Kremuzio

Underboobs e Bikini-bridge dopo i selfie?


Beh, se ad una moda non ne seguisse un’altra, sarebbe una brutta cosa per la nostra civiltà, per cui, ecco che come continuazione di qualcosa che sia sulla bocca di tutti, abbiamo qualcosa che potrebbe essere simile, ma anche molto differente.Tutto cominciò dai selfie, cosa che praticamente tutti hanno fatto, con l’aiuto di una qualsiasi fotocamera o cellulare, neanche poi troppo moderni. Sono parecchi anni che ci si diverte a mantenere più distante possibile il proprio braccio con in mano la macchinetta che scatterà fotografie, dopo essersi inquadrati o facendo finta di inquadrarsi, con una smorfia detta anche facciadapapera o duckface per chi ha studiato. Praticamente si tratta di quella smorfia durante la quale tutte le belle ragazze diventano brutte ed antipatiche. Ecco, meglio spostare l’obbiettivo da qualche altra parte più attizzante e che non faccia vedere smorfie.
Ad esempio per le più coraggiose e prestanti al posto del solito selfie c’è quella bella angolazione detta underboobs, dove la ripresa dal basso mostra la parte sotto della scollatura, luogo poco visibile nella vita di tutti i giorni. Eppure varrebbe la pena di vedere il mondo da sotto, con vestitini poco coprenti che mettano in evidenza quanto più ben di Dio possibile. Un bel toppino di qualche misura inferiore alla taglia portata di solito o un gesto di scopertura ben malizioso, ed ecco fatto un ottimo underboob, che si può anche fare al coperto tra le mura amiche, senza bisogno di andarsene in spiaggia, come deve accadere per il:Bikini-bridge… Ecco uno di quei punti che a noi maschietti piace molto, forse perché in quel vuoto che si vede, si intuisce molto, e si capisce anche parecchio sull’anatomia che può essere cicciosa o seccardina, glabra, artistica o cespugliosa. Un ponte tirato su, e sotto molta ombra fresca e calda.Ebbene quanti ricordi di tanti anni fa quando le amiche sdraiate sul telo ben pulito dalla sabbia e profumato di sudore e crema abbronzante, erano laggiù sdraiate ad incamerare abbronzatura con quell’elastico o meglio cordino che tra le anche si tendeva come una piccola amaca sulla quale si sarebbe voluto, noialtri allupati, riposare morbidamente. Oppure quante volte avremmo voluto con un dito sollevare quell’elastico e tenderlo come un arco e sbirciare meglio e molto più di quei due-tre pelazzi lunghi e ricci che spuntavano sbarazzini e più misteriosi della foresta vergine.
Adesso sul lucido dell’olio ci riflette il sole, ma è pur sempre un gran bel vedere… E via con i nuovi selfie!