Kremuzio

Uomini invisibili


Così si chiamano e li chiamano, ma non credo sia per loro scelta. Ieri ho partecipato ad un incontro con un esponente politico di un partito dell’opposizione, eletto al parlamento europeo, nella comunità (Emmaus Roma) dove sono volontario. Poiché quello che si vede non è quello che è, è sempre utile ascoltare le cose come stanno, quelle che sono nascoste. Ritengo che tutti sappiamo che il problema dei “senza fissa dimora” è un problema che non tocca la società politica, che risolve a suo modo la questione. Come per la spazzatura a Napoli, non si risolve, la si nasconde. Nessuno deve vedere il brutto, il degrado umano, la povertà. Nascondi e basta, e tutto sarà più bello. Non è il problema del Natale, dove sembra che le istituzioni facciano a gara, nei giorni di festa, a tirar su tavolate con centinaia di barboni razzolati dalle strade per un pasto caldo. Forse non tutti sanno che queste persone, troppo spesso dimenticate, dovrebbero mangiare tutti i giorni, e non solamente a Natale. Lo so, è dura da mandar giu. E non basta aprire i dormitori-ghetto attorno alla stazione dove rinchiudere in ambienti sovraffollati centinaia e centinaia di uomini e donne che vivono la notte come momento di paura. E neanche basta aprire le metropolitane per ammassarli in ambienti meno freddi. Bisogna lavorarci sopra, come fanno le comunità di recupero, lavorando sul materiale umano e renderlo socialmente utile.Il documentario di ieri si chiamava “gli amici di Valentina”, di Daniele Cini, girato nel 1991 per descrivere una realtà creata da quelli che venivano chiamati barboni. Valentina, che dormiva nella stazione Termini, una notte viene ritrovata morta e ricoperta di buste dell’immondizia, per coprire lo spettacolo agli occhi dei passanti. Alcuni che la conoscevano vanno ad occupare una casa cantoniera sulla Tiburtina, e quindi cercano di creare una comunità in cui dare alloggio a chi ne ha bisogno. Inizialmente sono due di loro a tirare le redini, Evio Botta ed Adamo di Pippo. Cercate questo documentario, ne vale la pena. Si tratta di interviste ad alcuni di quelli che hanno partecipato nelle prime ore dell’esperimento. E da questo si capisce quali siano i problemi che incombono sugli sfortunati che, per motivi diversi, si ritrovano a vivere in strada le loro giornate. Dalla vecchina che passava le giornate in autobus perché era il posto dove poter stare in pace, seduta, al caldo, a quello che viene diseredato o che viene licenziato e non trova più lavoro. E i problemi sono gli stessi di adesso. Ma non li vediamo. Il comune e le istituzioni non è che non facciano niente, ma lo fanno male, e spesso gli aiuti si disperdono in rivoli organizzativi che prosciugano i fondi. Si è calcolato che due terzi delle cifre messe a disposizione vengono assorbite dalla macchina che organizza, appalta, subappalta, muove ed unge. Macchine che sarebbero del 60% più efficienti se venissero date in mano agli stessi destinatari, una volta promossi ad un rango che gli dia responsabilità. Ma costoro sono abituati ad aver paura. Pensano che una volta inseriti in questi ambienti, possano essere fagocitati da quel meccanismo che una volta li ha estromessi dalla società civile, e che poi, una volta scottati, cercano di combattere nascondendosi.La politica fa poco per loro. Dicono e pensano costoro che sia perché loro non votano. Fanno di più per gli handicappati poiché se si aiuta una persona in famiglia, pensano che tutta la famiglia poi andrà a votare in favore di chi ha allargato i cordoni della borsa. Aiuti uno per recuperare 5 voti. Questa l’equazione, mentre per il barbone aiuti uno e ricevi zero voti. Ma io la penso diversamente. La politica per me non è quello che ci danno a bere. Alle sue spalle c’è l’economia, il potere economico. I poveri non hanno soldi, e quei pochi che hanno non li spendono nei circuiti previsti. Non muovono ricchezza, non acquistano, non si indebitano. Niente carte di credito, niente mutui a tasso variabile, niente auto da pagare in comode rate, niente scuole private, niente prestiti dalle finanziarie. E non vedono la televisione. Per cui in televisione non ci entrano se non in momenti particolari. Quando muoiono per il freddo, o quando vengono bruciati nei loro cartoni. Motivi agli antipodi tra loro.Neanche si uniscono e protestano, sfondano portoni ed occupano stabili come fanno le famiglie di senza tetto. Non fanno casino, ed oltre che invisibili sono anche silenziosi. Dicono che la colpa è della legge 180, la legge Basaglia, la famigerata che chiuse i manicomi senza dare alternative credibili al “tana liberi tutti”. Oggi andate alla stazione Termini ed invece di guardare le vetrine, osservate le persone sedute agli angoli, tra le colonne di piazza della Repubblica, nelle strade parallele, lontani dallo scintillio dei prezzi ribassati, dietro gli alberi di Natale. Li vedrete allora con vecchi cappotti, con vestiti che non li riscaldano, con qualche busta di plastica, che aspettano l’ora per nascondersi, la notte, per fuggire dalla società che fa finta di vederli, con fastidio, li cancella dal campo visivo e va per la sua strada. Senza lavoro, senza famiglia, senza un tetto, senza aiuti, senza visibilità. Eppure esistono. Cerchiamoli. E facciamo uno sforzo per capire come aiutarli.