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un mercenario italiano dietro le violenze in bolivia


La mattina dell’undici settembre andava in scena in Bolivia la classica manifestazione contro le velleità separatiste delle prefetture boliviane della Media Luna: migliaia di campesinos sulla strada, in marcia verso Cobija, una città nei pressi di Porvenir, per urlare il loro dissenso contro le scelte della prefettura separatista (siamo in quella di Pando) e per affermare ancora una volta l’appoggio al presidente Evo Morales. Gridano slogan contro il prefetto di Pando. Poi, ad un certo punto, iniziano a piovere pallottole, un'imboscata che qualcuno ha preparato ai manifestanti, i morti vanno dai 30 ai 150, a seconda delle stime. Chi c'è dietro a questa strage?
Si parla di un italiano, neofascista, Marino Diodato: prima al soldo del dittatore Franco in Spagna e poi di Pinochet in Cile, poi ancora filo importante nelle maglie della dittatura boliviana del generale Banzer che divenne anche suo parente. Il tutto condito dal sospetto che qualche lavoretto in Sudamerica possa essere stato pagato dalla Cia. Poi l'arresto e l'evasione nel 2004.Secondo il giornalista Michel Irusta sarebbe stato proprio Diodato uno dei capi degli squadroni della morte che hanno compiuto la strage nella provincia di Pando. C'è dell'altro. Il prefetto Leopoldo Fernandez, sarebbe da tempo legato all'associazione criminale di Diodato. Intanto il Paese sta attraversando una crisi senza precedenti. Dopo un primo segnale di apertura al dialogo fra le parti, infatti, domenica sera sembra essersi arenata la trattativa fra governo e prefetti ribelli. Nel frattempo poco fuori Santa Cruz, centro nevralgico delle proteste e città simbolo dell'autonomia anti Morales, centinaia di fedelissimi del governo si sono radunati stringendo la città in una sorta di assedio civile in attesa della firma dell'accordo proposto del presidente all'opposizione.Il nodo del discorso verte intorno alle autonomie e al modo di renderle compatibili con la nuova Costituzione: mentre l’esecutivo propone di equilibrare la costituzione con le aspirazioni d’autonomia, gli avversari chiedono di stabilire questo status in forma piena, cosa che mutilerebbe in gran misura le competenze del potere centrale.