Kremuzio

Ecchissene dei mondiali!


Devo ammettere che a me, dei mondiali di calcio, non frega assolutamente nulla. E neanche voglio fare ammenda di questo. Non mi interessano e basta. Magari avrò anche i miei perché. Sarà stato forse da quando un partito si è iniziato a  chiamare “forza Italia”, o forse perché al semaforo gli extracomunitari che cercano di lavare il vetro hanno tutti la maglietta azzurra. Magari perché il calcio nostrano è fatto di giocatori stranieri che tolgono il posto ai giovani che seppur lo meriterebbero, non possono scendere in campo. Forse perché mi sembra ci siano un sacco di partite vendute, come quell’Italia-Camerun di alcuni anni fa. Forse anche perché alcuni arbitri negli anni scorsi. O forse non ho digerito un paio di sconfitte storiche ai tempi di Burgnich-Facchetti. Con la Corea ricordo che era pomeriggio e stavo ascoltando la radio quando Pak-doo-ik la buttò dentro. Dalle figurine dei mondiali che ritagliavo dai paginoni del “Tempo illustrato” lo vedevo in faccia con la sua maglietta verde (vado a memoria). Era ben attaccato con la colla di farina. L’allenatore Fabbri sembrava un prete e mi faceva venire voglia di una bibita dissetante alle amarene. Praticamente era il primo mondiale che vivevo coscientemente, quello del 1966 in Inghilterra, dai nonni, mentre mia madre era in ospedale. Un mondiale triste ma diverso di cui ricordo alcuni momenti. Non quelli delle vittorie, che ci saranno anche state, ma solo un’unica umiliante sconfitta. Come si permettevano i coreani a batterci? Col senno di poi cominciai a pensare “meno male”.Chissà se erano via satellite quelle immagini in bianco e nero? Ma se fossi stato tedesco sarei stato ancora più depresso. Vedersi battere in finale dal gol fantasma inglese mi fece anche pensare che c’era del marcio nello sport.Poi la grande botta di vita quattro anni dopo, quando ufficialmente potevo andare a letto alle ore piccole (unico precedente l’anno prima con l’Apollo 11 sulla Luna), vedi Italia Germania quella mitica, seguita dalla rimessa in ordine delle cose con il Brasile. Imparai a conoscere il calcio vero, quello di Pelè.Un salto fino all’82 ed alle scaramanzie dal mio amico Andrea. Praticamente stessa posizione, stessi vestiti, stesse scarpe, con le stesse macchie per due settimane. Ritirati con birre e piccola TV per poi saltare in aria ad ogni gol di Paolo Rossi. Andrea aveva un albergo. Il giorno della finale c’era un gruppo di tedeschi che tra il primo ed il secondo tempo erano abbastanza su di giri e ci guardavano compassionevolmente, forse perché puzzavamo. Ma già al terzo gol di Tardelli ci dimostrammo ben più volgari della media. Poveri tedeschi, venuti a Roma per l’arte, trovarono sgarbati sberleffi.Poi finisce qui la storia, niente soddisfazioni dopo gli errori dal dischetto passati alla storia. Giusto un po’ di goduria contro i francesi, ma si usciva da uno degli ennesimi scandali di partite vendute, arbitri comprati, poteri per niente occulti che guidavano i campionati. Bei tempi quando vinceva il Verona o la Sampdoria, o il Genoa, ma pure il Bologna, invece delle solite multinazionali politico-industriali composte da indagati per associazioni a delinquere che fanno da chioccia a ragazzotti ignoranti che fanno a gara a chi si fa più veline e a chi compra l’auto più grande e costosa.Beh, questo il mondo del pallone, ed anche se fa finta che tutto è cambiato, nulla è cambiato. I presuntuosetti sono gli stessi, i papponi pure, il pallone è rotondo ed è rigore quando l’arbitro fischia. Eppure sono sicuro che nessuna squadra africana vincerà MAI il mondiale…E per questo non me frega proprio niente della nazionale.