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La pena di morte indica che uno stato ha paura


e in questo momento Iran e Cina devono averne molta visto che non lesinano ad usarla.La Corte rivoluzionaria di Teheran ha emesso la quarta condanna a morte nei processi per le manifestazioni di protesta avvenute dopo la rielezione del presidente Mahmuh Ahamadinejad, il 12 giugno scorso. Domenica 11, invece, è stato impiccato un giovane, Behnud Shojai, per un omicidio commesso quando aveva solo 17 anni.In Cina, invece, sono state le sei le condanne che hanno fatto seguito ai disordini nello Xinjiang di luglio.Entrambi gli stati si reggono su regimi non democraticamente riconosciuti, entrambi sono frutto di rivoluzioni legate ad ideologie forti ma che si sentono molto minacciate dall'esterno e dall'interno, entrambi devono per motivi economici concedere aperture di facciata ma non tollerano il dissenso politico. Questi ragazzi che muoiono per la libertà di pensiero sono l'equivalente di Jan Palach, sono i tasselli di un lento cambiamento:Poiché i nostri popoli sono sull'orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo.