Kremuzio

Gli esploseni


Darei il lobo dell’orecchio destro per vedere, almeno una volta nella mia vita, una protesi mammaria scoppiare ad una delle soubrettone nazionali. Mica per gusto dell’orrido, e nemmeno per una ripicca o, usando una parola di moda, invidia. Si susseguono allarmi truculenti sul fatto che una di casa francese di protesi di silicone abbia annunciato di controllare bene una delle partite di quelle fiaschette innaturali, perché sono difettose. I rischi sono quelli di potersi rompere ed inquinare con il contenuto i tessuti tutt’intorno, Oppure, cosa abbastanza carina da vedersi, indurirsi e far prendere posizioni e forme innaturali a quelle belle parti femminili. Ma i giornalisti insistono col dire che potrebbero scoppiare. Ammetto, quasi con vergogna, di non aver mai tastato un seno rifatto, ma chi dice di averlo fatto dice che si avverte eccome. Non voglio mica lanciare un appello affinché una delle mie lettrici possa farsi avanti per farmi provare il brivido del ripieno, tranquille… Benché la curiosità ci sia… Ma, a me sembra strano che, senza traumi, possa accadere. Ormai la leggenda della tetta esplosa in aereo alla sciagurata Carmen Di Pietro, non accenna a scemare, ed ogni volta che se ne parla, eccola li, sorridente, che cammina in una via del centro a far shopping, e lo speaker sarcastico racconta di queste fantomatiche esplosioni aeree. Probabilmente un fondo di verità ci potrebbe essere, in quanto la depressurizzazione potrebbe far aumentare di volume le sacche fino alla rottura, come un pallone sonda che aumenta la sua dimensione di un centinaio di volte una volta arrivato negli strati alti dell’atmosfera. Ma parliamo di un abbassamento di pressione consistente. Tanto per cominciare, l’aereo ha una pressione che aumenta un po’ per volta e dovrebbe rimanere stabile, per non essere fastidiosa alle orecchie dei passeggeri. Non è che uno apre il finestrino a 9mila metri d’altezza. Allora si che potrebbe scoppiare qualcosa, ma i seni finti sarebbero l’ultima delle preoccupazioni della ciurma. Allora cosa c’è di vero? C’è che gli involucri sono delicati e si possono rompere, tutto qui. C’è che qualcuno non ha rispettato le procedure o ha fatto la cresta sui materiali, e forse, per un maggiore guadagno sta mettendo a repentaglio la sicurezza di molte donne.Ammetto di spiare il decolleté femminile troppo pronunciato ed alto, che ad una prima vista fa capire dell’artificialità dell’origine. Senza scomodare l’antigravità, che mi farebbe pensare veramente ad una intromissione della tecnologia aliena nella mastoplastica additiva, si vede lontano un miglio quanto ci sia di strano in una corporatura ex-naturale, con spropositati ingombri anteriori. A questo punto meglio l’imbottitura, se ci tengono, sarebbe meno esagerata la silhouette. Specie quando le donne sono magroline, capisci, anche senza aver studiato anatomia, che c’è qualcosa che non va. Manca quella perfezione che qualunque corpo umano ha, anche se brutto secondo le convenzioni della moda e le convinzioni dell’innominato. Che poi hai voglia staccare e rimontare il capezzolo come se fosse un finto neo. Si vede subito che non è mai nella posizione giusta, se non in rarissime volte. Troppo in alto di solito, mai troppo in basso, e spesso asimmetrico o strabico.Ok, capisco anche che ci sono donne che ne hanno bisogno perché operate, ed a loro va tutta lamia partecipazione emotiva, ma molte hanno un vero e proprio complesso riguardo il proprio seno. A volte mi intrometto in conversazioni quando sento che qualcuna delle mie colleghe paventa un intervento, e so che non ho nessun diritto di metterci bocca, ma dico la mia. Contro i complessi c’è poco da fare. Che sia quello dei capelli o della statura, meglio non intromettersi. E complesso per complesso, scommetto che se l’innominato fosse una donna, si farebbe due (o anche tre) seni della nona misura! Già immagino i cartelloni: “più tette per tutti”.