Kremuzio

Appunti di un viaggio in metro


Oggi niente scooter. Ogni tanto va fatto controllare dal meccanico, specialmente quando fa un rumoraccio simile al clangore di catene dei fantasmi nei castelli scozzesi. E allora sveglia un quarto d’ora prima. Esco da casa alle 8:15 ed a passo veloce mi incammino verso la fermata metro S.Paolo, che per fortuna non è lontana. Altre decine di persone come formichine fanno la stessa mia strada cercando di tagliare agli incroci e sui passaggi pedonali. Scorciatoie ottimali imparate dopo chissà quanto. Li seguo ed imparo. Acquisto due biglietti dal giornalaio. 2 euro. Entro nella stazione e mi dimentico di prendere un giornale quotidiano gratuito. Poco male, osserverò la gente. Al nuovo tornello mi viene strappato di mano il biglietto, e poi risputato più in là con violenza. Le porte trasparenti si aprono di scatto e passo oltre. La scala mobile è piena e lenta, ma per fortuna il treno non è arrivato. 2 minuti di attesa sotto schermi lcd che bombardano di pubblicità e notizie di crolli finanziari ad alto volume rincoglionendo tutti quelli in attesa. Comincia male il viaggio. Arriva il treno: è pieno zeppo, ma sfruttando una sacca d’aria improvvisa riesco ad incunearmi all’interno. Rimango in piedi alla partenza senza attaccarmi ad appigli visto che non c’è spazio per cadere e tantomeno ondeggiare. Sono in mezzo ad un paio di donne procaci  e niente male. Sento un paio di seni addosso al mio petto ed un altro paio sulla schiena. Non mi dispiace per niente. Tengo le mani in vista onde non rischiare di toccare sofficezze, e sbircio in giro per osservare. Comincia a far caldo visto che l’aria condizionata non funziona. Annusando riscontro che siamo tutti lavati e deodorati. I fortunati a sedere leggono giornali e libri. Gli sfortunati in piedi si guardano negli occhi cercando di capire chi hanno di fronte. Molti guardano nella scollatura a balconcino di una bella signora con occhiali neri; io sono tra essi. Questa si scoccia e scende come molti altri alla fermata  Piramide. Ma dato che altri salgono rimaniamo stretti stretti, ma non sento più i quattro seni addosso. Scendiamo quasi tutti a Termini, di corsa, visto che dobbiamo cambiare linea. Sono le 8:35. Un nugolo di persone si scontra correndo verso le scale; c’è chi scende e chi sale, e vanno tutti di fretta. Dopotutto anch’io avevo fretta: 45 minuti per fare 8 km da casa all’ufficio. Viaggio che di solito in moto mi prende 25 minuti di file traffico e semafori. Avrei potuto prendere l’autobus n.23 comodissimo come fermate ma lento e pienissimo, che per fare lo stesso tragitto poteva anche impiegarci un’ora e dieci di delirio.La fiumana di persone scende rampe di scale fisse e scale mobili. Siamo in tanti. I cestini sono riempiti dalle copie dei giornali letti e consumati. Un treno sta ripartendo e tutti corrono cercando di infilarsi con violenza nelle carrozze. Non mi va di combattere ed aspetto il prossimo ad un angoletto. Arriva dopo un minuto, aspetto che la gente scenda e salgo. Fatto! Alcune giovani studentesse ascoltano ad alto volume musica da discoteca gracchiante rompendo le palle a tutti. Anche se scendono a Barberini e Spagna, ovvero la zona delle scuole “in” per ricchi, parlano come borgatare tutte con le vocali aperte, le consonanti strascicate, ma vestite e pettinate a puntino. Hanno odori fruttati alla moda. Ricordo quando andavo a scuola io, le mie compagne profumavano di sandalo e altri odori simili, orientaleggianti, che richiamavano alle narici droghe leggere e notti alternative.Alle fermate suindicate scendono anche signore elegantissime e tiratissime di età indefinite, pronte a far shopping per le vie del centro. Anche alcuni ragazzi e uomini con camicie dai colletti inamidati ed orologi di marca si incamminano verso i loro uffici. Forse qualcuno di loro starà prendendo parte ai vari crac finanziari.Il treno esce allo scoperto subito dopo Flaminio, passando sul Tevere. Subito tutti i telefonini squillano e cantano, ora che hanno riacquistato campo. Guardo fuori papere ed altri uccelli acquatici che galleggiano insieme a qualche fortunato che se ne sta remando in canoa. Lo invidio.Alla prossima tocca a me scendere. Sono le otto e cinquanta. Riconosco da lontano alcuni colleghi, ma dato che mi sono antipatici rallento per non incontrarli e pian piano mi incammino per le strade piene di negozi chiusi.Al ritorno prenderò l’autobus, da dove guarderò il traffico e la nuca di chi mi siederà nel sedile davanti al mio.