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un paese ingovernabile


sono arrivato da pochi giorni sull'isola e si respiera un'aria strana. In una delle baraccopoli dove lavoro, Los Perez, un gruppo di haitiani è stato obbligato a lasciare le proprie case, minacciato dai vicini e dalla polizia. Adesso si sono sparpagliati in altri insediamenti. Mentre ad haiti la situazione è fuori controllo (naturalmente nell'indifferenza dei giornali europei).Nelle bidonville si muore di fame e miseria, fuori dai quartieri poveri le armi e la violenza sono ancora padrone incontrastate della vita quotidiana della capitale, Port au Prince, ma anche dell’intera nazione. E gli studenti universitari scendono per le strade a manifestare contro la presenza dei caschi blu. Il 15 agosto scorso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha di fatto allungato di altri sei mesi la presenza della Minustah, la Missione di Stabilizzazione della Nazioni Unte, a Haiti.Ma da quel momento le cose non sono certo migliorate.La conferma arriva dai fatti accaduti nei giorni scorsi, quando i caschi blu dell’Onu si sono presentati all’interno della bidonville Citè Soleil e hanno abbattuto alcune abitazioni fatiscenti per potervi costruire una strada. Di lì a poco è montata la rabbia della popolazione della baraccopoli ed è iniziata una tremenda sparatoria, che ha lasciato sul campo tre morti, tutti abitanti di Citè Soleil, e decine di feriti, fra cui un militare brasiliano. Secondo testimoni oculari dell’evento, i caschi blu avrebbero iniziato a sparare sulla folla disarmata che si era radunata per impedire che venissero abbattute altre abitazioni.
Il fatto più eclatante riguarda il primo ministro Alexis e l'ex ministro degli Esteri Longchamps, attualmente supersegretario alla presidenza. Longchamps è stato voluto espressamente da Preval (il presidente di Haiti) che non aveva gradito le dichiarazioni di Alexis, secondo il quale alle prossime elezioni sarebbe stato lui il nuovo presidente. Da qualche settimana Longchamps gestisce, a tutti gli effetti, le funzioni del primo ministro e  la cosa ha fatto irritare Alexis. Ma il fatto più grave è che in molti a Haiti pensano che Alexis sia l’ispiratore delle violenze e delle manifestazioni studentesche che in questi giorni hanno fatto ulteriormente salire la tensione nella capitale (testimoni che chiedono l’anonimato sostengono addirittura che Alexis paghi i facinorosi).
In più, come se non bastasse, ogni settimana si registrano omicidi, sequestri, rapine e stupri che il governo chiede di non divulgare per paura di perdere i finanziamenti stranieri. E la disoccupazione al 70 percento non fa che alimentare la fiamma della violenza.