Il 6 di agosto mi trovavo a Wanament e ho descritto come il giorno dopo l'annuncio di Wyclef Jean di candidarsi alla presidenza, mentre i giornali di tutto il mondo ne parlavano, nessuno ne sapesse nulla.Il 21 agosto ero a Anse-a-Pitre, cittadina haitiana al confine sud con la Repubblica Dominicana. Entriamo ad Haiti dalla cittadina di Pedernales, un insediamento voluto dal dittatore Trujillo circa settant'anni fa per presidiare la frontiera con il paese vicino. L'economia di Pedernales è quasi inesistente, gli originari abitanti erano contadini della Laguna di Oviedo o della regione nord del Cibao che vivevano, dopo il trasferimento più o meno obligato, di sussidi statali. Dalla caduta del regime Trujillo-Balaguer non esiste più questo sostegno, molti si sono riconvertiti alla pesca, visto che qui la terra offre poco, o all'allevamento di capre. I giovani, appena finiscono le superiori cercano di andare a studiare a Santo Domingo e non tornano più. Per arrivarci bisogna attraversare oltre 70 chilometri di nulla ed è meglio avere sempre il serbatoio pieno per evitare spiacevoli incovenienti. A Pedernales non si registra la tensione di Dajabon, qui la gente è abituata a vivere con gli haitiani, gli interessi economici in gioco sono minori, quindi l'integrazione più facile.Ci avviciniamo alla frontiera, quattro anni fa per attraversarla avevamo dovuto facilitare un contributo alla guardia, quest'anno ci viene incontro un funzionario civile, haitiano, si propone come guida. Con lui attraversiamo il confine. Anche qui, come a Dajabon, c'è un piccolo fiume a segnare la frontiera, qui però il ponte è solo pedonale, per passare con dei veicoli c'è bisogno di guadare il corso d'acqua. Subito dopo il confine una caserma dei caschi blu dell'ONU, peruviani, sono qui dal 2004.
Ad Haiti le notizie viaggiano lente, e anche le auto
Il 6 di agosto mi trovavo a Wanament e ho descritto come il giorno dopo l'annuncio di Wyclef Jean di candidarsi alla presidenza, mentre i giornali di tutto il mondo ne parlavano, nessuno ne sapesse nulla.Il 21 agosto ero a Anse-a-Pitre, cittadina haitiana al confine sud con la Repubblica Dominicana. Entriamo ad Haiti dalla cittadina di Pedernales, un insediamento voluto dal dittatore Trujillo circa settant'anni fa per presidiare la frontiera con il paese vicino. L'economia di Pedernales è quasi inesistente, gli originari abitanti erano contadini della Laguna di Oviedo o della regione nord del Cibao che vivevano, dopo il trasferimento più o meno obligato, di sussidi statali. Dalla caduta del regime Trujillo-Balaguer non esiste più questo sostegno, molti si sono riconvertiti alla pesca, visto che qui la terra offre poco, o all'allevamento di capre. I giovani, appena finiscono le superiori cercano di andare a studiare a Santo Domingo e non tornano più. Per arrivarci bisogna attraversare oltre 70 chilometri di nulla ed è meglio avere sempre il serbatoio pieno per evitare spiacevoli incovenienti. A Pedernales non si registra la tensione di Dajabon, qui la gente è abituata a vivere con gli haitiani, gli interessi economici in gioco sono minori, quindi l'integrazione più facile.Ci avviciniamo alla frontiera, quattro anni fa per attraversarla avevamo dovuto facilitare un contributo alla guardia, quest'anno ci viene incontro un funzionario civile, haitiano, si propone come guida. Con lui attraversiamo il confine. Anche qui, come a Dajabon, c'è un piccolo fiume a segnare la frontiera, qui però il ponte è solo pedonale, per passare con dei veicoli c'è bisogno di guadare il corso d'acqua. Subito dopo il confine una caserma dei caschi blu dell'ONU, peruviani, sono qui dal 2004.