Kremuzio

Cinemarchettoni


Come al solito non mi sembra ci siano state grandi differenze tra gli ultimi giorni dell’anno scorso ed i primi del 2010. La prima cosa che ha fatto da trait d’union tra i due anni è stata la presenza di Carlo Verdone, grande marchettaro, per fare pubblicità al suo filmE mi chiedo se sia lui, o il suo agente, se ne ha, a proporre la presenza nei programmi in qualsiasi canale ed ogni trasmissione o talk show, oppure sono i responsabili dei programmi a chiedere la presenza dell’attore perché è di moda e fa audience. Fatto sta che vedere le stesse persone in tv, a dire le stesse cose, rispondendo alle stesse domande, risulta abbastanza antipatico e noioso.Specialmente sotto Natale ed i suoi cinepanettoni, la fauna televisiva sembra colonizzata dai soliti noti, che nel resto dell’anno scompaiono, beati loro, da un certo punto di vista.Quel film che stanno presentando non lo vedrò al cinema, aspetterò che venga trasmesso in tv, ma immagino che sia sulla falsariga degli altri. Dicono che invecchiando uno migliori, e che nei suoi film, vengano poi esposti i problemi esistenziali dei protagonisti che dimostrano una evoluzione dell’autore. A me questi tipi di spiegazioni non piacciono. Già dai film degli esordi, le parti finali erano tra l’assurdo e l’inconcludente, ma ad un certo momento non interessavano tanto i quasi tristi finali, quanto le macchiette dei suoi personaggi meglio definiti, quelli che lo hanno fatto diventare famoso ed importante nel contesto cinematografico italiano. Già, italiano, non mondiale, come se quell’aura di provincialismo non debba mai abbandonare le creazioni umoristiche fatte su misura per il nostro paese. I personaggi isterici, malati, da deridere, come il giovane impacciato o il coatto, o il prete, o il dottore, o il precisino isterico, circondati dal padre arricchito/violento, dal suocero puttaniere, dal cugino schizoide, dalla turista straniera, dalla moglie remissiva, dalla nonna popolana, sono la quintessenza delle malattie italiane, o meglio romane, non esportabili al di fuori dei confini patri, ed a volte neanche dal raccordo anulare. Per me era quello il Verdone che piaceva, fino ad una decina di anni fa. Dopo “Un sacco bello”, “Bianco rosso e verdone” (che forse non a caso sono i suoi primi), o “Borotalco”, con rapidi ricordi in viaggi di nozze, non ho trovato quei momenti epici di battute da ricordare, da imparare a memoria. Neanche “In viaggio con papà”, dove di sicuro c’era troppo Alberto Sordi al punto da diventare un film suo rispetto al più giovane quasi emulatore. Ma forse più che lui, a me facevano impazzire i personaggi secondari, primi fa tutti Mario Brega o la sora Lella, veri fantastici enormi caricature del teatro italiano. Peccato che non ci siano più, e persone come loro mancano troppo. Gli altri film poi non li rivedo volentieri, tranne qualche brano d’eccezione, forse “Compagni di scuola” giusto per rievocare quei momenti “anni 70” in cui gli attori ritornavano con la memoria ai loro felici giorni di scuola. Alcuni momenti geniali costellano comunque alcuni dei lavori successivi, ma per il mio gusto, rovinati dai finali tristi, amari, un po’ sconclusionati, che ti (mi) fanno rimanere insoddisfatto.Così come mi sembra di rimanere per niente soddisfatto quando lo senti rispondere alle solite domande, con le solite risposte e la visione di momenti dei suoi primi tempi, con i personaggi che, guarda caso, sono quelli che piacevano a me, e forse a quasi tutti gli altri. Ma se al loro autore non piacciono più perché li avrà stradigeriti, è inutile cercarli inutilmente negli ultimi lavori che dovrebbero, come ad ogni presentazione, rivelarci un nuovo Verdone, nuovo autore, più maturo e pronto al mercato estero. Boh, ridatemi la sora Lella e Brega… da quando non ci sono più, mi manca qualcosa di importante.