Kremuzio

I nuovi zombi (in caccia con Pokémon GO)


Ieri pomeriggio, visto che era domenica e non c’era un bel tempo per andare al mare, come faccio ogni tanto, me ne sono andato al laghetto dell’Eur per mangiare un bel gelato. Già al momento del parcheggio ho notato strane frotte di ragazzi, tutti vestiti similmente, con cappellino zainetto e pantaloni corti, a testa bassa come se fossero stati insultati o redarguiti, a fissare lo schermo del cellulare.Avete presente quei film sugli zombi dove grandi masse di non-esseri brancolano a braccia tese attirati dall’odore dei vivi o dal rumore che emettono? Uguale. Solo che gli zombi guardano in avanti, mentre quelli con le vertebre cervicali piegate (forse anche doloranti nonostante la tenera età) non guardavano altro che qualcosa nella loro mano, qualche raffigurazione grafica, fatto sta che ogni tanto esclamavano ‘lo vedo!’ o ‘da quella parte’ e ridevano con le pupille fisse, muovendosi solo grazie alla visione laterale che però non impediva loro di sbattere addosso ai passanti normali.Come gli zombi, appunto.In questi casi cerco di ritirarmi su una collinetta, dotato del cono con visciola cioccolato e panna, per vedere dall’alto e da lontano il fluire di queste masse senza vita che giravano attorno al laghetto con la bava alla bocca, affamati di qualcosa che non fosse carne umana.Tra loro c’era anche qualche umano con comportamenti normali, famiglie che davano da mangiare alle paperelle, giapponesi che si allenavano in canoa, coppie di anziani con coppette fragola e limone, accumuli di filippini intenti nei picnic, badanti tristi immerse nei loro pensieri.Forse, penso, quei ragazzi stanno giocando a Pokémon GO, l’ultima moda per chi non sa che fare della propria vita? Mi sa di sì. Ed allora penso a quando, alla loro età, andavo in mezzo alla gente in gruppo per manifestazioni politiche, protestare, ascoltare concerti buttato sull’erba a masticare spighe. Oppure quando si cercava una panchina isolata o non, per una sana e ricca pomiciata con la ragazza.A quei tempi gli unici telefoni erano quello di casa con il disco, o quello dei bar a gettoni.E ringrazio il cielo di aver vissuto un’adolescenza come la mia, e di sentirmi distaccato da quelle masse che adesso si muovono senza un motivo che non sia quello di sballarsi con un cacchio di smartphone in mano. E sono questi i momenti in cui gli anni che mi sento sulle spalle, non mi pesano, anzi mi sono leggeri, forse perché ancora il cervello mi funziona e non rischio di diventare uno zombie.