Kremuzio

Geppetto ed i necrologi


Non c’entra niente Pinocchio, state tranquilli. Volevo raccontare di un paio di cose che rendono interessante, agli occhi di un cittadino, un paese. C’è la cattedrale in una piazza del centro, ed un vialetto che va verso il castello ed un altro che va verso la piazza principale. Una bella via di passaggio per turisti ed abitanti. Io la passo come turista, e alcune cose che magari potrebbero essere normali, mi attirano ed incuriosiscono. C’è una botteguccia nel primo vialetto, al cui interno, ogni volta che passo, o meglio sugli scalini che danno verso la strada, a volte nascosto dalle auto parcheggiate, c’è un falegname. È minuto, avrà tra i 150 ed i 200 anni, ha un bastone, e lo vedo sempre seduto su una di quelle vecchie sedie impagliate di una volta. La bottega è senza luci, e lui sembra perso in pensieri. Veste con un grembiule marroncino chiaro, tipico dei falegnami, e sono tantissimi anni che lo vedo seduto lì, sempre con gli occhi fissi nel vuoto, a guardare auto e pedoni. Ci passo e ripasso per vederlo. Non so come si chiama, anche se l’immagino. In quel paese si chiamano quasi tutti Rocco, Franco o Tommaso. Non l’ho mai visto lavorare, o quasi. Probabilmente è in pensione almeno dall’inizio del secolo scorso. Avrà visto passeggiare milioni di persone, e forse qualche centinaia di migliaia si sarà interessato ed incuriosito di quel’esile falegname, e chissà quanti pochi fortunati l’avranno visto lavorare. A volta sembra che lo faccia. Qualche giorno fa mi sono avvicinato curioso alla bottega, dato che non lo vedevo seduto. Mi affaccio quasi e lo vedo in piedi dinanzi al vecchio bancone di legno. Su di esso c’era un asse un po’ imbarcato, storto e marroncino come il tavolo, come il grembiule, come la pelle stessa del nostro artigiano. Con le mani sfiorava l’asse, quasi la carezzava come avrebbe potuto carezzare la pelle di una donna. Toccava e rigirava il pezzo di legno, forse era immerso nei ricordi o forse avrebbe voluto ricavarne un capolavoro, un’opera d’arte, anche un burattino. Avrei voluto fermarmi ma non l’ho fatto per pudore, e sono andato oltre. Oggi l’ho visto che chiudeva la bottega, era senza grembiule e portava un bastone. Una volta chiusa la porta con un paio di mandate, è sceso dagli scalini ed è entrato nella porta successiva a due metri dalla prima. Probabilmente abita sopra il suo posto di lavoro al quale è attaccato come un fantasma nel suo castello. Forse è solo, e nello spazio che l’ha visto lavorare si sente a suo agio, anche se non lavora più. Guardare la gente che passa è ora il suo lavoro.Più giù c’è invece uno spazio per le affissione necrologiche. Ogni volta che le pie donne vanno in chiesa per il rosario, vi si fermano davanti e leggono i nomi di chi si è spento prematuramente ed improvvisamente, fosse anche di 97 anni. A volte capita che l’estinto sia un personaggio conosciuto, magari genitore di persone conosciute nell’ambito del paese, ed allora diviene padre esemplare, marito devoto e ne danno il triste annuncio i figli ed i nipoti. Da questo tazebao si comprende la vita del paese, di chi non c’è più da ieri, e forse è un parente. I cognomi sembrano sempre gli stessi e ti immagini siano tutti parenti, anche se alla lontana. Vedi le vecchiette vestite di nero che parlano tra loro, tristi, serie, che magari ogni volta che passano là davanti gettano lo sguardo con il timore di trovare nomi conosciuti, e magari si sollevano l’animo non leggendolo.Io mi fermo sempre a leggere, anche se non conosco nessuno, e guardo i nomi, faccio un rapido calcolo dell’età dello scomparso, noto le foto e le icone stampate. Una croce, un Cristo a colori, una madonnina, il logo delle pompe funebri.Dovrebbero metterli sulle guide turistiche del paese, tra la cattedrale, il castello ed il panorama. Tutti e due, il falegname e lo spazio dei necrologi. Ne valgono la pena. Parola mia.