Kremuzio

Lost!


E’ dura ammetterlo, ma ieri sera mi sono perso. E la cosa mi fa male, molto male, in quanto si tratta di un affronto alla mia concezione di me stesso in relazione alle strade romane. Fino a ieri mi vantavo di conoscere tutte le zone ed i quartieri, o almeno una buonissima parte. Il motivo era semplice. Fin da quando ho iniziato a guidare l’auto, ormai da 35 anni, sono stato cooptato da mio padre per aiutarlo nella sua attività di grossista di materie plastiche, casalinghi e giocattoli. Caricavo la 500 di ogni bustona piena di varie cose, e seguendo la bolla di consegna, le indicazioni verbali del genitore e lo stradario delle pagine gialle, giravo giravo e trovavo sempre la destinazione. Senza cellulari o gps. Memorizzavo punti di riferimento alberi monumenti strade e negozi per tornare indietro e per la prossima volta. Con l’esperienza di una decina di anni di questi viaggi pomeridiani, dopo le lezioni all’università, ritenevo di poter fare anche il tassinaro.Fino a ieri. Ma forse non per demerito esclusivo mio. Il fatto è che in una di quelle zone periferiche dove mi recavo tanti anni fa, l’urbanistica è completamente cambiata. Sovvertita, rivoluzionata. Dove c’erano strade ripide e curve ora ci sono rettifili a due corsie. Dove c’erano alberi, ora lampioni. Dove mi guidavano le bottegucce, ora ci sono centri commerciali, outlet e grandi magazzini. Il cielo non si vede più neanche per lasciarmi guidare dal sole e le altre stelle: cartelloni pubblicitari con 3x2 tappezzano ovunque si posi lo sguardo. Non è che ieri alle 20 non sapessi la strada per ritornare a casa. Il fatto è che ho voluto seguire le indicazioni di una persona che aveva voluto consigliarmi di fare una certa strada nuova che avrebbe tagliato zone difficili e farmi arrivare prima. Ma sì, non andavo di fretta, e quella zona che conoscevo a memoria, tutta intorno ad una strada a ferro di cavallo, era completamente cambiata. Le indicazioni stradali erano solo chiare nei confronti di magazzini e negozi, mica ti dicevano come tornare verso il centro… Al massimo come andare sul raccordo. Ma col motorino non potevo. E poi proprio un giorno prima un ubriaco aveva ammazzato un centauro sul gra. Io, fiducioso mi inoltro per la nuova strada, e vado dritto, seguendo la mia bussola personale: sapevo in che direzione andare per tornare a casa. Vado dritto, e mi scontro con la famosa strada a ferro di cavallo, stretta come una volta. Sapevo che sarei dovuto tornare indietro, ma un’altra strada dritta iniziava da una curva che una volta era chiusa, ed allora spinto dalla conoscenza di nuovi universi, la prendo. Il panorama non cambia. Casette nuove basse, un po’ più alte e casermoni. Centri commerciali e cose brutte fatte col cemento armato. Tutto nuovo tranne le strade piene di buche e di persone di razze diverse. Potrei essere in Africa o in Asia. Se chiedessi un’informazione probabilmente la riceverei nella loro lingua madre. Non trovo nessuno che somigli ad un italiano. Le pelli sono scure e bruciate dal sole, indurite dal lavoro. I lampioni scompaiono dalla geografia ed il buio di una notte senza Luna incombe. Il faro della moto è fioco e storto ed illumina verso l’alto, come una contraerea. Non capisco più dove mi trovo. Il parabrezza è sporco e devo sporgere la testa da una parte per cercare di capire dove cacchio sto andando. Le buche le prendo tutte, neanche le avessi prese di mira. I nomi delle strade che penso di capire leggendoli al buio, sono tutti somiglianti ad altre strade che dovrebbero essere da tutt’altra parte, forse in altre città o in altre vite. Avrò fatto una decina di chilometri. Se avessi preso la strada conosciuta sarei già arrivato a casa da giorni. Non ho più l’orientamento che si è fuso cercando di capire in che zona mi fossi trovato. Se putacaso avessi bucato o mi fosse saltata la cinghia di trasmissione mi sarei messo a piangere in un angolo buio ed umido. Forse il cellulare non avrebbe campo, come accade nelle emergenze.Annuso l’aria alla ricerca di vita o di cibo, o magari di una femmina con cui accoppiarmi. Non so, sono nel marasma più completo. Ma un rumore lontano di strade piene di macchine ed un chiarore oltre le colline mi aiutano la comprensione. Mi dirigo da quella parti come un veliero che segue un volo di gabbiani per trovare terra.Eccomi dopo altre 24 buche sull’Aurelia. Oramai sono in provincia, ma la strada di casa la conosco. Finalmente. Ho solo allungato di una trentina di chilometri, al buio e con un crescente nervosismo. Vivo, salvo ma confuso, anche stavolta posso raccontarla.