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Apocalisse, Cernusco e i sud


Per anni non ho capito nulla del libro visionario dell’Apocalisse, delle sue metafore, delle sue immagini, sembrava quasi un delirio e la potenza del suo messaggio mi era alquanto sconosciuta. Poi ho incontrato un libro di Alex Zanotelli, padre comboniano, che in poche parole mi ha aperto un mondo di interpretazione: l’Apocalisse è un libro di denuncia contro Roma, contro l’Impero del Male e la sua corruzione. È un libro scritto in codice, per evitare le persecuzioni, ma chiarissimo, per chi sa decifrarlo, ma soprattutto è un libro scritto dal basso e dalla periferia. Dal basso perché le prime comunità cristiane erano formate de schiavi e liberti, da poveri e da persone lasciate al margine della società, e dalla periferia perché è stato scritto nelle colonie greche, in quei posti dove il potere di Roma era grande ed opprimente. La sorpresa che si ha nell’incontro con questo libro è dato dal fatto che il redattore vive nella convinzione che “Babilonia è caduta”, che il potere di Roma, che in quegli anni sembra eterno, sia in realtà già stato sconfitto, e con questa certezza si appresta ad affrontare i problemi del suo mondo. Oggi sono di ritorno da quasi un anno di vita al confine delle baraccopoli in Repubblica Dominicana, il rientro non è certo indolore, le differenze sono tante e ci vorrà un po’ per riabituarsi a questo ritmo di vita. Spesso sento giovani che hanno fatto esperienze come la mia tornare e dire che i problemi della nostra società occidentale gli sembrano piccoli e insignificanti, se paragonati con quello che hanno visto nelle discariche del mondo, ma io credo che non sia così. Vivere con persone che non sanno se mangeranno la sera o che subiscono continua violenze in case, comunità in cui la spazzatura si accumula nei fiumi o la luce elettrica è un lusso per pochi mi ha aiutato a guardare “l’Impero dal basso” e a toccare con mano le conseguenze dei nostri stili di vita. Da bambino dicevano “mangia tutto perché ci sono bambini che muoiono di fame”, il concetto, purtroppo è molto più complicato. Guardando le società create dal mito occidentale ma senza la nostra solidità (almeno apparente) economica ci si accorge di quanto siano fondamentali, per esempio, il diritto all’educazione, alla salute e alla cittadinanza; di quanto danno possano fare le nostre banche che con i nostri soldi finanziano la produzione di armi; della fortuna che possiamo avere nel vivere sopra falde acquifere sane e generose. Dalla periferia dell’Impero ci si accorge delle asimmetrie del commercio che paga un dollaro al giorno la confezione di jeans che noi paghiamo ottanta o cento volte tanto, e sia ben chiaro che con un dollaro al giorno si fa la fame! La Repubblica Dominicana è un’isola stupenda ma il turismo occidentale, le discariche di rifiuti nordamericani e le coltivazioni intensive imposte dalle multinazionali stanno distruggendo quello che la natura ha donato.E tornando a Cernusco e riscoprendo i suoi problemi, rifletto che l’inquinamento o il traffico in cui viviamo non devono essere risolti per fare un piacere a noi, ma per preservare il clima globale, per risparmiare uragani e tifoni ai paesi più poveri (o ai poveri dei paesi ricchi, se penso a New Orleans); che il consumo energetico non è solo una questione di costi ma soprattutto di equa distribuzione delle risorse; che i soldi spesi nella cultura e nell’educazione alla mondialità servono per avere nel mondo più persone capaci di lottare per i diritti dei senza voce. Le azioni possibili a Cernusco devono servire per contribuire alla costruzione di un mondo migliore, altrimenti saranno soltanto piccoli affari di paese. Concludo ricordando altre parole di padre Zanotelli: “L'Impero del denaro uccide con la fame (30 milioni: un "olocausto" ogni anno), con le armi (conflitti africani, regimi repressivi, guerre stellari), con la distruzione dell'ambiente, con la distruzione delle culture. È un sistema di morte che ci interpella tutti, credenti e non, perché mina la vita stessa. Se questa analisi è vera e condivisibile, dobbiamo smetterla di raccontarci la storia di un "sviluppo sostenibile". O cambiamo rotta o cadiamo nel baratro.