace allora Dio è in noi :-)
Il bambino istintivo, il famoso "Fanciullino" tanto caro al Pascoli, rappresenta il buono che c'è in ognuno di noi e che dà origine ad emozioni positive ma non sicuramente sconvenienti o, almeno, non al punto da doverle reprimere od occultare agli occhi della gente. Parlando di "lato oscuro", invece, faccio riferimento ad una sorta di "gemello cattivo" che alberga in ognuno di noi in quanto innegabilmente insito nella natura umana sotto forma d'istinto di sopravvivenza. Per alcuni esso rappresenta il centro nevralgico di emozioni inespresse perché considerate inenarrabili oppure, come nel mio caso, è correlato ad un bisogno di cinismo che funga da "escaping from reality" laddove la troppa sensibilità rischia di divenire un ricettacolo di dolori e lacrime.