Kremuzio

Comporre un numero a caso


Prendete la cornetta in mano. Cominciate a comporre un numero. Uno qualsiasi, senza cercare di sapere o controllare. Schiacciate sulla tastiera una serie di numeri a caso. Poi aspettate e vedete che cosa succede. La maggior parte delle volte, all’inizio, l’esperimento è deludente. Segnale di occupato, voci registrate che segnalano l’errore, silenzi, interruzioni. A meno che non siate fortunati, i primi tentativi sono un fallimento. Il telefono comunque non funziona a caso. Bisogna organizzarsi, ridurre al minimo i rischi.Cominciate con il definire il totale dei numeri che comporrete, varierà a seconda del paese dove vi trovate, i prefissi necessari, il luogo che volete raggiungere. E’ evidente che potete divertirvi ad alternare le telefonate nazionali a quelle in tutte le parti del mondo (a seconda dell’umore, delle conoscenze linguistiche e della disponibilità economica).E’ chiaro che non si tratta certo di una burla. Questo gioco non ha nulla a che vedere con gli scherzi che tutti gli adolescenti al mondo fanno al telefono. Sarà anche la prima cosa che dovrete far capire ai vostri interlocutori. “ho composto il vostro numero a caso. Potreste dirmi chi siete?” Questa può essere la prima frase. Dovete ammettere che detta così, non si tratta di una burla.Il seguito è imprevedibile. O vi mettono giù la cornetta di botto o intavolerete una conversazione imprevista con la centralinista di una ditta di travi metalliche con sede a Manchester. O ve ne dicono di tutti i colori o instaurerete una strana relazione, in parte anonima, con una persona che fino a pochi secondi prima vi era sconosciuta.L’esperimento non consiste nel fare nuove amicizie o come agenzia di “cuori solitari”. Nulla di biasimevole, non è questo l’obiettivo. Si tratta di provare quanto il mondo è denso, vicino ed al tempo stesso infinito. Comporre un numero di telefono a caso deve essere il punto di partenza di microavventure nella densità del mondo. Odissee infinitesimali. Smarrimenti momentanei, crepe improvvise nella compattezza del quotidiano, piccoli sbocchi di estraneità. Basta mettere giù la cornetta per ritrovarsi a casa propria. Eppure! Non subito forse, ma restano nell’aria effluvi di luoghi lontani. Qualche brandello del vostro essere è forse rimasto da qualche parte, ma non sapete bene dire dove.     (da piccola filosofia portatile di Roger-Pol Droit)