Kremuzio

Felicità è anche volgarità.


Cos’è la volgarità? Un venticello, un’auretta assai gentile che pian piano monta e diventa un vento forte, un ciclone, e tutto spazza con un aumento di intensità, e se non sei attento porta via anche te senza che ti riesci ad attaccare ad un palo per impedirlo. Sappiamo essere volgari, quando capita. Magari riscoprendo quei momenti casual che in noi spuntano quando ce n’è bisogno. Ad esempio vi è mai capitato di vedere una signora impellicciata con la voce impostata che ad un certo punto sbotta dimenticando i birignao e le “C” non strascicate, dimostrandosi una vera e sapiente popolana, magari piena di soldi, che ostentava un savoir fare finto. Forse aveva avuto un banco di frutta al mercato e quando tira fuori sé stessa, magari con una battutaccia salace, ti viene voglia di applaudire? Nei film italiani ce ne sono di queste figure, dalla Magnani in poi, sulla popolanità dei romani, spesso fuori luogo quando non è espressa all’interno del contesto familiare.Per molti, che non sopportano queste esplosioni di vitalità, alla fine viene miscelato in un calderone sia la volgarità vera, spesso violenta, che quella scherzosa, giocosa, crassa.Dopo questo preambolo, vengo al dunque. Da ieri sera non mi sento troppo bene, l’influenzetta al solito mi prende e dura neanche ventiquattrore, lasciandomi in balìa di qualche nausea e mal di pancia. Io lo so, ci sono abituato, e non mi preoccupa. Stamattina non avrei voluto per tutto l’oro del mondo andarmene a lavorare, malconcio come mi sentivo. Ma dovevo andarci per un appuntamento con dei tecnici, molto importante per la mia attività. Ma la voglia di uscire nel freddolino cittadino non mi saltava addosso, così rattristato dal fatto che il malanno mi avesse colto nei giorni in cui non potevo rimanere a casa.Ma ad un certo punto, mentre maledicevo come al solito il tempo che passa ed i dolori che non passavano, dalla radio usciva fuori una allegra canzoncina, una di quelle che ti danno la carica come una schioppettata e ti dicono “ma che stai a fare a casa? Esci e conquista il mondo!”. Inutile dire che la canzoncina era molto volgare, ma che ci volete fare, mi ha dato energia… Era “Che felicità” di quel genio di Bracardi.http://www.youtube.com/watch?v=E6r3ySeyzD0&feature=relatedNella performance televisiva, forse c’è stata l’apoteosi di questa felicità volgare. Non vi impuntate sulle parole. Invece di “io sono str…” potreste cantare anche un’altra frase più gentile che lascio alla vostra fantasia. Ma quando dice “Testade…” notate pure le tre parole unite e strascicate, non staccate per dar loro una connotazione più regolare stilisticamente. Ma foneticamente converrete con me che lo strascicamento è insuperabile… una vetta nella metrica musicale. Le cinque battute regolari diventano un’extrasistole che ti riempie di gioia. E la susseguente storia raccontata, benché rappresenti una sordida descrizione di particolari di vita coniugale e di menage a trois, condita da paradisi artificiali, pericolosi e costosi, è degna di un grande scrittore. Ma alla fine la liberazione, la catarsi del ritornello in cui vorrei vedermi, vestito di bianco, con paglietta e bastone con manico d’osso, passeggiare per le vie di Roma, assolate e primaverili, come nel dipinto incantato di Mary Poppins, al ritmo di “ohohohooooh ohohohooooh ohohohooooh che felicitaaaà”. Studiate bene le parole. C’è quella rivalsa dell’uomo sulla società contemporanea, sul trantran, sulla vita che ti prende come in un ingranaggio. Me la canticchiavo zigzagando nel traffico sullo scooter stamattina, e qualcuno che mi avesse visto, avrà pensato nulla di buono, ma tutto sommato, nonostante il mal di pancia, la felicità è una piccola cosa…