Kremuzio

La gente è come il colesterolo (replica)


Fateci caso, si ferma a parlare dove non dovrebbe, parcheggia dove la strada si restringe, meno c'è spazio e più si coagulano tra loro, fitti, a stringere patti ed alleanze. A fumare sigarette puzzolenti ed a ridere di qualcun che non c’è. Io ci faccio caso. Sotto l’ufficio c’è un marciapiedi, non troppo stretto, diciamo che si può camminare anche di buon passo ed anche leggendo, come mi accade spesso quando torno dalla libreria, puoi anche non pensare agli ostacoli. Ci sono automobili parcheggiate comodamente e sapientemente lungo tutto il marciapiedi, e qualcuna che accenna a montarci sopra, per sbieco con una ruotina che mascalzoncella si arrampica e prende quell’angoletto in più che se camminassi rasente il bordo la prenderei in pieno sbattendo con un ginocchio l’angolo del paraurti o del parafango o il faro. Poi ci sono alberelli ogni 3-4 metri, regolari all’interno del percorso pedonale rialzato (per non ripetere la parola marciapiedi, ma ora mi accorgo che l’ho fatto). Dalla parte opposta del lastricato pedonale (vedi parentesi precedente) c’è il muro del palazzo, o portoni e qualche vaso di fiori bello grande messo lì dal guardiano per bellezza. Ora si creano alcuni piccoli restringimenti qua e là, e se aggiungete qualche immancabile motorino di tanto in tanto, spesso in corrispondenza opposta dei vasi, sopra il passaggio, allora si è creata la condizione giusta per i casi che vado ad elencare.Se due o più escono da uno dei portoni e decidono di attendere o parlottare, pensate che si vadano a mettere nei punti più agevoli per il passaggio altrui? Manco per la capa. Sfiorano il motorino da una parte e la pianta dall’altra, oppure si poggiano all’albero o si piegano per scrivere qualcosa sul cofano dell’auto parcheggiata peggio, lasciano liberi come autostrade a tre corsie il percorso rimanente per un pedone camminante. Se due dei sostanti parlano, allora è la fine. Non si passa, poiché così presi dalle parole non si accorgeranno che tu hai magari in mano uno scatolone che non è troppo leggero e non ci passi. Anche se chiedi permesso, non si tolgono. Se poi siete sfortunatissimi, allora almeno uno di quelli starà al cellulare, e gli altri lo staranno ad ascoltare, fissandolo, mentre quello in comunicazione elettromagnetica avrà lo sguardo perso nel vuoto in un raro esercizio di vuoto mentale a cui nessun mantra arriverà a raggiungere la sua perfezione. L'unico antidoto per sturare lo sgorgo è quello di attendere una comitiva di giapponesi muniti di ombrellini aperti e sguardo meravigliato, che sfonderanno il tappo trascinando nella loro foga i chiacchieroni, liberando il passaggio come una medicina d'urgenza o una scarica di adrenalina fa con il sangue grasso.Nei corridoi dell’ufficio? Stessa cosa, se ci sono delle sedie che restringono il passaggio, potete essere sicuri che si siederanno due uno di fronte all’altro e per finire l’opera allungheranno le gambe per bloccare completamente il transito come castori che abbiano costruita la diga di rami. Beh, ci sono le sedie, penserete. Sì, ma ce ne sono anche dove i corridoi sono più larghi, ma magari meno intimi di quelli più stretti.E mi vengono in mente innanzitutto i 300 spartani delle termopili, poi quell'eroe romano che da solo sul ponte Sublicio si frappose agli etruschi di Porsenna, quindi quei cristalli di colesterolo, quelle placche che si attaccano alle arterie proprio dove c’è un più che minimo restringimento, e non si staccano, anzi attirano pericolosamente altre placche dello stesso tipo e con la stesso potere adesivo, e rallentano gli operosi globuli rossi. Ma perché? Bisogno di ricreare una nicchia? Un posto dove sentirsi protetti? Una tana riscaldata? Un territorio da marcare? Una terra da colonizzare? O solo una rottura di scatole quando vai di fretta e li vedi con una faccia ebete e ti guardano senza vederti e pensano in automatico ”maledizione eccone un altro che cammina. Ma dove andrà?”