Kremuzio

Bulli e purghe


Dicono che la colpa è dello zucchero. Mah! Le statistiche, seppur lascino il tempo che trovano sciorinano una serie di dati e percentuali desolanti. Una classe elementare su due, in Italia, ha avuto fenomeni di bullismo, comprese violenze ed aggressioni. Quasi il 30 percento degli alunni sono stati vittime o carnefici. Quasi la metà di coloro che hanno fatto i bulli, si sono visti poi sporcare la fedina penale entro i 24 anni di età, per aver commesso almeno 3 atti criminali. Ed il risultato peggiore è che il 15% dei ragazzi che tenta il suicidio, ha subito in precedenza aggressioni e violenze in episodi di bullismo. Se i bambini sono più violenti che mai, la colpa se la distribuiscono i genitori in primis, ma questo le statistiche non lo dicono, poi la tv ed i videogiochi a causa dell’alta frequenza di immagini e contenuti violenti (e qui tornano i genitori che permettono ai figli di seguire questi spettacoli). Ancora le mamme, poi, sono quelle che comprano ai figlioli affamati un buon numero di merendine a base di zuccheri. Questo continuo rifocillamento (e ci metterei anche le bibite) non fa altro che soddisfare voglie in gran quantità, che sono alla continua ricerca di gratificazione ed euforia. Per cui, per viziare e calmare il pargolo nervoso, gli si dà la merendina, che crea dipendenza, al che lui ne chiede di più con maggior insistenza, in un continuo chiedere e ricevere senza una minima sofferenza, che potrebbe temprare l’indole del virgulto. In effetti vedersi soddisfare ogni voglia non educa di certo alla sofferenza, alla sopportazione, all’attesa. Tutto e subito, ed imitando gli spettacoli televisivi, dove non arriva il frignare, può la violenza. Poi passeranno dalla girella alla bottiglia di alcool, e forse alla droga, in questa continua ricerca della soddisfazione che faccia fermare per un breve periodo di tempo l’insoddisfazione. Meglio passare per tempo dal dolcetto alla purga…E come sempre ritorno indietro col tempo. Ai miei tempi non c’erano le merendine. Pizza bianca o rossa presa dal fornaio, oppure fette di pane con una gelatina alla mela cotogna, che sopportavo solo perché con quel mattoncino semitrasparente venivano regalati francobolli o figurine con i calciatori. Dolce si, ma poco appetibile. In vacanza grandi fette di pane ed olio e sale. Meglio però le barrette di cioccolata o riso soffiato ricoperto di cioccolata, o ancora cioccolata che ricopriva i wafers. Si chiamavano “carrarmato”, “ciocorì” ed “hurrà”. Sì, mi piaceva la cioccolata e ne vado pazzo tutt’ora. Ma non è che sia mai stato un bullo. Almeno non nell’accezione odierna. A scuola ci si picchiava per gioco, ma senza cattiveria, spintoni e rotolamenti a terra cercando di sopraffare l’avversario senza troppe cerimonie. Se poi si metteva a piangere la vittoria aveva più gusto. Non mi piacevano quelli che piangevano, ed in effetti erano coloro che facevano i capri espiatori. Alle medie ci fu un periodo in cui c’era lo sport stupido di tirarsi giù i pantaloni della tuta, ma sotto avevamo i calzoncini per l’ora di ginnastica. C’erano vere e proprie lotte senza quartiere in cui si doveva stare attenti che in un battibaleno non ti trovassi con il posteriore al fresco. Durante una di queste battaglie c’era uno di quelli catalogati come piagnoni che era lì, indifeso, distratto. Mi avvicinai come un sioux, silenzioso e velocissimo gli tirai giù i pantaloni della tuta. Solo che modulai male la forza nelle mani, ed insieme ai pantaloni tirai giù anche i pantaloncini e le mutande, lasciandolo a chiappe all’aria in mezzo al cortile della scuola. Ops, Ovviamente ci fu un grido e urla di pianti e strepiti. Giustamente voleva uccidermi, visto che c’erano anche delle ragazze che ridevano divertite. Mi sentii mortificato e dispiaciuto per lui, e lasciai che mi picchiasse un po’ senza difendermi troppo. Non era troppo forte, e me l’ero meritato. Poi qualche anno più tardi tra noi maschietti idioti era scoppiata la moda di darsi piccole botte sugli zebedei. Che dolori assurdi! Se ci penso ancora adesso svengo per il dolore. Democraticamente ci si batteva a tradimento tra tutti noi, nessuno escluso. Ma a proposito di piagnoni, c’era in effetti un compagno di scuola che non sopportavo: Fabio. Aveva la faccia sempre imbronciata e piangeva per un nonnulla. Gli facevo sempre scherzi cattivi ed ogni tanto lo picchiavo. Poverino. Ma ricordo che lo facevo con una cattiveria tipica dei bambini, stupida e senza rimorsi. Eppure non mi aveva fatto niente in particolare. Era un po’ spione e la sua voce era sempre frignante, con la bocca perennemente storta in un ghigno disperato ed antipatico per lamentarsi col maestro di qualsiasi ombra gli mettesse paura. Niente pugni o schiaffi però, solo un po’ di sana lotta di tanto in tanto o qualche spintarella o un calcetto. Se ci ripenso mi riviene voglia di picchiarlo. Poverino, mi piacerebbe rincontrarlo per chiedergli scusa, e magari picchiarlo di nuovo per un po’ in ricordo dei vecchi tempi.Mi sa che devo mangiare meno zucchero e meno cioccolata.