Kremuzio

Cannibalizzazione mancata


Trent’anni fa moriva di fame “cannibale” la rivista underground durata solamente 3 anni, ma tre anni pieni di sconvolgimento artistico, di mirabolanti storie disegnate da artisti che dovevano iniziare a farsi conoscere allora e poi sono passati alla storia dell’arte. L’assonanza del nome con “le canne” era una buona carta d’identità sul contenuto delle pagine.L‘avventura iniziava nel 76 su idea di Stefano Tamburini, Marco D’Alessandro e Massimo Mattioli e vide la luce nel 1977. La leggenda narra che da un cilindro di carta di giornale prelevato da una cartiera abbandonata nacque il desiderio di riempirlo con qualcosa di assolutamente nuovo e geniale. I cervelli c’erano, i soldi no. Il nome viene dato in omaggio alla famosa rivista surrealista diretta da Picabia nel 1920 ed uscita solo per due numeri.Ma non mi metto ora a scrivere la storia iconografica dell’evento che ho seguito passivamente, come utilizzatore finale, ma quella valanga di impressioni che mi prendeva dritto su per il cervello quando mi chiudevo in me stesso per leggerlo ed assimilarlo.Tanto per cominciare non si acquistava dal giornalaio, ma si doveva entrare in quelle librerie alternative in cui trovavi anche “il Male” o “Re nudo”, fanzine di fantascienza e ciclostilati di denuncia; Opuscoli sull’energie alternative e manuali di coltivazione della canapa. Chi no ha vissuto quei tempi non può capirlo, ma pensavamo di star vivendo una rivoluzione culturale che però ha avuto come passaggio gli anni di piombo fino allo squallore dei giorni d’oggi.Già l’odore degli scaffali sui quali stavano le agognate riviste erano diversi: sandalo, patchouli, magari con nenie di sottofondo degli Hare Krishna o musiche elettroniche dei Tangerine Dream. Entravi e non sapevi quando ne saresti uscito, non per acquistare chissà cosa, al massimo un poster di Frank Zappa oltre alla rivista, ma perché ti perdevi ad osservare i braccialetti e come vestivano quelli che nel locale vivevano e lavoravano. E ci parlavi e capivi che erano diversi da te che avevi appena finito il liceo dai preti, e ti eri perso tutte le contestazioni, gli scioperi e le esperienze di quelli che magari erano andati al liceo Mamiani. Mi sentivo un piccolo borghese che voleva mascherarsi da fricchettone, ed allora mi mettevo camicioni e jeans consumati a zampa d’elefante, e braccialetti e catenine, e capelli lunghissimi e la tolfa che riempivo di libri e fumetti e cartine e qualche rimasuglio di fumo.E ci infilavo il Male e Cannibale, per quei pochissimi numeri che è uscito. Le pagine coloratissime mi hanno fatto conoscere le storie assurde di Rank Xerox prima di Tamburini e poi di Tannino Liberatore; le storie Acide di Andrea Pazienza che maledico il fato che ce l’abbia portato via e privato di una delle menti artistiche più grandi del ventesimo secolo; le storie psichedeliche di Mattioli. Ma c’era anche Robert Crumb, i freak brothers, Filippo Scozzari all’inizio di incredibili storie ben poco grafiche ma molto demenziali.  Poi venne “Frigidaire” che almeno all’inizio sembrava prendere l’eredita di Cannibale: Joe Galaxy e le perfide lucertole di Callisto IV, il nuovo e migliore Ranxerox, Zanardi, Suor Dentona, e via godendo. Leggevo quasi di nascosto, come di nascosto acquistavo e trasportavo.  Erano le edizioni del “tapiro arrapato” come potevo disimpegnarmi se l’avesse trovato mia madre? Fortunatamente per me le edizioni cambiarono nome e diventarono “Primo Carnera”, salvandomi la faccia almeno per la copertina.Il primo numero della rivista non fu né il numero zero ne il numero 1 ma il numero 3, proprio per rappresentare la continuazione del foglio di Picabia. Ci misi troppo tempo a capirlo e Dio sa quanto abbia cercato i numeri precedenti che non esistevano. Erano puri brividi quelli che mi arrivavano più che per le storie, per la considerazione che facevo sulla vita vera, quella delle comuni, delle campagne o anche delle case occupate, dei collettivi di lotta, delle camere ammobiliate delle università, magari a Bologna. A Roma, la mia vita passava dal liceo, poi all’università, al negozio di materie plastiche giocattoli e casalinghi di mio padre, seppur immerso in piena San Lorenzo, ad un tiro di Molotov da via dei Volsci, a me risuonavano solo l’eco delle grida, delle proteste di migliaia di ragazzi che invece avevano scelto di mettersi in gioco completamente. Non mi bastava andare per una settimana in una specie di ritiro spirituale a Pisa, dove un mio caro amico che lì studiava, mi ospitava e preparava canne a tutto spiano, insegnandomi la nobile arte della rollata e le sue variazioni con la mela, la carta stagnola, il cylum o il narghilè, per non tacer delle torte con ingredienti speciali… Con tutto il viavai di nobile gente sempre generosamente pronta a portare pezzi di pizza birra e supplì, a cucinare carbonare o ragù della scatoletta, a raccontare storie, cantare pezzi dei Genesis, a lasciarsi andare con qualche bacio rubato ed altro, consci che quei momenti forse non sarebbero più tornati. Cannibale, quanti ricordi! Meglio che smetta prima che mi metta a ragionar sopra a fatti contemporanei composti da tutto ciò che a quei tempi non avremmo mai immaginato potesse accadere.Se non altro, mi basta andare allo scaffale riservato all’underground nel mio studio, per sfogliare quelle pagine favolose e riempirmi la testa di giorni felici… e non è poco!