Kremuzio

Festival del fango


Ci sono poche cose belle, naturali, rilassanti, catartiche, eccitanti, come un bel tuffo nel fango. Sarà che escono fuori tutte quelle voglie ancestrali ormai dimenticate o meglio sotterrate dalla civiltà di oggi, e di cui alla fine, se riescono fuori, vuol dire che ne abbiamo bisogno. Come i maiali. E sì che ci dividono poche differenze tra noi ed i nostri simili suini, almeno dal punto di vista della fisiologia. Ok, non abbiamo la coda a ricciolo, però ci possiamo scambiare organi interni senza troppi problemi, ed è una bella cosa. Però non mi sento cannibale davanti ad una bella braciola, o altro… Comunque, non è questo il punto.
La questione è che noi siamo animali, e portiamo in noi molta di questa animalità repressa che nei momenti buoni esce vigorosamente fuori portandoci a far cose che di solito non faremmo. Diciamocelo, non appena ci sporchiamo le mani di terra, corriamo subito a lavarci, come se ci fosse chissà quale virus pronto a ghermirci ed a trasformarci in cibo per vermi. Invece la terra è il nostro elemento, specie se intriso di acqua. Giusto ieri mi sono messo a rinvasare le piantine, e tra sudore, acqua e torba e terra vecchia, mi sono ritrovato ricoperto di quanto di più sporco avessi potuto. Solo che quando è tutto ben bagnato, acquista un odore al quale non posso resistere. Mi piace. O vediamo quando facciamo un salto alle terme in mezzo ai prati, quelle aperte dove non devi pagare il biglietto d’ingresso.
Eccoci subito a scavare con le manine a cucchiaietto, con le unghiette sui bordi del corso d’acqua caldo, per prendere argilla, o almeno così crediamo sia, o meglio fanghiglia, ricca di alghe, residui vegetali ed animali, putrescente al punto giusto, e profumata, che ci spalmiamo addosso con lussuria, lasciando “pulite” solo pochissime parti come gli occhi e la bocca. Tutto il resto diventa marrone o verde o grigio, a seconda del tipo di fango. E ci riscopriamo bestie, con la scusa che “fa bene alla pelle” e che i nostri pori vanno stappati dal sebo e dalle impurità, e concediamo capacità taumaturgiche a questo strato appiccicoso. Anche in testa, ovvio, specie noi maschietti con problemi di calvizie. Lì per lì ci sentiamo tutti Big Jim dai capelli di plastica, lisci e tirati come statue di bronzo. Tirati perché poi ci mettiamo al sole e la fanghiglia diventa terracotta, che oltre a “tirare la pelle” e stirare i lineamenti, si indurisce creando uno strato protettivo perfino alle radiazioni, che ci blocca nei movimenti. Importantissimo lasciarsi seccare al sole, ovvio, per i cultori del bagno fangoso. Poi quando ci risvegliamo (che dentro quella corazza ci si addormenta in piedi) cominciamo piano piano a muoverci, e dalle articolazioni cominciano a staccarsi le prime scaglie rigide, ma non troppo, dato che in chi ha i peli lunghi, si tramutano in tantissimi pendaglietti verdognoli che se cerchi di strapparli fa male.
E così via passi il tempo della giornata quasi come quando ti strappi la pelle piano piano dopo che ti sei scottato e sono esplose le vesciche. Bellissimo! Ma non è la stessa cosa, per cui devi ributtarti in acqua ed agire strofinandoti o facendoti strofinare (meglio) per togliere i rimasugli, ed alla fine diventi viscido come un’anguilla e sei contento per la pelle pulita, o almeno credi, che se l’avessi così normalmente penso che uno si preoccuperebbe. Ma il discorso a cui volevo arrivare all’inizio è che mi sarebbe piaciuto partecipare al Mud Festival in Corea, dove ogni anno migliaia di persone si divertono da pazzi in quei fangopark in cui far uscire la bestiola che è dentro di noi. Però meglio ancora mi sarebbe piaciuto, quei lontani giorni del 1969, essere a WoodstockMa questa è veramente un’altra storia…