Kremuzio

Universo parallelo numero uno


Non so se anche a voi capita di pensare che esista una dimensione parallela, un universo alternativo, o infiniti universi personali in cui la vita, la nostra vita individuale, scorre in modo diverso. Ogni tanto ci penso. Tanto per cominciare, cerco di non pensare a quegli universi in cui mi andrebbe male, in quello in cui faccio il minatore nella miniera di sale del re Salomone, o quella in cui sono ebreo negli anni quaranta, o quella in cui faccio la escort di lusso sui vari lettoni dirigenziali. Penso al meglio, per quello che potrebbe, per mia indole, potermi capitare se non avessi seguito strade normali. Quella che mi ha portato qua, magari.Allora la strada principale che vorrei percorrere in un universo parallelo è quella dello scrittore. Non quello di best sellers come si intendono, fatti di storie alla Dan Brown, che non sopporto. Meglio scrivere di fantascienza o di horror, o di erotismo, tre generi che mi attirano e nei quali mi sono cimentato con piacere. Ma se sapessi davvero scrivere bene, ed avere qual fuoco sacro nel cervello che mi potesse spingere a stare rinchiuso in una stanza senza mangiare, a riempire fogli di carta o pagine elettroniche, come un Kerouac, potrei aver avuto un certo successo. Volendolo. Magari me ne starei in un vecchio abbaino o in una mansarda o anche una cantina, ad annusare l’aria e sputare frasi sensate che facciano vibrare le corde dell’emozione in chi legge.Solo poi, una volta raggiunto un misero successo che mi consentisse di vivere scrivendo, mi comprerei una bella casetta in campagna con un patio scricchiolante, glicini e tutti fiori odorosi, con lo sguardo perso oltre la siepe, prenderei idee, quelle che volano ed ogni tanto si posano su chi meno se lo aspetta, e le farei mie. Con l’odore dell’erba passerei giornate stanche e sonnecchianti in attesa del picco adrenalinico, del momento di eccitazione, del brivido immaginatore, con una visione parata dinanzi agli occhi della mente, da descrivere e rendere corposa. Con giri di parole leggere che circondino chi legge, spettinandolo o carezzandolo, e sentirei nei miei piedi scalzi formicolare sangue e formiche, strisciare lombrichi tra gli interstizi per poi rituffarsi nella terra soffice ed umida. Ascolterei i canti di uccellini e piccole ninfe che non si fossero accorti della mia presenza, rumori dimenticati perché antichi e carichi del peso di tradizioni e segreti campestri.Offrirei volentieri il mio sangue alle zanzare e pappataci che mi venissero a trovare per stimolare sofferenze da gettare con ordine sui fogli sporchi di piccole gocce di miele che la regina delle api in persona mi potrebbe portare, se volesse, in una corolla di ciclamino.  Eviterei di grattarmi come di respirare se solo la mancanza di ossigeno e di pace servisse a crearmi nuove storie intricate. E come con una bacchetta magica metterei in ordine, all’ultimo, questi flussi di esistenze incrociate ed effimere. Ma con la penna a spargere inchiostro e non con incantesimi e rami di betulla lavorerei per dare quell’ordine che il Lettore chiede quando mi compra per possedermi, pur sapendo che sarei io a possedere lui. A cominciare dalla mente, fino al suo corpo con brividi e pulsioni lasciandolo immaginare vite da vivere col mio consenso, con le mie spinte pelvico-cerebrali, per farlo piangere o ridere o godere del pensiero, come se fossi un ormone impazzito nel suo sistema linfatico.