Kremuzio

La discarica troppo carica


Ho lavorato nei dintorni della nuova Fiera di Roma, in zona Ponte Galeria, in linea d’aria non eccessivamente lontana dalla zona in cui risiede la discarica di Malagrotta. E conosco amici che vivono nella borgata Massimina, praticamente dalla parte opposta. Quello che sentivo era una puzza continua, insostenibile, quella puzza di immondizia che giace da tempo, che appesta l’aria e richiama gabbiani a migliaia. Si vedevano al tramonto questi stormi di uccelli che oscuravano il cielo, urlare e spostarsi, forse satolli, in zone dove passare la notte.Immagino come ci si debbano trovare gli abitanti delle borgate vicine. Ora il gassificatore che sarebbe dovuto entrare in funzione è stato bloccato, sequestrato. Un vecchio inceneritore era stato già bloccato perché emetteva diossina, e la discarica ora è sempre più piena finché tra non molto tempo si riempirà e finiremo come Napoli.Il problema è sempre lo stesso: la diossina è causata dallo bruciare della plastica, e la plastica è il maggior rifiuto delle nostre abitazioni. Se solo modificassimo la nostra abitudine non usando buste di plastica, ad esempio, abbatteremmo l’utilizzo di materiali inquinanti. E proprio in questi giorni si fa più insistente la pubblicità del riciclaggio delle materie plastiche. Probabilmente chi ha subodorato il guadagno vuole mettere in atto una campagna che sollevi l’animo del consumatore. Il messaggio potrebbe essere “continuate a produrre consumare e gettare plastica, tanto poi noi la ricicleremo, se la getterete nel cassonetto giusto". Ma poi se andiamo a leggere le istruzioni sui cassonetti leggiamo che se l plastica è sporca o unta, non andrebbe riciclata, ma gettata tra i materiali non riciclabili.Si, ovvio che il riciclo è importantissimo, ma se cominciassimo a scegliere beni di consumo o cibi che non abbiano nella loro confezione la plastica, sarebbe meglio. Se non altro costringerebbe le fabbriche a impacchettare con la carta, o addirittura a non usare imballi. Bisognerebbe tornare ad una quarantina di anni fa, quando, ricordo, la plastica era solo un materiale del futuro, ma considerato brutto e scomodo. C’era la pubblicità del Moplen con Gino Bramieri che saltava sopra un catino che non si rompeva, frutto del genio italico, ed era anche igienico. Le famiglie mettevano fuori della porta di casa, sui pianerottoli dei condomini, un secchio di alluminio, prodotto autarchico, foderato di carta di giornale, con gli avanzi e la poca immondizia che si produceva ai tempi del boom. Una mezza secchiata al giorno, che neanche puzzava troppo. E ogni giorno passava il “monnezzaro”, ovvero un robusto signore in tuta blu che saliva con l’ascensore, quando c’era, e quando era gratuito, dato che ci voleva una monetina da 10 lire per farlo funzionare, per cui se la faceva a piedi anche in salita... e scendendo svuotava i secchi mettendo tutto in un saccone di iuta portato sulle spalle. Se il secchio non c’era, ti suonava ed aspettava. Pensateci, un sacco di iuta di immondizia per ogni condominio con una ventina di famiglie, quelle numerose di una volta… mica singles…Poi in seguito, giustamente, vene messo il secchione nei cortili o nei portoni. Sempre uno o al massimo due per condominio, ma ormai cominciavano ad esserci i sacchetti di plastica, ed i sacconi neri. E cominciavano a puzzare. E cominciavi anche a pagare le buste quando facevi la spesa. 10 lire, poi 50. Oggi 5 centesimi. E noi paghiamo per contenere e gettare ed inquinare. Sempre diossina andiamo a produrre, anche se dicono che i nuovi inceneritori bruciano con una temperatura altissima che impedisce la formazione di essa. Torneremo al ritiro diversificato porta a porta, ma se non cominceremo, finalmente, a consumare di meno e con più intelligenza, non sarà una soluzione definitiva. Nel frattempo teniamoci la puzza.