Kremuzio

Diritto di chiamata


Poi ditemi come fa un poveraccio come me a non ingrassare, col lavoro che faccio. Quando lavoravo in un ente internazionale, ogni giorno c’era la sorpresa di assaggiare cucina etnica sotto le fattezze di biscottini, torte, manicaretti trasportabili e con il solo utilizzo delle papille gustative e forse qualche difficile digestione, ti facevi una cultura sulle spezie dagli strani gusti utilizzate nel resto del mondo. Ogni giorno una sorpresa, dai cibi africani a quelli asiatici, ai cookies americani con l’apoteosi nel giorno del ringraziamento. Ma i vari the conditi da foglioline saporitissime, dai colori sgargianti e dolcissimi erano una sana abitudine pomeridiana.Mi è infatti dispiaciuto non poter assaggiare tortine acidule o pallotte fritte ripiene di frutti o verdure o piante carnivore dal sapore di dentifrici seppur buonissime. Lo zenzero messo poi a iosa nei piatti a base di carni strane e l’immancabile riso di forme oblunghe coloratissime, mi sembrava inarrivabile. Così che quando ho cambiato lavoro, mi sono sentito un po’ perso, pensando di tornare tra i comuni italiani tutti pizza e pane e mortazza, spaghetti e bignè.Ma non avevo fatto mente locale sulla questione importante dell’etnicità regionale della nostra penisola stivaliforme. Ed ormai sono cinque anni che sono miscelato ai miei colleghi provenienti da tutte le regioni, o quasi. La maggior parte viene dal sud, dove le mamme sono solite riempire le sporte e le valigione, fortunatamente non più in cartone legato da spago, ma bellissimi trolley ultratecnologici, di ogni ben di Dio, fatta salva la mazzata epatica.Già ricordo nei primissimi giorni del mio arrivo in ufficio, tutto un fiorire di spettacolari pastiere napoletane, sfogliatelle e pizzette fatte in casa dalle mamme di turno, e dopo poco un’invasione di frappe castagnole e tutte le dolciarie simili dei momenti carnevaleschi, simili ma diverse a seconda dei meridiani. Poi, a seconda delle amicizie che via via intessevo, potevo avere in regalo barattoli di conserve, dalle marmellate di frutti più impensabili nella marmellazione, a barattoli di salse da farmi venire le lacrime agli occhi per la loro bontà, tutto un frullato di melanzane, olive, alici, ed altre componenti misteriose che fanno parte del segreto industriale delle loro famiglie di origine. Le olive meritano un capitolo a parte, immerse in fonti salsobromoiodiche che danno loro un sapore stuzzicante, salatino e spero non troppo radioattivo. Qualche pasta al forno di tanto in tanto aiutava a sfangare i lunghi pomeriggi estivi con allegre tavolate innaffiate da vini generosi e rossissimi frutto di vigne pigiate a piedi scalzi. Per coloro che non hanno mamme troppo generose nel cucinare ad ufo per le schiere di colleghi dei rispettivi figli, veniva in aiuto la pasticceria artigianale specializzata della piazza del paese, con mignon e pasterellone giganti riempite di cose assurde ma buonissime.E così ogni volta che vengo chiamato per interventi tecnici, ormai sanno che devono pagare un diritto di chiamata, in grande amicizia, a seconda della difficoltà apparente del lavoro. Anzi molte volte mi adescano telefonando al mio interno, e con voce sensuale mi avvertono che c’è qualcosa per me, arrivata fresca fresca dal paesello, e mi tocca correre ovviamente, prima che qualcun altro dei miei colleghi tecnici, arrivi prima di me ad incassare il giusto guiderdone. Ma ora devo andare, scusate ma mi stanno chiamando per un difficilissimo problema informatico. C'è una specie di pizza unta calabrese da formattare con gusto...