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Il nucleare ha fallito e non serve all'Italia


risposta all'articolo apparso sulla Gazzetta della Martesana dal titolo: stop al petrolio, sì al nucleare.
Il nucleare in Italia non ha futuro. Questa non è la teoria di un folle ecologista, ma di eminenti studiosi e professori universitari, Carlo Rubbia su tutti. I problemi sono noti ai più: l'uranio è una risorsa scarsa, ai ritmi attuali sarà esaurito nel giro di 20 anni, giusto il tempo per l'Italia di costruire un paio di centrali. L'uranio è una risorsa presente in pochi, 4 o 5, paesi nel mondo, rendendo così molto ricattabili i paesi che lo usano a meno di voler mantenere all'infinito i conflitti in Niger e Congo. Le centrali hanno bisogno di eneormi risorse idriche e l'Italia non ha praticamente fiuni adeguati, si tratterebbe di costruire centrali sulle coste o sul Po, zone, demograficamente o ambientalemente non adeguate. Che nessuno voglia le centrali è stato chiarito anche durante la recente campagna elettorale sarda quando il centrodestra ha chiarito che mai avrebbe permesso la costruzione di una centrale sull'isola. I costi del nucleare, se si conta costruzione della centrale, rischio di danni e smaltimento delle scorie sono immensamente superiori a qualsiasi altra forma di produzione elettrica. Il problema più grande, volendo anche ipotizzare di poter costruire una centrale immune di incidenti (mediamente, nel mondo, si verificano una decina di perdite all'anno) rimangono le scorie che sono radiattive per migliaia di anni e allo stato attuale sono intrattabili. Forse quando tra una ventina d'anni saranno pronti e funzionanti i reattori di IV generazione in grado di bruciare le scorie, allora se ne potrà riduscetere, ma oggi il nucleare è un'eredità troppo grossa che si lascia alle generazioni future.
Quali allora le alternative: prima di tutto il risparmio. Ad oggi un terzo dei consumi elettrici sono eliminabili solo con una sana politica di riduzione dei consumi, vuol dire poter fare a meno di 10 centrali nucleari da subito. Secondo le energie rinnovabili, nell'articolo si dice che ci vorrebbero 40/50 anni per la riconversione, tutto dipende dalla volontà politica. Non credo, la Spagna, in meno di 5 anni ha saputo portare l'apporto energetico dell'eolico da 0 al 20%. Se le sfide "del mercato" sono l'ambiente e l'energia, per l'Italia occorre un grande riforma di struttura e di orizzonte: aumentare la spesa nella conoscenza e formazione universitaria e dei centri pubblici di ricerca. Inoltre bisogna passare dal sistema di monopolio a quello di produzione diffusa, basato su piccoli impinati sul territorio e su grossi impianti off-shore. In questo Cernusco potrebbe dare l'esempio dotando la Vecchia Filanda di un impianto fotovoltaico. Non va in questa direzione l'azione del Governo che nel decreto milleproroghe ha fatto slittare di un altro anno l'obbligo per ogni nuovo edificio di avere fonti di energia rinnovabili, si continua a dire che siamo in ritardo e poi si fa di tutto per ritarda l'inevitabile: l'abbandono del petrolio a favore del rinnovabile!