Kremuzio

La puzza dei ricordi


Proprio qualche minuto fa, entra dalla finestra dell’ufficio una poco squisita puzza di benzina, ma non proprio una normale, forse si trattava di miscela. E come per incanto mi sono trovato sulla spiaggia, bambino, che giocavo vicino al motoscafo di mio nonno.Era un catamarano di vetroresina dalla bella linea filante, del 57. Praticamente uno dei primi del suo genere. Era bianco con la parte sotto dello scafo rossa e blu. Sotto il sole puzzava di plastica, ed all’interno c’era sempre un po’ di acqua di mare, salsedine sabbia e tante incrostazioni saline.In un foro posteriore si inseriva il motore, ma di solito ci si andava a remi. Si metteva un sedile di legno e si portavano remi pesantissimi da incastrare in scalmi a forma di fionda che si rompevano ogni tanto.Si sollevava e si portava in mare in quattro, e quando in acqua cominciava a sciabordare ma non troppo. Era stabile quando le onde lo colpivano.Per metterla in moto era un casino. Pompette, serbatoio, apri di qua e chiudi di là, succhiata al tubo e tante tirate di filo d’acciaio con un’impugnatura di gomma grigia. Mica aveva l’accensione elettronica. Tiravi e tiravi e maledicevi e pompavi cercando di non scivolare, e poi con una nuvola di fumo ed un rumore scoppiettante regolavi ancora un paio di levette e partivi.Io mi sedevo dietro, all’interno dello scafo, direttamente sulla plastica, ed ogni tanto mi si permetteva di guidare. Allora impugnavo la manopola del gas quando si era in alto mare e direzionavo l’asse del motore da una parte all’altra, ma dovevo cercare di rimanere in una traiettoria dritta, costante, per permettere agli altri di pescare a strascico, lentamente, senza strappi.A volte si andava a prendere le cozze dove il mare era profondo una decina di metri, con un bravo coltellaccio da sub si staccavano ciuffi di mitili e si gettavano all’interno dello scafo.Ogni tanto uscivano dai mazzi alcuni vermetti rossastri o granchiolini di scoglio che a volte si nascondevano ed altre volte cercavano di pizzicarti i piedi.Poi si tornava allegramente a casa cercando di maciullare più meduse possibili. Uno si metteva a prua e cercava di fare la vedetta indicando la direzione da prendere per centrare quelle delicate creature marine.Vabbè. A quei tempi pescavo anche, per cui penso di essere perdonato per la mia giovane età.E poi ci si faceva i tuffi  al largo. Ormai la barca non c’è più, anche dopo tante pezze di fibra di vetro messe per continuare a farla galleggiare, ma tutto ha una fine. Per ora continua a navigare nei ricordi venuti fuori da una puzza di benzina improvvisa.