...e le pagine scure.Sono rimaste alcune cose dopo 40 anni da quando Francesco de Gregori scrisse il suo migliore album, o almeno quello che l’ha reso famoso. Innanzitutto mi sono rimasti i ricordi di 40 anni, a partire da quella ragazza che mi prestò il disco prima che andassi a fare il militare. Si chiamava Simona. Non ricordo cosa le diedi in cambio, che non si prestavano dischi a quei tempi, si scambiavano per un prestito reciproco e temporaneo. Mi sa che le diedi un disco dei Genesis, forse.Forse ho consumato i solchi di quel disco che aveva la copertina a strisce, come una tappezzeria antica. Rimmel, album fresco come una pioggia di maggio ma anche caldo come un vento estivo pomeridiano. Pomeriggio passato a digerire con un magnetofono Castelli a batterie che conteneva la cassetta registrata con l’aiuto di un amico che aveva lo stereo compatto, dove bastava spingere un paio di tasti e registravi, anzi copiavi il disco. E dal portacassette che tenevi sotto il sedile della 500 usciva fuori per ascoltarlo quando occorreva. Ed occorreva ascoltarlo in quei pomeriggi stanchi tra una partita di ping pong ed sonnecchiamento sulla sdraio e due chiacchiere appiccicose della crema solare sporcata da troppi granelli di sabbia, sotto l’ombrellone affollato dal gruppo di amici.
E qualcosa rimane tra le pagine chiare…
...e le pagine scure.Sono rimaste alcune cose dopo 40 anni da quando Francesco de Gregori scrisse il suo migliore album, o almeno quello che l’ha reso famoso. Innanzitutto mi sono rimasti i ricordi di 40 anni, a partire da quella ragazza che mi prestò il disco prima che andassi a fare il militare. Si chiamava Simona. Non ricordo cosa le diedi in cambio, che non si prestavano dischi a quei tempi, si scambiavano per un prestito reciproco e temporaneo. Mi sa che le diedi un disco dei Genesis, forse.Forse ho consumato i solchi di quel disco che aveva la copertina a strisce, come una tappezzeria antica. Rimmel, album fresco come una pioggia di maggio ma anche caldo come un vento estivo pomeridiano. Pomeriggio passato a digerire con un magnetofono Castelli a batterie che conteneva la cassetta registrata con l’aiuto di un amico che aveva lo stereo compatto, dove bastava spingere un paio di tasti e registravi, anzi copiavi il disco. E dal portacassette che tenevi sotto il sedile della 500 usciva fuori per ascoltarlo quando occorreva. Ed occorreva ascoltarlo in quei pomeriggi stanchi tra una partita di ping pong ed sonnecchiamento sulla sdraio e due chiacchiere appiccicose della crema solare sporcata da troppi granelli di sabbia, sotto l’ombrellone affollato dal gruppo di amici.