La Commissione Economica dell'America Latina (CEPAL) ha detto ciò che c'è da fare per raggiungere un livello di sviluppo auspicato per la Repubblica Dominicana, però i suoi governi non han mai fatto nulla. Riusciranno a raggiungere i risultati fissati per il 2030?Il recente documento intitolato "La Repubblica Dominicana nel 2030: verso una nazione coesa" indica che la RD ha bisogno di cambi radicali dal punto di vista economico, sociale e politico. Sono molti i temi trattati e molte le raccomandazioni. Il desiderio di cambiare, nella classe dirigente, è debole. Trasformare la situazione toccherebbe la base del potere e i beneficiari del sistema attuale. Per questo tutti i governi dominicane hanno fatto le stesse cose: distribuire benefici a pochi a scapito del benessere della maggioranza.I governi sono corrotti, clientelistici e inefficienti. L'industria è poco produttiva e vive con i contributi statali. I poveri sono disorganizzati. La classe media cerca di migliorare la propria situazione e quando i sogni falliscono emigra.Cosa cambiare? Il documento riassume le proposte in sette punti:Riforme istituzionali (un must in tutti gli stati).
Maggiore coesione sociale e territoriale. Suppone l pieno esercizio dei diritti di cittadinanza, maggiore solidarietà fiscale, maggiore e migliore investimento sociale.Pieno impiego, lavoro produttivo e decente. Include l'ampliamento del mercato del lavoro e la qualità della forza lavoro. Per raggiungere questo obiettivo bisogna aumentare l'investimento nell'educazione e diversificare l'economia che ora è totalmente vincolata agli USA.Modernizzare l'agricoltura. Questo settore deve tornare ad essere il pilastro dello sviluppo dominicano per raggiungere l'autosufficienza alimentare e sfruttare l'esportazione.Rafforzare l'industria e la sua capacità competitiva. Bisogna innovare, raggiungere una più alta produttività e valore aggiunto. Migliorare la condizione dei lavoratori.Migliorare l'offerta energetica investendo sulle fonti rinnovabili.Inserimento più efficace nell'economia internazionale. L'economia dominicana è aperta e dipende troppo dall'economia nordamericana. Se il modello funzionò negli anni settanta adesso è in crisi. Tutte indicazioni giustissime. La domanda vera però è: saprà la Repubblica Dominicana seguire questa strada o vorrà rimanere una colonia commerciale degli USA e competere sulla mano d'opera a basso costo? Sorgerà un movimento sociale in grado di sostenere questi cambiamenti?