Kremuzio

Alberi


Ancora non ho capito quale origine abbiano quei cartelli che si vedono in giro per le strade di Roma: se siano pro o contro il sindaco non lo intendo. Fatto sta che danno i numeri sulla quantità di alberi potati dalle parti del quartiere Prati. Un centinaio nel parco della Vittoria, altre decine in Castel S.Angelo. E dato che non sono un biologo od un agronomo, non capisco se siano bene o male. Quel che vedo ora sono lunghe teorie di tronchi spogliati nonostante che sia iniziata la primavera ed i boccioli fanno capolino tra i rami che iniziano a colorarsi. I platani del lungotevere al solito si vedono sfrondati dalla pare della strada e pendono sporgendosi dagli argini, e prima o poi si spezzeranno dalla parte che non viene alleggerita. Ma in molti punti di strade larghe, non so perché i rimasugli dei tronchi sono alti neanche un metro. Se si tratta di potatura questa… I negozianti del luogo, che ora si vedono tolte l’ombreggiature e quell’aria di città verde, dicono che hanno riferito loro che si tratta di alberi malati e secchi se non morti da tempo. Spesso da questi alberi morti nasce un rametto che con un ultimo sforzo va verso l’alto e finché non gli viene dato il colpo finale con una estrazione che ha del dentistico, ha anche la sfrontatezza di riempirsi di foglie. Ce ne sono molti in questa situazione. Chissà se verranno sostituiti e se queste creature vegetali soffrono nell’essere trattate in questo modo. Già sono sofferenti per lo smog e le piogge acide, per le irrorate canine e i residui dei lavaggi dei portoni a base di varechina. Ogni tanto vengono decimati dalle solerti bande di tagliatori di tronchi. Dicono che un albero che cade in una foresta non fa rumore. Per me un albero potato in questo modo urla vendetta. Quando poi non spariscono e basta:C’era una volta un albero, bello grande, frondoso. Si trovava ad un angolo davanti la Basilica di S.Paolo, vicino la metropolitana. Non so di quale specie sia stato. Per me gli alberi sono alberi e basta. Non ricordo mai i nomi e non so riconoscerli se non i più elementari. Ma so che l’ombra era fitta. Le fronde ampie e pienissime di foglie. Se ti fermavi sotto quando pioveva non ti bagnavi mai e ci vivevano uccellini e chissà quante specie di insetti. Ad un paio di metri di distanza c’era una vecchissima trattoria con una tettoia da cui uscivano profumi di cucina casereccia. Alcuni bei grossi gattoni pascolavano nei dintorni davanti la porta ed aspettavano giocando ed accoppiandosi che la cuoca desse loro da mangiare. Poi qualche anno fa la trattoria chiuse. I gatti continuavano ad essere accuditi dalle gattare ma non erano più grassi e felici come prima. Finché si spostarono da altre parti. Sotto la tettoia recintata da un muretto cominciavano a passarci la notte dei senzatetto dei quali si vedevano materassi e cartoni. Solo l’albero mi ricordava gli antichi fasti. Un brutto giorno quell’angolo di paese venne circondato da impalcature e fu raso al suolo. I lavori fervevano con la curiosità di cosa sarebbe sorto al suo posto. E l’attesa fu come un tuffo al cuore quando comparve sul cartello dei lavori il nome del mandante: McDonalds. Al ritorno dalle vacanze l’albero non c’era più. Dava fastidio a quella palazzina di due piani che ora è piena di grassi bambini vocianti. Non ci sono più gatti. L’aria viene appestata da quella puzza di cucina satura di oli di chissà cosa. Il fetore te lo trovi anche a centinaia di metri. A volte mi sembra di sentirlo in casa, sempre, come una fabbrica inquinante. Ogni volta che passo a piedi in quello che era un angolo magico, vedo una cicatrice nell’asfalto, tra le macchie di vomito e le cartacce, tra gli involucri delle patatine e le cicche di sigarette, immersi in un atmosfera di olio e benzina. Vedo oltre i vetri frotte di bambini festosi con i genitori tutti uguali. Ragazzi vestiti di capi firmati e ragazze con l’ombelico scoperto. Mangiano con allegria quei panini gommosi ripieni di chissà cosa, mandano sms agli amici dall’altro capo del tavolo e bevono cocacola allungata. Chissà se sapevano che c’era un bell’albero a pochi metri di distanza con gatti ed uccellini, e mi ci riparavo quando pioveva e non avevo l’ombrello. Ora non c’è più.