Kremuzio

Tutti ar mare tutti ar mare


a mostrà le chiappe chiare... Non era che mi andasse troppo andare sulla spiaggia, ma sabato avevo preso un sacco di sole e il giorno successivo avrebbe meritato di prenderne altro in tenuta un po’ più adamitica. Il problema che si pone ogni volta è quello del traffico. La spiaggia è bella, quella libera tra Ostia e Torvaianica, chiamata “ai cancelli”, in quanto si accede ai grandi parcheggi ricavati nella macchia mediterranea tramite grandi ingressi cancellati. Si fa un bel pezzo di via Cristoforo Colombo, quella che parte dal Colosseo ed arriva al mare, passando per l’Eur. Un po’ di semafori e il limite di velocità rallentano il traffico, che nei mesi estivi è praticamente bloccato, specialmente al rientro. Ad un certo punto si gira a sinistra ed immettendosi nella strada che taglia la pineta si risparmia qualche chilometro. Se sei fortunato puoi bearti gli occhi con le nigeriane che si trovano lungo la strada, di spalle, a qualsiasi ora del giorno e della notte, ma poi pensi ai problemi della loro vita, e di quello che sono costrette a subire, alle violenze ed alle minacce, ed i sorrisi che vedi sui loro volti, non sono più belli. Incutono solo tristezza.Appena giungi sul lungomare, come al solito mi incazzo per i chilometri di macchia e spiaggia che sono servitù militare. Tutto trincerato con reti metalliche e filo spinato. Mancano solo i cavalli di Frisia. Si vedono dune pulite e qualche guardiola in cui giovani vedette armate controllano che il nemico non invada le nostre coste. Casomai potrebbe farlo cinque chilometri prima o dopo. E mi chiedo che senso abbia tenere chiuso tutto quel litorale inutilmente, rendendo impossibile l’accesso a milioni di romani che potrebbero stare più comodamente sulla sabbia, trovare più spazio ed innervosirsi di meno alla ricerca del parcheggio. Praticamente circa la metà dello spazio è occupato per niente. Se qualcuno mi spiegasse il motivo, farei uno sforzo per capirlo. Ma continuiamo. Ieri non c’era assolutamente traffico sulla strada, e l’accesso ai cancelli era sgombro dai vigili, e il parcheggio troppo facile non mi da’ troppa soddisfazione. Via sulla spiaggia. Ci sono solo persone che parlano russo, veri aficionados della spiaggia. Qualche romano nerissimo perché abbronzato e non di origini africane, cuoce sul lettino. Coppie di anziani con miliardi di rughe sono i veri padroni di quelle sabbie chiare e calde. Inizia il lavoro. Cominciamo dall’ombrellone. Dopo decenni ho capito che il puntale di plastica non serve a niente. Si era perso in Grecia tempo fa, incastrato tra i sassi, e subito dopo sentirmi perduto, facendo buon viso a cattivo gioco, ho capito che era meglio così. Avete presente quando infilate il tubo e quello rimane a pochissimi centimetri? Poi si prende con forza e si ruota a giri sempre più larghi pensando a raggiungere il centro della terra, ed aspettandosi di veder uscire dalla buca prima l’acqua di mare, poi l’acqua dolce, poi magma  e subito dopo satana con le corna e con la coda. Invece sei a dieci centimetri e basta uno starnuto e l’ombrellone cade. Ma senza puntale, il tubo penetra come burro, in verticale. Senza sforzo scende, e come se stessi facendo un carotaggio, lo sfili e sbattendolo in terra, lo svuoti della sabbia rimasta imprigionata all’interno e così continui. Re-infili di un’altra decina di centimetri, tiri su, svuoti ed ecco fatto. Magari vai troppo a fondo e rimane poco tubo allo scoperto, ma sei sicuro che neanche una tromba d’aria potrebbe buttarlo giù.Poi il resto è noia, quella buona, sana e ricreante. Giù sul telo, via in acqua fredda, bella nuotata che sembra di stare nel mar Baltico, con tutte quelle voci cirilliche. Asciugatura al sole e ricco panino con tutti gli avanzi della settimana raschiati dal frigo. Lettura digestiva e pennichella, poi di nuovo in acqua fredda per un altro bagnetto e perché le latrine sono troppo distanti, e la si fa così senza un minimo di pudore, con l’acqua che ti arriva all’ombelico. Mi guardo intorno e vedo che non sono l’unico ad avere la stessa idea. Forse il mare sarà un po’ più caldo tra qualche minuto. Dopo aver detto per la trecentesima volta “no, grazie” ai venditori di cose strane, altre inutili, molte bruttissime e qualcuna misteriosa, specie quando passano i bibitari immigrati che annunciano la loro mercanzia mischiando tutte le parole per tirarne fuori una incomprensibile. E ci ragioni sopra come fosse un rebus o una sciarada. Analizzando ogni sillaba per tirarci fuori una parola di senso compiuta, inutilmente. Magari una volta la parola si capiva, ma poi come nel gioco del passaparola, cambia ogni volta, acquista vocali, perde consonanti, si fonde con quella successiva ed un RACAPEROOOOOOOO, potrebbe significare birra coca peroni, o un ragno al cappero nero, con troppa fantasia. O magari è un’offesa nella lingua dei predoni del deserto o una maledizione voodoo rivolta a chi non tira fuori quel paio di euri per l’acquisto.Ok, dopo 6 ore di sole e dolce far niente si ritorna a casa. Niente traffico. Probabilmente la gente è rimasta a casa per vedere partite o la formula uno. Meglio così.