Kremuzio

Grasso capodanno


E si è svolto anche l’ultimo dei riti legati al primogennaio, il famigerato concerto di capodanno della Wiener Philharmoniker con quel simpaticone di Daniel Baremboin. Non tanto per il concerto in se, io sono ignorante dal punto di vista musicale, mi lascio trasportare solo da Bach per la toccata e fuga, Beethoven per un paio di sinfonie e Prokoviev e Shubert ed altri tra cui Frank Zappa. Con il tv di sottofondo nel dopopranzo abbastanza asciutto a base di spiedini, un bicchierino di mirto e caffè, sono subito corso sotto la copertina a sonnecchiare con il concertone e le fusa del gatto in sottofondo. Mi sembra ci fosse stato Haydn come protagonista fino alla fine, e forse mi sono anche addormentato fino ai bis, o come si dicono, quando tutta la prosopopea dell’avvenimento scese in campo con tutto il suo splendore. Il bel Danubio blu ovviamente mi ha ridestato sprofondandomi in considerazioni d’annata. Si, per prima cosa rivedo tutto l’allunaggio di quell’astronave a forma di palla nel film “2001 odissea nello spazio”, e non ci vedo altro che lo spazio cosmico dell’immaginazione di Kubrick. O meglio ricordo anche quando mio nonno ed una mia vecchia zia che era stata ballerina di fila negli spettacoli di Petrolini, accennavano sgraziatamente un paio di passi di danza di fronte ai parenti ed al televisore in bianco e nero, negli anni ’60. Che poi ripensandoci bene erano praticamente gli stessi anni del film…Durante il concerto alcuni giovanissimi allievi danzatori sgambettavano con agili ed aggraziate mosse in calzamaglia, fino ad entrare in platea per continuare i passi di fronte ad un divertito quanto imbarazzato nugolo di spettatori. Ed a quel punto ho cominciato ad osservare le facce degli spettatori: Rossi in viso, paonazzi, dai capelli bianchi, profumati di acqua di colonia, fissavano i ragazzetti con aria furfantella, e le ragazzette di sfuggita. Biondissime, bellissime nel loro candore virginale da ninfe dei boschi di Schonbrunn rompono la monotonia di note stratrite e straritrite con una botta di adrenalina che potevano risultare fatali ad alcuni degli spettatori che di sicuro facevano colazione con wurstel e birra. Classica iconografia delle genti del nord. Le vecchie megere arricciavano le loro rughe non ancora stirate da valenti chirurghi, con il loro monocolo telescopico e risatine scomposte poiché sicure di essere riprese proprio in quel momento, diffuse in eurovisione. Ma questo baccanale termina e l’apoteosi totale è quella stupidaggine della marcia di Radetzky quel vecchio maresciallo che ci hanno fatto studiare a scuola nelle guerre di indipendenza, mano armata del basettone Francesco Giuseppe. Ora quelle mummie incartapecorite o gonfie di trigliceridi non vengono che per battere le mani a tempo, come tanti pupazzetti alle note di quell’inno di quel macellaio di maresciallo. Come se noi facessimo lo stesso con “faccetta nera”… disgustoso. Ebbene, Baremboin che coosce i suoi polli ha simpaticamente redarguito i primi entusiasti che iniziavano a battere prima del tempo, poi incoraggiando la massa se ne usciva con un “Bravo” da presa per il culo eccezionale, con un sorriso ed una faccia che mi ricordava una stampa vittoriana satirica. Bellissimo quel faccione che dava il tempo ai vegliardi riccastri imbottiti di soldi e palle di Mozart e stucchi dorati, coppie deprimenti ma allegre, con l’unico cruccio di come investire i miliardi in Svizzera. A me ha fatto pena vedere dimostrazioni di pseudo ingenua allegria, al suono di marcetta dello tarazum tarazum tarazum pappa’, anche se mi rendo conto che si tratta di una tradizione, un po’ come la strage di tacchini negli USA il giorno del ringraziamento, o la strage di abbacchietti a Pasqua.