Kremuzio

Fulmini


Anche tuoni, per essere precisi. Spettacolo fantastico quello di questa notte, e fortunato io che me lo sono goduto gratis, senza canone e pubblicità.Al primo rombo di tuono, nulla a che vedere con Gigi Riva, mi affaccio proprio mentre vedo saettare un zigzag luminoso che parte da lontano ed arriva ancora più oltre, parallelo al terreno, sopra le nuvole. Prendo una sdraia e mi sistemo sulla verandina ricoperta di vetri, quella che uso come serra e che in questi giorni è piena di vasi. Sono al sicuro dalla pioggia imminente e da improbabili scariche elettriche. Spengo tutte le luci e mi appresto ad assistere allo spettacolo. Come se fosse una dimostrazione pirotecnica ad una festa patronale, mi lascio scappare delle grida di sorpresa e stupore. Ho un bicchierino di limoncello freddo che sorseggio a microscopici sorsi: ora che sono seduto comodo non mi va di alzarmi ed interrompere la magia. La striscia elettrica si muove lenta, impiega un secondo circa, forse di più a percorrere un buon centinaio di gradi d’arco sopra di me. E’ sopra le nuvole che sembra illuminare da dietro causando aloni opacizzati che mettono in rilievo il loro spessore vario che si muove col vento che non percepisco. All’interno è netta, e vedo chiaramente le diramazioni, gli angoli, gli svicolamenti: sembra un fiume con tutti i suoi immissari fotografato con un lampo di magnesio. Ad ogni lampo inizio a contare uno, due, tre… simulo lo scorrere dei secondi. Arrivo fino a dieci. Quelle scariche sono a quasi 3 chilometri e mezzo di altezza, o di distanza. Chissà. Arrivato il rombo, sale lentamente, arriva al suo apice che fa tintinnare i vetri e ridiscende d’intensità come un treno enorme, una locomotiva pesantissima che sferragliando arriva, passa e va, senza fischiare.Devo aspettare come se fosse un vecchio flash che deve ricaricare il condensatore ed impiega qualche secondo. Ma so che lo rifarà. E’ proprio sopra di me, che rilassato punto gli occhi senza sbattere le ciglia, per paura di perdermi il momento preciso in cui quell’enorme macchina naturale lascerà scoccare la scintilla per tutta la sua lunghezza, forse di decine di chilometri sopra la mia visuale. Ora inizia a piovere lentamente. Prime gocce grandi. Passano i minuti ma l’intensità non aumenta. Lontanissimo vedo quegli altri tipi di fulmini, quelli che scendono verticalmente e non si scaricano tra una nuvola e l’altra, ma dritti sul terreno, o forse in mare. Non sento i loro tuoni, ma solo grandi cerchi luminosi, campiti di luce lontana che lasciano circondare i palazzi lontani di un contorno chiaro, giallo o bianco, e dalla mia parte diventano nerissimi per il contrasto. Questo skyline stroboscopico non mi diverte. Ricordo tutte quelle volte nei campeggi estivi quando ascoltavo con preoccupazione l’arrivo del temporale, l’arrivo di quei nuvoloni neri che prima o poi avrebbero scaricate ondate d’acqua sulla tenda, che avrebbe come al solito resistito, piegandosi al vento e scrollando di dosso l’acqua per non farla penetrare all’interno. E i numeri che scandivo nella testa dopo che il tetto di tessuto si sarebbe illuminato seppur rimanendo opaco. Conto fino a 3, ed ecco il tuono, possente, poi fino a due ed arriva. Poi non oltrepasso l’uno, e l’aria trema. Poi eccolo, me l’aspettavo, la luce immensa, che circonda tutto ed il CRACK che ti sposta e ti entra nelle orecchie, nel cervello, come una bomba potentissima. Il tutto simultaneo e pensi: “non mi ha colpito”. E capisci che è caduto vicinissimo, forse sull’albero che ti ha protetto dal sole alto, o sul cespuglio di pitosforo, sul giovane oleandro o sulla rete di recinzione. Ecco un altro bagliore nell’oscurità. Quasi due secondi ed ecco il rumore potente. Si allontana: è a 500 metri. La pioggia sferza rumorosa sulla tenda, sugli asciugamani stesi ad asciugare, sulla terra battuta. Sembra urlare, “wuuuuuuuu” la sua frequenza come la sirena di un giocattolo è composta dalle gocce veloci che colpiscono tutt’intorno e sopra di me.   Ho terminato il limoncello, e ora che faccio? In tv ci sono vespai governativi e squallide esibizioni di sottomissione al dio denaro ed alla nanocrazia dittatoriale. Vado a dormire, l’atmosfera è più fresca, e mi rilasso ripensando a quegli splendidi zigzagare di cariche elettriche e fotoni. E mi addormento.